In passato, si moriva meglio? La morte spaventa oggi più di un tempo? Questi i classici in-terrogativi dietro a una riflessione su un tema sconveniente e sospetto - la morte - riguardo a cui sembra essersi perso il coraggio di parlare. Nella società contemporanea infatti assistiamo alla rimozione della morte, non più accettata come fine del cammino dell'esistenza propria e altrui, come fatto della vita cui prepararsi. Partendo da questa constatazione, da teologo ed esegeta della Bibbia qual è, Marguerat af-fronta tre grandi letture cristiane di questo difficile momento dell'esistenza umana: la morte come insondabile decreto divino, come «salario del peccato» e, infine, come "passaggio" alla risurrezione.
Mentre in Germania trionfa il nazionalsocialismo e la chiesa ufficiale si piega al volere di Hitler, Bonhoeffer tiene corsi di teologia pastorale, tra cui uno di omiletica, presso il seminario clande-stino di Finkenwalde, dove la chiesa confessante tedesca prepara alla resistenza i suoi pastori. In questo corso, Bonhoeffer riprende gli elementi costitutivi dell'omiletica, che è direttamente le-gata alla Parola spiegata e annunciata, alla viva vox dell'evangelo che si fa strada in mezzo alle parole umane, costituendo il centro del culto. Se questa disciplina avvia il predicatore all'arte del discorso e della parola, Bonhoeffer ci ricorda tuttavia che la sua sorgente è in Dio e non nelle doti umane.
Il lungo ministero di un pastore valdese che ha affiancato la predicazione alla scrittura e all'organizzazione culturale si sviluppa per alcuni decenni e si esprime in diversi ge-neri letterari: sermoni, articoli di attualità, studi biblici, relazioni per incontri giovanili. Ne deriva un itinerario che permette di riconoscere alcuni temi costantemente all'attenzione dell'autore: la necessità di costruire e rafforzare continuamente la chie-sa, e la necessità che ogni individuo formi sé stesso alla luce della Parola biblica, strumento che ci permette di vagliare criticamente ogni intrapresa o schema ideologico con cui giornalmente ci confrontiamo. "Io dico che se non si prega non si diventa uomini e credenti; non perché Dio ti faccia diventare diverso in quel momento, ma perché senza quella disciplina non cresci, non irrobustisci la tua vita, non puoi dare spessore al tuo esistere; resti un foglio di carta, interessante e bello da leggere, ma sottile, che strappi con un colpetto d'unghia. È per te che preghi, non per Dio, e quella verifica, che fai confrontando i tuoi progetti e le tue delusioni, le tue frustrazioni ed i tuoi slanci con l'Evangelo ti fa essere altro. Parli al buio e nel buio, certo, e l'ipotesi che non ci sia nessuno ad ascoltare all'infuori di te stesso è un'ipotesi reale, nessuna voce ha mai risposto alla preghiera di un credente, ma il pregare è costitutivo del mestiere della fede proprio perché è un fare che non è prassi". (Giorgio Tourn) Prefazione di Ermanno Genre. Postfazione di Elena Bein Ricco.
A quarant’anni di distanza da Il cristiano davanti alla morte, dedicato a quello che accade di fronte alla morte a cristiani ed esseri umani in generale, il teologo Paolo Ricca affronta – anche attraverso un ampio excusus storico-teorico –, il tema ulteriore della possibile esistenza di un aldilà e di una vita futura, oltre la morte.
«Ha senso parlare dell’aldilà, sapendo di non saperne nulla? Fin dall’antichità più remota sono state formulate sull’argomento molte teorie, tutte ipotetiche, alcune, forse, più plausibili, altre meno, che meritano di essere conosciute prima di venire eventualmente scartate.
Il fatto incontestabile che non ci siano certezze (a prescindere, per un momento, da quelle della fede) non impedisce di ritenere che qualcosa, pur non essendo certo, sia possibile, a cominciare dalla possibilità che esista un aldilà, nel senso di una vita oltre la morte. Non ci sono prove che un aldilà o la vita oltre la morte esistano, ma neppure che non esistano. L’aldilà non è certo, ma è possibile».
Paolo Ricca
Per Ermanno Genre, la diaconia – che nel cristianesimo primitivo indica ogni forma di azione della chiesa, l’annuncio dell’evangelo come il servizio verso i poveri – costituisce l’identikit dell’agire della chiesa nel mondo e rinvia al ministero stesso di Gesù, mettendo sempre in gioco la sua identità e credibilità.
Nel mondo protestante «diaconia» è il servizio reso al prossimo, ciò che per i cattolici è «caritas» e che, in prospettiva generale e laica, si indica con la parola «solidarietà». In queste pagine Ermanno Genre invita a riflettere sulle radici bibliche dell’agire cristiano nel mondo e sui suoi mutamenti nel corso del tempo, in particolare rispetto al cristianesimo primitivo: dal Medioevo alla Riforma fino ai movimenti religiosi del Pietismo e del Risveglio, cui si deve l’organizzazione della diaconia cristiana moderna.
Non manca un esame delle sfide e dei problemi della diaconia valdese dal dopoguerra a oggi, inclusa la dibattuta questione dell’Otto per mille, fino alle nuove prospettive della solidarietà internazionale.
Indice testuale
Prefazione
di Giovanni Comba
Abbreviazioni
Introduzione
Diaconia come identikit della chiesa
1. La Bibbia ha radici profonde
2. Diaconia e Nuovo Testamento
3. Diaconia nella storia
4. I riformatori e la diaconia
5. Il primato dell’agire diaconale
6. La difficile gestione dell’eredità
7. Le nuove prospettive
Appendice I
Nuove povertà, nuova diaconia? Le sfide della globalizzazione
Appendice II
Carta della diaconia
Bibliografia
Biografia dell'autore
Ermanno Genre
ha insegnato Teologia pratica presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma ed è professore invitato in diverse facoltà cattoliche.
Tra le sue pubblicazioni presso Claudiana ricordiamo: Gesù ti invita a Cena. L’eucaristia è ecumenica (2007), Martin Bucer. Un domenicano riformatore (2010), Introduzione alla bioetica. Bioetica e teologia pastorale in dialogo (2013), Osea. L’adultera perdonata (2014).
Uwe Habenicht delinea le caratteristiche di una spiritualità semplice ed essenziale – sovente espressa con la metafora di quel particolare tipo di comunità ospitale che è l’albergo diffuso, fatto di case preesistenti messe in rete – per accogliere, in un’ottica ecumenica, viaggiatrici e viaggiatori, anche non credenti, con appartenenze e itinerari diversi.
«In un mondo globalizzato e plurale, dove è più facile sentirsi disorientati e insicuri che abitati da ferme certezze, questo libricino vuole essere un invito a uscire da modi granitici e inadeguati di pensare alle appartenenze di fede per aprirsi a una spiritualità cristiana capace di stare creativamente in mezzo alle religioni, per opporsi, insieme, alle logiche distruttive che vedono l’uno in competizione con l’altro. Partendo dalla tradizione cristiana, scopriremo modelli sorprendenti, in grado di aiutarci a creare un nuovo rapporto con Dio e con gli altri, siano essi credenti oppure no. Tasselli di un mosaico capace di rivelare un disegno di senso meraviglioso».
Uwe Habenicht
Chi pensasse che "Il Dio queer" sia semplicemente un altro libro sulla fede cristiana e l'omosessualità sbaglierebbe: la teologia queer proposta da Marcella Althaus-Reid è molto di più e proviene da un universo concettuale e spirituale altro che non cessa di provocare e di stupire. Per l'autrice, parlare di Dio queer significa parlare di una trascendenza foriera di trasformazione, di una fonte immanente di scompaginazione rivoluzionaria, per far emergere ciò che contraddice lo status quo, e dunque anche le norme che regolano la sessualità e il potere che ne deriva.
La preghiera di Karl Barth nasce da tre seminari tenuti a Neuchâtel tra il 1947 e il 1951: il grande teologo riformato vi presenta la preghiera attraverso il pensiero dei riformatori, i catechismi riformati e il Padre nostro. Per Barth, la preghiera è innanzitutto un dialogo con Dio che soccorre il credente, necessità esistenziale e grido in cui questi chiede al Signore di aiutarlo, di accompagnarlo e sostenerlo nella fede e negli sforzi per vivere in fedeltà all'evangelo. La preghiera è quindi anche adesione del cuore al cammino con il Cristo.