Nei primi secoli del cristianesimo, la preghiera era spesso definita come un incontro con Dio, di cui serbare e alimentare il ricordo. I Padri della Chiesa, attraverso i loro scritti, testimoniano e insegnano che si tratta di un incontro sempre possibile e offrono consigli per riconoscere la preghiera come parte della vita. La preghiera è soprattutto da sperimentare ed effettivamente i Padri ne hanno spesso scritto trasmettendo la loro esperienza senza concedere troppo spazio alle riflessioni astratte, anche se queste non sono del tutto mancate. Questo testo cerca di interpellarci nella ricerca di spiritualità e di ravvivare la nostalgia dell'incontro con Dio, attraverso numerose citazioni patristiche tratte da vari tipi di opere: lettere, trattati, omelie, biografie, regole e anche apoftegmi, cioè i detti e i fatti delle Madri e dei Padri del deserto. «Beati coloro che provano la nostalgia dell'incontro con Dio, perché continueranno a cercarlo ogni giorno».
Si può comprendere la figura di Charles de Foucauld solo attraverso l'ampiezza delle relazioni che ha tessuto nel tempo, dall'infanzia fino al giorno della sua morte, nonostante le dolorose perdite che hanno segnato la sua esistenza. Da quando ha compreso che l'amore di Dio si rivela attraverso i legami, ha attinto quotidianamente a questo amore e ha saputo condividerlo con chiunque incontrava. Le relazioni con familiari, amici e con i più lontani sono diventate il "luogo" per imparare ad amare Dio e per donare la propria vita, a imitazione di Gesù di Nazaret. Il testo vuole accompagnare il lettore in un percorso di riflessione spirituale sul senso dei propri legami, alla luce dell'esperienza di Charles de Foucauld, fratello universale. «Quanto siamo vicini l'uno all'altra in Dio, e quanto siamo vicini e uniti, o piuttosto un unico cuore, noi che abbiamo lo stesso Padre, noi che viviamo dello stesso amore». Charles de Foucauld. Prefazione Riccardo Battocchio.
La saggezza senza tempo della Regola di Benedetto da Norcia, un classico della letteratura religiosa, è messa in risalto dal commento penetrante di una rinomata mistica e studiosa benedettina. Nella sua originale introduzione alla Regola, l'autrice afferma coraggiosamente che il testo di Benedetto del sesto secolo, dopo millecinquecento anni, riesce a toccare direttamente le questioni che oggi stanno di fronte alla comunità umana: l'amministrazione dei beni, la conversione, la comunicazione, la riflessione, la contemplazione, l'umiltà e l'uguaglianza. Seguendo la Regola originale di Benedetto paragrafo per paragrafo, il libro espande i suoi principi nel più ampio contesto della vita spirituale nel mondo contemporaneo e rende le sue istruzioni, che a una lettura superficiale potrebbero suonare arcaiche, fresche e significative per le donne e gli uomini di oggi. Così questo libro si rivela una risorsa preziosa per la contemplazione personale o comunitaria. Prefazione di Laurence Freeman.
Alcune donne e alcuni uomini, vissuti dalle origini del cristianesimo all'epoca contemporanea, sono stati dichiarati dottori della Chiesa dai papi, dalla fine del sec. XIII ad oggi. Se ne contano trentasette, metà dei quali sono padri della Chiesa che hanno operato entro il sec. VIII. I loro testi continuano ad arricchire il magistero della Chiesa e a nutrire lo spirito di innumerevoli lettori. I dottori della Chiesa con i loro scritti costituiscono un patrimonio che merita di essere condiviso con chiunque voglia conoscere il pensiero cristiano e ricevere insegnamenti spirituali. La peculiarità di questo testo è di presentare tutti i dottori in un unico agile volume, insieme ai padri della Chiesa dei primi secoli.
"Giovanni della Croce si presenta come un teologo atipico, tra quelli che per parlare di Dio preferiscono ricorrere al linguaggio della poesia, piuttosto che a quello della definizione dogmatica, riallacciandosi così a un'antichissima tradizione che vede in Efrem il Siro uno dei migliori esempi, non a caso dichiarato dottore della Chiesa universale poco prima di Giovanni, nel 1920. Due teologi che prediligono l'immagine, il paradosso, la metafora, come peraltro il loro Maestro che, catturato dalle realtà più semplici e quotidiane, ne faceva parabole del Regno. Maria Tondo, nelle appassionate pagine che seguono, entra in dialogo con questo gigante del passato, non per volgersi indietro, ma quasi per invitarlo a dialogare con il nostro mondo, con le sue sfide e le sue opportunità. Intessendo così un dialogo di riconoscenza, in cui l'autrice dice di voler rendere conto di un incontro avvenuto tanti anni or sono, ma ancora vivo e fecondo." (Dalla Prefazione di Sabino Chialà)