Sembra antiquato parlare di senso di colpa oggi, in un contesto culturale come quello occidentale sempre più centrato sull'individualismo, che ha relegato l'esperienza della colpevolezza a una dimensione soggettiva, considerandola, non poche volte, un nocivo fardello emotivo di cui sbarazzarsi. Da qui la necessità di ritornare su questo delicato tema proponendo una riflessione cristiana che, partendo dall’esperienza antropologica e psicologica della colpa, approdi a quella teologico-morale, in cui sentimento di colpevolezza, coscienza di peccato e perdono risanante di Dio Padre buono risultano momenti inscindibili nel cammino di conversione.
La vocazione missionaria compete dall'origine a tutta la Chiesa, rappresentata non solo dai Dodici (cfr. Mt 28,19-20) ma anche da altri discepoli, inviati allo stesso modo ad evangelizzare (cfr. Lc 10,1). Tota Ecclesia è missionaria (cfr. AG 35) e perciò chiamata a divenire sempre più un "popolo missionario", nella diversa articolazione dei suoi soggetti: cristiani laici, religiosi, pastori. La ricerca vuole proporre una conversione missionaria di tutto il Popolo di Dio in quanto discepolo-missionario, alla luce della visione evangelizzatrice dei sacramenti dell'iniziazione cristiana. Il volume, quindi, "recepisce in un discorso rigorosamente ecclesiologico l'insegnamento dottrinale e pastorale di papa Francesco sul "santo popolo fedele di Dio", come primo soggetto missionario dell'annuncio evangelico" (dalla Prefazione del card. Luis F. Ladaria) e individua nella fraternità universale il fondamento e il fine del processo sinodale.
Il libro redatto in memoria di Aldo Natale Terrin prende in esame una delle sue ultime fatiche su una materia altamente sensibile esplorata dalle neuroscienze e riguarda il rapporto tra coscienza e cognitivismo, con attenzione particolare all’intelligenza artificiale. Su questo fronte, in cui l’uomo si sente esaltato e insieme minacciato, si gioca il versante epistemologicamente più rilevante che riguarda anche la sopravvivenza delle religioni. Roberto Tagliaferri e Giorgio Bonaccorso, discepoli e colleghi di Terrin, dialogano e si confrontano su questa frontiera, che rappresenta un problema incandescente nell’attuale dibattito culturale.
Informazioni sugli autori
Roberto Tagliaferri, teologo interessato ai fenomeni culturali che destabilizzano l’Occidente e il cristianesimo, tenta di interfacciare i punti critici che agitano la Chiesa e il mondo contemporaneo alle prese con la complessità e con la fine del paradigma riduzionistico etnocentrico del positivismo. Ha al suo attivo una vastissima produzione scientifica, con diversi contributi e numerosi volumi pubblicati negli ultimi due decenni.
Giorgio Bonaccorso, docente all’Ilp di Padova, ha esplorato problematiche attinenti alla performance rituale. I suoi interessi spaziano dalla linguistica alla fenomenologia alle neuroscienze, con particolare attenzione al superamento del dualismo classico all’insegna della “mente incorporata”.
Aldo Natale Terrin è stato storico e fenomenologo delle religioni di fama internazionale, che ha saputo ibridare diverse competenze accademiche attorno al sacro e alla performance rituale, diventando un riferimento all’Ilp di Padova per una scienza liturgica fondata pastoralmente.
«La ricerca studia una delle dimensioni della Chiesa messe in evidenza dall’ecclesiologia conciliare. Tra queste, particolare enfasi è posta sulla dimensione escatologica della Chiesa, finalmente recuperata all’ecclesiologia, specialmente nei capitoli I, II, VII e VIII di Lumen Gentium. Il presente studio «si applica a questa riscoperta, a partire dal binomio Chiesa-Regno di Dio, indicata da don Mario Gullo come il punto sorgivo da cui nasce questa riscoperta. Si tratta di un argomento originale, peraltro poco studiato nella letteratura teologica post-conciliare, nonostante l’evidente interesse che poteva rivestire per la ricerca» (dalla Prefazione di don Dario Vitali).
La novità più evidente che rischiara il volume, e che costituisce anche il guadagno più significativo della ricerca, è la declinazione del tema in prospettiva ecclesiale e non individuale: non sono anzitutto i singoli a dover entrare nel Regno con una vita in linea con le condizioni fissate per ottenere la felicità eterna, ma è la Chiesa stessa ad essere in cammino verso il Regno, chiamata già qui ed ora, in forza di tale orientamento escatologico, ad essere figura e anticipazione di quel Regno che attende, che persegue e anche affretta quando la sua vita è misurata sulla radicalità di esso.
Informazioni sull'autore
Mario Gullo, presbitero della Diocesi di Acireale (Ct), ha conseguito il Dottorato in Teologia dogmatica nella Pontificia Università Gregoriana di Roma e si è laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata con una ricerca sulle vie della conoscenza di Dio in Edith Stein. Ha pubblicato diversi volumi e articoli di carattere teologico e spirituale. Attualmente è docente di Teologia dogmatica presso lo Studio Teologico “San Paolo” di Catania e parroco.
"Quando ho potuto iniziare a leggere le bozze di questo volume di Marco Pascarella, che raccoglie i frutti della sua ricerca dottorale, mi sono reso conto ancora meglio della ricchezza di queste riflssioni e della loro importanza nell’attuale fase sinodale. Vi ho ritrovato pagine intense, documentate, aggiornate: ed è stata quasi una rilettura, in chiave più approfondita, dei molti interventi e confronti a cui ho partecipato nelle quattro settimane della sessione del Sinodo. In particolare l’angolatura della “Chiesa locale”, adottata dall’Autore, permette di ricondurre ad un filo conduttore molto solido diversi temi ecclesiologici, altrimenti spesso giustapposti" Dalla prefazione di Mons. Erio Castellucci
«Giannino Piana testimonia in modo trasparente la bellezza della ricerca, la gioia del credere, l'attrattiva della verità, l'amore per l'essere umano. Se vogliamo uscire dalla soglia della teologia, divenendo partecipi della sensibilità di tante persone in ricerca, potremmo forse applicare a lui un asserto della Critica della ragion pratica di Kant: "L'etica non è esattamente la dottrina che ci insegna come essere felici, ma ci insegna come possiamo fare per renderci degni della felicità"» (dalla Postfazione di Gianfranco Ravasi).
Cos'è la fede? Qual è il suo oggetto formale? La conoscenza della verità prima può avvenire in modo naturale o dev'essere soprannaturale? C'è stato un tempo in cui la teologia, per rispondere a queste domande e argomentare sempre nuovi quesiti in grado di assecondare la vis theoretica della razionalità filosofica, seppe approntare un apposito trattato denominato de analysi fidei. Era il XVI secolo: albeggiava il sole barocco e infuriava la controversia apologetica nell'Europa lacerata dalla Riforma protestante, raggi e risvolti confessionali fecondarono la struttura del Tractatus che si accingeva a instradare la riflessione teologica secondo un metodo e una scansione tematica ben definiti. Ma, a oggi, cosa resta di questa mirabile architettura concettuale? Quale metabletica ha conosciuto l'analysis fidei nei secoli successivi? E' stato accertato un esito proficuo della metamorfosi che ha investito la teologia della fede? "Quanti arriveranno alla fine saranno ripagati non solo per aver appreso delle tesi, bensì per aver respirato lo spirito di un’epoca, che ha ancora tanto da dire alla nostra" (dalla Prefazione di Giuseppe Lorizio).
"E' bastata la scoperta di una segnalazione - unica nel suo genere - di P. Palazzini circa Cathechismus Catholicus del card. Pietro Gasparri a suscitare l'interesse di Giuseppe Sofrà di inoltrarsi In una ricerca che è risultata poi complessa e intrigante più di quanto si poteva immaginare. E' quanto si rileva in questo denso studio con la scoperta, per molti nuova, del card. Gasparri, fortemente interessato alla Catechesi non meno che alla sua più nota e riconosciuta opera del maestro giurista e canonista. Il corposo studio si colloca in posizione unica nel quadro degli altri sulla storia della Catechesi".
Francesco Milito, Vescovo
Chi è il diavolo o satana? La figura del diavolo rimane tuttora ancora molto controversa ed affascinante per vari motivi.
L'immagine del diavolo-satana che attraversa singoli testi biblici (quelli scritti in ebraico, greco, aramaico), nonché testi del Giudaismo e del Qumran, è stata veicolata inalterata oppure porta in sé i segni del tempo e della cultura? Rintracciare la presenza del diavolo e la sua offensività nel Quarto vangelo non è un'impresa del tutto facile, dato il silenzio di Giovanni - rispetto ai Sinottici - circa le possessionI e gli episodi di esorcismi. Tale silenzio fa emergere, in maniera ancora più significativa, dubbi ed interrogativi sugli insidiosi modi operandi del diavolo attraverso suoi agenti umani. Pertanto, di chi siamo realmente figli? Siamo sicuri di fare solo ed unicamente la nostra volontà? La consapevolezza di una lotta tra il Cristo di Dio il diavolo, la Verità e la menzogna, la Vita e la morte richiama la nostra attenzione sulle scelte quotidiane di vita. L'eventualità di una relazione filiale con il diavolo, pur non entusiasmante, si rivela ad ogni uomo, attraverso questo studio, molto più familiare che estranea, più vicina che lontana.
In questa realtà, nemmeno la Chiesa, comunità di uomini e donne credenti in Cristo-Gesù, è al riparo dal fumo del diavolo e dalla morsa incessante della falsità e del dominio degli agenti del male.
M'Bayi Laurhy Argelès Rochard (Pointe-Noire, 1979), ha conseguito la licenza in Teologia biblica alla Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale (Napoli, 2012), la licenza in Scienze bibliche al Pontificio Istituto Biblico (Roma, 2015), la laurea magistrale in Giurisprudenza all'Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli di Caserta (2020). Nel gennaio 2022 ha conseguito il dottorato in Teologia biblica alla Pontificia Università Gregoriana (Roma). E autore delle opere: Madonna mia! Cosa mi dici? (Mephite 2014), Il profumo del diamante nero (Mephite 2018).
Questo libro pensa teologicamente come reimparare a sentire Dio, chiedendo intelligenza al senso e sensibilità alla ragione. La struttura del volume e gli stili diversi con cui è scritto fanno grande impressione. Le tre parti presentano un ri-orientamento a tre livelli. Anzitutto, nella prima parte, un cambio di paradigma sul piano delle argomentazioni. Questo primo ri-orientamento, che dialoga con una buona parte della teologia fondamentale contemporanea, si apre poi a una seconda parte in cui i passivi di Dio costituiscono l'ossatura di un dire Dio interpretato dal riferimento alla Scrittura e in dialogo serrato con le scienze. La sequenza dei passivi è singolarmente efficace: Dio desiderato, Dio intuito, Dio scoperto, Dio detto, Dio chiamato, Dio contraddetto, Dio amato. In questo percorso, accidentato e stupendo, tormentoso e consolante, nasce per gli umani l'accesso alla libertà. Proprio nello spazio dischiuso dalle prime due parti si colloca la terza parte (Della relazione non-duale con Dio): qui Dio è proposto come “lontano-vicinanza”, come unione di distacco e comunione, di desiderio e timore, di amore e morte. Il senso di equilibrata misura che il libro sa comunicare nel dare voce controllata e credibile alla smisuratezza incontrollabile di Dio – perché "sbagliarsi su Dio è un dramma", come afferma Turoldo – è forse la sua virtù più brillante e la sua nota più squillante (dalla Prefazione di Andrea Grillo).
In questo libro trovate l'ultimo Molari. La sua intensa riflessione teologica: profonda, gioiosa, aperta al confronto con la cultura contemporanea e soprattutto con l'evoluzione della scienza e la scienza dell'evoluzione Troverete una salda linea di continuità nel coraggio di pensare la fede da credenti adulti, capaci di rendere ragione della loro speranza e aprirsi a quanto di giusto, di bello e di buono, può venire dal mondo grande, in ogni angolo del quale soffia, libero e leggero, il vento dello s/Spirito.
Una visione della vita e della fede che invita a far fiorire in noi la fiducia nella forza buona che chiamiamo Dio, che da un senso e una destinazione alla nostra esistenza.
La differenza fra uomo e donna non è più garantita da una gerarchia dei sessi. D’altra parte l’eguaglianza fra uomo e donna non implica il negare la differenza e uniformare anonimamente le diversità. Il possibile accesso della donna al ministero ordinato esige la riconsiderazione dell’esclusione della donna dalla pubblica autorità, civile ed ecclesiale, come dato culturale comune, non come contenuto della rivelazione. Questo è il tema su cui il libro offre 24 variazioni, in un confronto serrato con le argomentazioni antiche e recenti. Per passare dalla società dell’onore (basata sulla differenza) alla società della dignità (basata sulla eguaglianza) occorre pensare il ministero ordinato alla luce di Pacem in terris e di Dignitatis Humanae. Si scoprirà che l’ordinazione della donna non è questione dottrinale ma dipende da una trasformazione antropologica e sociologica che non solo è possibile ma reale, almeno in una parte considerevole del mondo. I compiti della donna e dell’uomo sono il prodotto della storia e della coscienza, nel dialogo fra creatore e creature che resta aperto. Così la forma della società, le evidenze della cultura e la relazione tra Dio e l’uomo possono rispecchiarsi.