Possiamo dire di essere liberi se le nostre decisioni sono spesso il compromesso tra una ragione sedotta dall'oggettività e una emotività che reagisce a ogni stimolo senza starci troppo a pensare? Il confronto serrato tra Kierkegaard e Rahner, tra il filosofo del pathos e il teologo del logos, mostra la possibilità di una vera libertà a partire da quell'uomo libero che fu Cristo. "Pathos e logos sono [...] riconciliati proprio nel credente, il quale sente e conosce, desidera e discerne, vuole e comprende". (Dalla Prefazione di P. Gaetano Piccolo SJ).
Emerge nella società attuale l'urgenza di avviare una riflessione in campo educativo. Educare significa consegnare ai figli un mondo di senso, rendere testimonianza di una esistenza promettente. E' di fondamentale importanza saper dire sì e no e saper esercitare sempre il discernimento nelle relazioni educative. Un disagio diffuso e conclamato cresce fra gli adulti ma soprattutto fra i giovani. Appare necessario, quanto mai oggi, avviare una ricerca delle ragioni del disagio giovanile proponendo, oltre a una critica dell'esistente, alcune prospettive educative alla luce di Viktor Emil Frankl e dell’antropologia rivelata
Facendo il verso ad Aristotele, si può sostenere che la conoscenza si dice in molti modi. Non si tratta solo della passiva rinuncia a ogni negoziato davanti all'inemendabilità di un oggetto naturale, ma anche del fine sintonizzarsi delle emozioni su profili di valore; della salutare cecità patita dal soggetto davanti alla gloria di certi fenomeni; di quello stare al mondo che precede e, contemporaneamente, rende possibile ogni opposizione polare fra soggetto e oggetto; del raccogliere la sfida da un testo che attende di dischiudere l'inedito. Formato alla scuola del pensiero contemporaneo, il soggetto resiste alla corrosione e al prematuro pensionamento, ma si lascia docilmente assegnare il ruolo del discepolo da una realtà che non smette di sorprendere con la sua ricchezza.
Le età della vita è il tema che due autori, Erich Erikson e Romano Guardini, hanno trattato secondo diversi approcci: psicologico evolutivo il primo, filosofico, teologico il secondo. Ad accomunare le riflessioni dei due autori la prospettiva della "vita come vocazione". L'esistenza dell'individuo, compresa come passaggi di età in età, è il contesto esperienziale della risposta responsabile a un progetto, insito nella vita stessa. Ogni individuo è chiamato ad agire secondo libertà, dando luogo a una propria istanza morale ed etica. Proprio nella ricerca della risposta si attua il processo di formazione dell'identità, il "chi sono", nella quale sono coinvolte tutte le dimensioni della persona: psicologica, sociale, morale e religiosa. Il confronto tra i due autori permette di definire le età della vita, secondo prospettive ermeneutiche proprie. L'esistenza di ogni individuo diventa il contesto di risposta «a ciò che non è ancora», plasmando l'identità propria. In Erikson l'identità coincide con la personale realizzazione secondo un'etica universale; in Guardini lo sviluppo dell'identità corrisponde alla definizione di "persona", secondo una visione antropologica cristiana.
Il pensiero di Emmanuel Lévinas (1906-1995) non smette mai di stupire e affascinare per la sua profondità e per la capacità esemplare di tematizzare la diversità in un'ottica non violenta e inclusiva. Questo libro si concentra sul rapporto tra prospettiva filosofica e sapienza ebraica nell'opera del pensatore francese: una riconsiderazione radicale delle categorie centrali della filosofia occidentale alla luce dei temi del profetismo. Ciò che ne emerge è l'intreccio - fecondo e non dogmatico - di due ordini di significato in grado di offrire un nuovo senso di umano e di inaugurare un inedito approccio alle relazioni secondo rapporti liberi e non dominativi.
Ripercorrendo il cammino che va dai secoli XIII-XIV fino ai nostri tempi, attraverso alcune eminenti figure di mistici, teologi e filosofi, si intende presentare e giustificare la tesi secondo la quale sarebbero evidenti le tracce di una ininterrottà continuità, all'interno dell'evoluzione del pensiero culturale europeo, tra la mistica cristiana, così come prende forma agli inizi del secondo millennio, sulla palese eredità del primo, e il pensiero degli ultimi secoli che ha attraversato le regioni europee e segnato profondamente il clima culturale, fino a determinare una forma mentis diffusa nel vecchio continente e nell'occidente in generale, in special modo quella caratterizzata da forti tinte nichiliste.
«C'è un momento che emerge dalla riflessione filosofico-teologica intorno al principio di Carità, che l'autore inquadra dentro un preciso riferimento della cultura d'Occidente, a partire da un chiarimento essenziale: si può essere caritatevoli o esprimere apprezzabile filantropia anche una tantum [...] la Coscienza della Carità del Cuore di Gesù Cristo, invece, è per sempre, è uno stile di vita, per quanto difficile da interpretare. Una carità che trova la sua linfa vitale nella verità, come ricorda il Santo Padre Benedetto XVI; una carità che non è, eventualmente, soltanto figlia del dovere, come direbbe Kant, ma che ha un carattere duraturo perché, nel senso cristiano, è figlia dell'amore» (dalla Prefazione di Fabrizio Turoldo). Il lavoro di Giuseppe Manzato si ispira direttamente al Premio "Nervo-Pasini", intitolato Teologia della Carità e Solidarietà, promosso dalla Caritas Nazionale e dalla Fondazione Emanuela Zancan di Padova.
«Pensare è come riflettere in se stessi, attraverso il cammino delle domande e delle risposte, la voce di un altro. La riflessione ha origine nella parola rivolta ad altri e che altri rivolge a noi». Questo libro, incrociando alcuni percorsi filosofici del '900, ci presenta l'esperienza del pensiero come riappropriazione del discorso interiore e domanda sul senso dell'umano. Imparare a pensare costituisce così un esercizio del bene che supera il «primato della conoscenza».
Che cos’è la verità e, più in particolare, quali sono le caratteristiche della verità etica? La prima parte del volume prova a misurarsi con questa difficile questione, chiamando in causa i testi fondamentali della tradizione filosofica occidentale, da Aristotele sino ai contemporanei.
Nella seconda parte del volume, invece, si discute del presunto valore assoluto della regola del “dire la verità” e delle sue possibili eccezioni. I protagonisti di questa seconda parte sono Omero, Platone, Agostino, Kant, Constant e alcuni bioeticisti contemporanei.
La terza parte, infine, è dedicata a un intenso colloquio con il filosofo Paul Ricœur sul tema della verità, nei suoi più diversi aspetti.
Esiste la libertà? Tanti sono i motivi che spingerebbero al pessimismo. Si può credere che in mezzo agli ostacoli della vita e alle mille costrizioni psicologiche e sociali, possa continuare a vivere la forza dell'essere liberi fino a diventare amore autentico? La sfida di questo libro è questa e desidera proporre un sì convinto e un invito a vivere in una libertà piena e senza paure.
Tra i pensatori antichi Agostino è senza dubbio quello più presente nel dibattito filosofico e teologico contemporaneo. Anche autori non credenti e distanti da qualsiasi dimensione religiosa non esitano, infatti, a riconoscere nell’opera del Vescovo di Ippona un punto di riferimento essenziale e imprescindibile per una riflessione non ideologica sull’uomo e sulla sua vicenda esistenziale.
Questo libro s'interroga su ciò che è esperienza religiosa e sul linguaggio adeguato per coglierne la verità interna. Con ciò ci si trova immediatamente trasferiti nel suo lessico «sapienziale» che è il luogo originario più vicino all'esperienza del Sacro e al movimento insondabile della vita, alla radice della nostra stessa esistenza con tutte le immagini formative e i suoi contenuti espressivi. Dentro un tale contesto si tenta di mostrare l'insufficienza del cosiddetto «razionalismo» e della sua forma «astratta» di sapere che ha per lungo tempo permeato l'esegesi biblica e la stessa riflessione sulla religione. Kant ed Hegel sono assunti a figure rappresentative di un tale sapere e con essi in particolare, con i vantaggi e gli svantaggi offerti dai loro paradigmi interpretativi della religione, questo lavoro tenta di definire il terreno di un franco dialogo. Si tratta di restituire legittimazione e dignità a quell'altra forma di sapere che si è sedimentato nel lessico sapienziale ed è da esso veicolato, richiamandone la connessione con i caratteri di ciò che è insieme esperienza individuale e storica, punto d'incrocio di traiettorie lontane e vicine, capacità di andare al cuore delle cose senza trascurarne gli effetti sul presente, sapere, per dirla con un'immagine dantesca, che «spazia» e «sazia». Su questo sfondo emerge il nucleo centrale del libro: quello del rapporto tra religione razionale e religione storica/rivelata; il tentativo di un'interpretazione della religione come esperienza storica, ma anche una lettura della modernità non come pura rottura con la nostra eredità religiosa, ma a partire dalle sue radici religiose.