L'infanzia di Dori e quella di «Bicio», che mostra come la storia sia sempre stata una sola, anche quando loro non si conoscevano. Il primo incontro, a un premio musicale vinto da entrambi, durante il quale non smettevano di guardarsi. La nascita della figlia Luvi e la quotidianità campestre in Gallura. I mesi del sequestro, in cui a sostenerli fu proprio quel legame «fermo, limpido e accecante» che sarebbe continuato oltre il tempo. Un tempo sempre scandito dalla magia degli incontri: da Marco Ferreri a Lucio Battisti, da Cesare Zavattini a Fernanda Pivano. Tra bambine che chiacchierano con Arturo Toscanini e bambini che bevono cognac sotto i bombardamenti. Tra cuccioli di tigre allevati in salotto e un viaggio in nave con un toro limousine. Scritto assieme agli sceneggiatori di Principe libero, il film tv sul cantautore, Lui, io, noi è una storia privata che s'intreccia con quella pubblica di chi, da sessant'anni, ascolta De André. Soprattutto è il racconto intimo, commovente, a tratti perfino buffo, di un grande amore.
In questo volume si raccoglie una selezione di interviste e colloqui con Luciano Berio, uno dei maggiori protagonisti della musica del Novecento. Le modalità del dialogo e il carattere informale del genere intervista aprono prospettive mobili, immediate e talvolta inattese sulle vicende artistiche e biografiche del compositore, restituendone un profilo al contempo affine e complementare a quello che emerge dai suoi testi teorici. Il corpo centrale della raccolta - 51 colloqui tra interviste, conversazioni e inchieste, condotti in lingue e Paesi diversi - traccia un percorso cronologico che va dal principio degli anni Sessanta fino a pochi mesi prima della scomparsa di Berio nel 2003. È la parabola di un musicista immerso nella contemporaneità, che qui si intreccia con quella dei suoi interlocutori, tra cui spiccano firme di rilievo della pubblicistica italiana e internazionale, nonché i nomi di compagni di vita quali Umberto Eco e Renzo Piano. I temi centrali dell'orizzonte creativo di Berio - dal teatro alla ricerca elettroacustica, dalla voce al linguaggio, dalle tradizioni popolari all'impegno del musicista nella società - si snodano attraverso le interviste con la chiarezza di un linguaggio che, senza mai rinunciare all'approfondimento e all'acume critico, mira a raggiungere un bacino di lettori largo e variegato. Molteplici i riferimenti alle opere più note di Berio, da Thema (Omaggio a Joyce) a Laborintus II, da Sinfonia alle Sequenze, da Coro a Stanar, o ai lavori di teatro musicale da Passaggio a Cronaca del Luogo; e ancora a progetti, incarichi e istituzioni che videro il compositore e l'uomo di cultura coinvolto come ideatore o collaboratore sempre attento alla funzione educativa della musica e alla sua capacità di costituirsi critica attiva della realtà.
La canzone napoletana studiata e raccontata non nei suoi aspetti folcloristici più standardizzati, ma come mito che affonda negli archetipi musicali più antichi, come sonorità rimosse dalla memoria e affioranti dove meno te l'aspetti: in un mercatino domenicale dove si vendono dischi di prima della guerra o nel negozio di un barbiere cantante che conserva tradizioni perse nei secoli. Roberto De Simone ci conduce in una ricerca che diventa inventario di testi e musiche, ma anche racconto di personaggi, di luoghi, di rappresentazioni popolari devote e profane. Sempre nei libri di De Simone alto e basso, popolare e colto si intrecciano indissolubilmente; così avviene anche in questo libro, che insieme al saggio sul Presepe napoletano è forse il suo capolavoro, la summa delle sue ricerche e della sua antropologia culturale. Dunque nelle pagine della Canzone napolitana l'arte canterina di un anonimo venditore ambulante e la raffinata poesia di Salvatore Di Giacomo vanno a braccetto fra loro, come i melodrammi di Rossini e Donizetti e la performance di tre femminelli in processione a un santuario. L'alternanza fra capitoli di rigorosa musicologia e altri di spericolata narrazione è più apparente che reale, perché nei capitoli storico-musicali si insinua la fiction (come in un bellissimo colloquio immaginario fra Torquato Tasso e Monteverdi) e nelle narrazioni c'è molta filologia (peraltro le partiture delle canzoni sono raccolte in fondo al volume). Attraverso la trattazione storica e il racconto, De Simone delinea un genere musicale ma tratteggia anche il ritratto della sua città: una Napoli cangiante nei secoli eppure sempre se stessa. Un collage di sovrapposizioni (splendidamente rappresentate in un parallelo visivo dalle illustrazioni di Gennaro Vallifuoco, antico sodale di De Simone) legato da un filo rosso che arriva fino alla seconda guerra mondiale e, attraverso le testimonianze più resistenti ai cambiamenti della modernità, a saperle trovare e ascoltare, fino ai giorni nostri.
Una volta giú, gli piacerebbe essere musicista ma è solo la sensazione di una sensazione. Non è una sensazione invece quel piolo sulla testa. E la sua Canzone piú bella? Quanto la dovrà tenere per sé e quanto lasciarla andare di fronte a un Ariston che si apre in due? Un vocal trainer può garantire qualunque cosa tranne il successo. Un manager, qualunque cosa tranne la fedeltà. Ma si può essere fedeli per tutta la vita alla propria batteria, e alla donna che suona il basso nel tuo gruppo da sempre. Signora Pilar, è durata anche troppo. Troppo poco un minuto per esprimere un desiderio al genio della chitarra. Ma non sono troppi dieci anni per un incontro cosí. O Sí? L'Uno e l'Altro. Insomma, questi racconti - cosí diversi fra loro e cosí inseparabili, vivaci come una scolaresca eterogenea ma affiatata - sono un tripudio di fantasia e vitalità. E soprattutto irrompono sulla scena due elementi nuovissimi nella scrittura vibrante di Ligabue: il fantastico e la forza della musica. La musica in tutte le sue declinazioni. La musica che, come il sesso e l'amore, sfugge fortunatamente a ogni tentativo di imbrigliarla. Perché solo nell'abbandono, nell'accettazione del mistero, nello stupore che ci afferra ogni volta come fosse la prima, possiamo sperimentare una quotidiana spettacolare magia.
Babasunde, che ha perso il suo nome. E quella ragazza intirizzita che cammina verso la stazione. Rrock Jakaj, violinista di Scutari. Jean-Claude Izzo, commosso dall'ascolto di una canzone di Murolo. E poi Tinochika detto Tino, che si è aggrappato con tutto se stesso allo sguardo di una donna. Gianmaria Testa ritorna - questa volta non nelle vesti di cantautore ma di scrittore sul tema delle migrazioni contemporanee. E lo fa senza retorica e con il solo sguardo sensato: raccontando storie di uomini con una lingua poetica e tagliente, insieme burbera ed emozionata. A dieci anni dall'uscita del disco "Da questa parte del mare", che ha ricevuto la Targa Tenco nel 2007 come migliore album dell'anno, quelle canzoni così vive e attuali generano qualcosa di nuovo: un altro tipo di scrittura e di voce. "Ho l'impressione che nei confronti del fenomeno delle migrazioni abbiamo avuto uno sguardo povero e impaurito che ha fatto emergere la parte meno nobile di noi tutti, - scrive. Bisogna avere occhi, cervello e coraggio da spendere". Prefazione di Erri De Luca.
È inutile chiedersi cosa sia la felicità, o come fare a raggiungerla. Lo scrive un padre ai propri figli nella lettera che apre questo libro: la felicità, spiega, non è una questione d'istanti, ma una presenza costante, che corre parallela a noi. Il problema è saperla intravedere, imparando a non farci abbagliare. Il padre è Roberto Vecchioni. Sono per i suoi figli Francesca, Carolina, Arrigo e Edoardo - i racconti che compongono il volume. Dalle bizzarrie vissute insieme a loro, a episodi comici e drammatici della sua carriera di insegnante; dagli amori perduti o ritrovati fino a un ritratto vivo e passionale di suo padre Aldo, Vecchioni attinge alla propria biografia per costruire un vero e proprio manuale su come imbrigliare la felicità, senza farla scivolare via finché non diventa soltanto un ricordo. Ma ci sono anche le canzoni, scritte in un arco di quasi quarant'anni. Ci sono squarci letterari: un racconto dalle Mille e una notte, la storia di Paolo e Francesca, il mito di Orfeo ed Euridice, un frammento di Saffo. C'è l'amata Casa sul lago, testimone di tanti momenti, alcuni dei quali difficili e persino spaventosi. Roberto Vecchioni ci conduce in un viaggio personale lungo quello che chiama "il tempo verticale", uno spazio che tiene uniti tra loro passato, presente e futuro, dove nulla si perde. D'altronde "la felicità non è un angolo acuto della vita o un logaritmo incalcolabile o la quadratura del cerchio: la felicità è la geometria stessa".
Johann Sebastian Bach è uno dei compositori piú enigmatici e complessi della storia della musica. Gardiner fin da giovanissimo ha eseguito e studiato l'opera di Bach e oggi è uno dei suoi piú rinomati interpreti. I frutti della sua lunga esperienza come direttore, si distillano in questo libro per farci comprendere e apprezzare non solo alcune delle piú importanti composizioni bachiane, ma anche tutto quanto è possibile oggi sapere sull'uomo che le scrisse.
L'autobiografia di un uomo complesso e consapevole, un artista che ha dedicato l'intera esistenza alla musica, e l'ha condivisa con generosità attraverso lo spettacolo. Un libro per raccontare le storie e le verità di una delle popstar italiane più significative degli ultimi vent'anni.
Il Novecento è stato per la musica un secolo di vertiginosa creatività nel quale si sono succeduti molteplici stili, tendenze e sensibilità. Molti sono i compositori che ne hanno più volte ridisegnato i confini sonori: da Debussy e Stravinskij a Schònberg e Webern, da Cage e Stockhausen a Nono e Boulez, da Bartók a Xenakis e Ligeti, da Sostakovic a Pàrt, da Ives a Glass; per giungere fino alle prospettive aperte dai compositori nostri contemporanei, che sempre più dialogano non solo con la tradizione ma anche con le diversissime musiche del presente. Leggere queste pagine ci permette di ascoltare il suono infinito che attraversa il secolo guidati da uno dei pochi critici musicali contemporanei in grado di dare un senso complessivo a questa gigantesca e variegata partitura di esperienze musicali, nella quale forma, melodie, timbri, ritmi e silenzi si sono costantemente trasformati tra analogie e differenze. L'ultima parte del volume individua e analizza un canone di cento opere rappresentative, utile per avvicinare una musica che troppo spesso viene considerata difficile e che invece non di rado colpisce per la sua immediatezza e potenza creativa.
Luciano Ligabue ha sempre sostenuto - e lo ribadisce nel testo scritto appositamente per questo volume - di avere un pubblico particolare. Non solo "bello", né semplicemente "diverso" da tutti gli altri, ma proprio "speciale", e che dunque meritava di essere raccontato in presa diretta. Emanuela Papini raccoglie la sfida con un libro che nasce come testimonianza di amore reciproco e di reciproca gratitudine tra un cantautore e il suo pubblico, ma che è diventato molto di più. Perché Ligabue ha ragione: nelle storie della "sua gente" c'è il ritratto emotivo di un pezzo d'Italia meravigliosa e vera, in equilibrio precario ma forse mai così viva. Un'Italia fatta di persone che lottano, amano, credono, sognano, soffrono, rischiano, imparano, qualche volta perdono ma continuano a provare, e infine vincono. La loro quotidianità è il tessuto di un romanzo cantato in coro in cui è facile riconoscersi, perché è un po' la nostra quotidianità. E sullo sfondo, in ogni pagina, ci sono le canzoni di Ligabue: la colonna sonora che accompagna le nostre vite e qualche volta - e allora è una piccola magia - le cambia.
Ci son quelli che amano i bilanci, la nostalgia, tornare piuttosto che partire. Ci son quelli, invece, che guardano sempre avanti e preferiscono mille volte gli inizi alle conclusioni. Lorenzo Jovanotti Cherubini è uno cosí, uno che, non appena finisce un disco, non vede l'ora di farne uno nuovo. Ma anche per quelli come lui arriva prima o poi il momento di volgere lo sguardo all'indietro e fare, se non un vero e proprio bilancio, almeno un backup. Per liberare spazio salvando il passato. A venticinque anni da "È qui la festa?", il suo primo grande successo, Lorenzo Cherubini tira il fiato e si racconta: la passione per il rap, le notti in consolle, gli inizi a Radio Deejay e, all'improvviso, la sensazione di essere al centro della scena della musica italiana, senza sapere bene come. E poi i viaggi, le idee, le canzoni scritte di getto e subito incise, o quelle tenute in un cassetto per anni. Come "Bella", rimasta musica fino all'arrivo della moglie Francesca. Sí, perché c'è anche questo in "Gratitude", c'è forse soprattutto questo: l'ispirazione che viene dalle persone e dall'amore per le persone. La donna della vita, un fratello che non c'è piú ma che si sente sempre... Con una voce in cui risuonano tutto il ritmo, la passione e l'allegria della sua musica, Lorenzo Cherubini ci trascina in una festosa maratona all'indietro, la rincorsa che serve a spiccare il volo. Perché per quelli come lui, anche con venticinque anni di carriera alle spalle, la vita è sempre un nuovo viaggio.
Filippo Baldinucci, gran conoscitore di pitture e di disegni, come tale fiduciario della corte medicea, in particolare del cardinal Leopoldo, e in relazione con esperti di varie nazioni, fu l'autore del primo libro dedicato a una storia dell'incisione e ai suoi principali protagonisti. Le stampe appartenenti alle arti figurative, e molte firmate da nomi illustri sin dalla fine del Quattrocento, erano oggetto di interesse in tutto il mondo colto, ma due secoli dopo non avevano ancora avuto adeguata trattazione storica e critica, soprattutto era stato trascurato il ruolo e l'importanza di singoli incisori, e non sufficientemente indicati e commentati i protagonisti. Al proemio nel quale traccia i primordi della vicenda dell'incisione, con apertura assai oltre i confini della sua Toscana, Baldinucci fa seguire diciotto biografie di artisti, pittori-incisori, o semplicemente incisori, da Dürer a Callot, da Luca di Leida a Stefano Della Bella, da Marcantonio a Rembrandt, nelle quali, oltre la narrazione delle vicende personali e artistiche dei singoli, analizza la varietà delle tipologie delle stampe, le tecniche incisorie, le tematiche, le finalità, le committenze, dal che ne esce un quadro pressoché completo dello stato di quell'arte nel 1686, e anche, quel che giustifica il titolo del libro, "Cominciamento e progresso", l'idea di uno svolgimento progressivo del linguaggio dell'incisione, nel senso di "una bella gara fra il bulino e il pennello".