L'uomo mangia e beve non solo per una necessità fisiologica. Certo, l'alimentazione è essenziale per la sopravvivenza, ma molto presto nella storia essa è diventata un valore aggiunto in grado di influenzare la qualità stessa della vita. L'autore prende le mosse dal Medioevo, quando il piacere legato al cibo, o meglio la ricerca di tale piacere viene identificata dal cristianesimo come uno dei sette peccati capitali, la gola, le cui radici sono ricondotte al peccato originale. Ha così inizio un itinerario storico, in cui la gola accompagna l'uomo nella sua evoluzione culturale, rispecchiandone inclinazioni, aspirazioni, contraddizioni. Da sinonimo di ingordigia e voracità a principale spunto di fantasie utopiche, da pomo della discordia tra protestantesimo e cattolicesimo, fino alla sua rilettura moderna in chiave di scienza gastronomica e fenomeno di costume, la gola mostra tutta la sua ambiguità e un'inesausta capacità di suscitare le discussioni più accese. A tavola si mangia, si beve, ma si fa anche molto altro... Il libro è arricchito da uno splendido corredo iconografico, immagini tanto belle a vedersi quanto funzionali a una più efficace comprensione del discorso storico.
In questo libro l'autore esamina le principali risposte che la storia ha fornito alla ricerca del bene, dall'antichità classica fino a oggi. L'autore si concentra su due concezioni molto diverse della "vita buona": da una parte la prospettiva genericamente laica, radicata nell'attenzione verso la natura e la condizione umana; dall'altra la prospettiva trascendentale, che colloca la fonte dei valori morali al di fuori dell'uomo. Nel mondo moderno, plasmato dallo sviluppo della scienza a partire dal XVII secolo, le due concezioni si sono fronteggiate in un conflitto sempre più aspro, che giunge fino ai nostri giorni manifestandosi come uno dei principali problemi del nostro tempo.