Nel 1324 Mansa Musa, il sultano del Mali, «l'uomo più ricco che il mondo abbia mai visto», intraprende il suo pellegrinaggio verso La Mecca, a capo di un immenso corteo lungo decine di chilometri e composto da migliaia di uomini e da altrettanti dromedari carichi di quintali e quintali d'oro. Un viaggio destinato a entrare nella storia, ammantato di leggenda, grazie alle cronache arabe dell'epoca e dei secoli a venire. L'autore ricostruisce quel cammino, inserendolo nel contesto storico e culturale del tempo, rivelandone gli aspetti politici e strategici oltre a quelli religiosi ed economici. Il percorso della carovana del sultano diventa così una sorta di metafora, utile a spiegare la fitta rete di legami e di scambi, che avvolgeva il Mediterraneo, unendo l'Africa all'Europa. Si viene così a delineare una lettura nuova e multicentrica della storia, in cui l'Africa è un'importante protagonista e non la terra isolata dell'hic sunt leones. «Disegnata la cornice, delineato lo sfondo, il racconto del viaggio di Mansa Musa assume una valenza più ampia di quella esplicitamente religiosa legata al pellegrinaggio alla Mecca. La ricostruzione delle peripezie della carovana, carica d'oro e di schiavi, diventa, infatti, il resoconto di un'operazione politica e di immagine quanto mai moderna e in gran parte riuscita. La traversata del deserto, l'arrivo al Cairo, che all'epoca era l'equivalente della New York attuale, e l'incontro con il sultano mamelucco si rivelano così i tasselli fondamentali per accreditare il Mali, come il suo sovrano, nel vasto mondo islamico del tempo. Ciò che ho cercato di fare è stato sottrarre, almeno in parte, quel viaggio alla ricezione un po' stereotipata più diffusa, per riportarlo nella storia e connetterlo con le complesse reti che caratterizzavano il mondo mediterraneo e l'Africa subsahariana».
La civiltà islamica è stata per molto tempo invidiata dal resto del mondo. Grazie a un susseguirsi di capitali scintillanti e cosmopolite, gli imperi islamici hanno dominato in Medio Oriente, in Nord Africa, nell'Asia centrale e nelle fasce del subcontinente indiano, mentre l'Europa indietreggiava ai margini. Per secoli il califfato era al tempo stesso vittorioso sul campo di battaglia e trionfante in quello delle idee, le sue città erano ineguagliabili per bellezze artistiche, potenza commerciale, spiritualità e raffinata cultura. Justin Marozzi si sofferma sulle dinastie più importanti alla guida del mondo musulmano - gli Abbasidi di Baghdad, gli Omayyadi di Damasco e Córdoba, i Merinidi di Fez, gli Ottomani di Istanbul, i Moghul dell'India e i Safavidi di Isfahan - e su alcuni dei più carismatici leader della storia musulmana, dal Saladino del Cairo e il potente Tamerlano di Samarcanda al poeta-principe Babur nel regno montano di Kabul e l'irrefrenabile dinastia Maktum di Dubai. L'autore descrive in modo brillante tutte queste grandi dinastie e le loro capitali, inquadrandole all'interno dei momenti decisivi della storia islamica: dalla rivelazione a Maometto alla Mecca e la prima crociata (1096-99) alla conquista di Costantinopoli nel 1453 e la repubblica mercantile di Beirut nell'Ottocento, per toccare infine i paradossi della Dubai contemporanea.
Ida Zilio-Grandi evidenzia la varietà di concezioni e valori espressi dalla fede islamica, sostenendo la sua indagine attraverso il sapiente utilizzo di diverse fonti, tutte appartenenti al vasto contenitore della letteratura religiosa. Il lettore ritroverà in ognuna di queste virtù gli stessi ideali riconosciuti da altre tradizioni religiose, quei valori comuni indispensabili sia a una convivenza serena tra le diverse fedi, sia a un reale confronto con il mondo secolare.
Questo libro offre un nuovo approccio alla storia del mondo islamico dalle origini ai giorni nostri. Il volume, diviso in sei capitoli disposti cronologicamente, fornisce una visione illuminante della cultura materiale prodotta dall'Africa occidentale al Sudest asiatico attraverso arte e manufatti, popoli e luoghi. Dalle opere pre-islamiche ai capolavori creati durante i grandi imperi, fino agli oggetti realizzati ancora oggi, questa vasta indagine traccia l'evoluzione di diverse civiltà all'avanguardia per le loro idee filosofiche e scientifiche e la loro produzione artistica e letteraria, analizzando una grande quantità di tesori culturali. L'ampio spettro dei temi trattati è arricchito da splendide riproduzioni di oggetti artistici o d'uso quotidiano, tra i quali ceramiche, gioielli, metalli lavorati, calligrafie, abiti, strumenti scientifici e musicali, monete, manoscritti illustrati. Un tesoro di raffinati prodotti della cultura materiale che getta nuova luce sul mondo islamico passato e attuale, permettendo una visione globale sui popoli e le società accomunate dalla piú influente religione del mondo. Con i contributi di Ladan Akbarnia, Venetia Porter, Fahmida Suleman, William Greenwood, Zeina Klink-Hoppe, Amandine Mérat.
Quando l'allora presidente americano Barack Obama si recò in visita al Cairo nel 2009, nel pronunciare un discorso rivolto ai musulmani di tutto il mondo replicò un errore compiuto da un'infinità di politici prima di lui: dare per scontata l'esistenza di un'unica comunità musulmana globale. Tuttavia, come Cemil Aydin dimostra in quest'originale ricostruzione, ritenere che un miliardo e mezzo di musulmani costituisca un'unica entità politico-religiosa comporta un grave fraintendimento storico. Come nacque questa convinzione e perché è così diffusa? "L'idea di mondo musulmano" individua le origini intellettuali di una nozione errata e ne spiega la persistente fascinazione esercitata sia sui musulmani sia sui non musulmani. Concepita come antitesi alla civiltà cristiana occidentale, l'idea di mondo musulmano comparve verso la fine del XIX secolo, allorché gli imperi europei dominavano su gran parte di quelle popolazioni. Fin dall'inizio alla sua base vi furono le teorie della supremazia bianca, ma gli stessi musulmani contribuirono alla sua definizione. Aydin evidenzia il ruolo giocato dagli intellettuali musulmani nell'immaginare e delineare una società panislamica idealizzata, che confutasse le tesi dell'inferiorità razziale e di civiltà rispetto all'Occidente. Dopo aver svolto un ruolo fondamentale nella politica del Califfato ottomano, questa concezione sopravvisse alla decolonizzazione e alla Guerra Fredda, acquisendo un rinnovato vigore alla fine del XX secolo. L'idea di mondo musulmano, centrale sia per le ideologie islamofobe sia per quelle panislamiche, continua a stringere l'immaginario globale in una morsa che sarà necessario allentare, al fine di avviare un confronto più proficuo riguardo alla politica del mondo e delle società contemporanee.
"Ho suddiviso il libro in dieci capitoli, affrontando gli aspetti più importanti della fede e della pratica islamica. Necessariamente, questi temi sono strettamente connessi, e i capitoli spesso si riferiscono ad argomenti correlati (ad esempio il Corano è rilevante in ogni capitolo). Il lettore acquisisce, man mano che procede nella lettura, una conoscenza sempre più ampia e approfondita su questa grande e complessa religione. Ogni capitolo si basa sul precedente e quello finale offre una visione attentamente ponderata ed equilibrata sul dibattito del XXI secolo circa l'islam. I musulmani e la loro fede costituiscono un fattore rilevante nel mondo odierno e questo capitolo consente al lettore di comprendere in che modo il contesto storico dell'Islam abbia un'influenza sia sui musulmani che sui non musulmani, e cosa questo significhi per il rapporto tra Islam e Occidente, sia oggi sia in futuro." (C. H.)
La storia delle Crociate è nota, eppure è una storia spesso raccontata a metà, perche si basa quasi esclusivamente su fonti occidentali. Questo saggio intende considerare secondo una nuova, più equilibrata, prospettiva gli scontri fra musulmani e cristiani durante il Medioevo su tutte le sponde del Mediterraneo musulmano. Trattate come parte attiva della relazione dinamica tra gli stati islamici medievali e le società che vanno dalla Spagna all'Iran, le Crociate vengono dunque lette non soltanto come un episodio esotico, ma come parte integrante della storia della civiltà islamica stessa. Intrecciando la prospettiva tradizionale e il punto di vista dei musulmani medievali, le Crociate emergono come qualcosa di completamente diverso dalla pretenziosa retorica delle cronache europee: diventano un gioco degli scacchi diplomatico da padroneggiare, un'opportunità commerciale da cogliere, un incontro culturale che ha plasmato le esperienze musulmane ed europee fino alla fine del Medioevo e, come spesso è accaduto, una contesa politica sfruttata da ambiziosi governanti che fecero un uso astuto del linguaggio del jihad.
La nascita dell'islam è stata l'oggetto di crescenti controversie negli ultimi anni. In Maometto e le origini dell'islam, testo semplice e sintetico, Fred Donner offre una visione lucida e originale sulla prima evoluzione dell'islam. Egli argomenta e sostiene in maniera convincente che l'islam non emerse come una religione nuova e subito consapevole della sua novità, ma che le sue origini vanno ricercate in quello che definisce il "movimento dei Credenti". Fu Maometto a dare inizio a questo movimento di riforma religiosa ispirato a un puro monoteismo e che includeva, nei suoi primi anni, cristiani ed ebrei virtuosi. La consapevolezza che i musulmani costituissero una comunità religiosa separata, decisamente distinta da cristianesimo e giudaismo, avrebbe preso forza, secondo l'attenta ricostruzione di Donner, quasi un secolo più tardi, quando la comunità dei credenti musulmani stabili che solo coloro che vedevano nel Corano la rivelazione finale del Dio Unico e in Maometto l'ultimo dei profeti ne potessero fare parte. Da quel momento i "Credenti" divennero i "musulmani".
Scritta nell'XI secolo, L'Epistola del perdono di al-Ma'arri è un testo satirico di prima grandezza, una narrazione vivissima e teatrale. L'aldilà che vi è descritto è popolato di letterati pedanti, ipocriti adulatori, furbetti e furbastri che si aggirano tra angeli inverosimili e vergini a dimensione variabile secondo il desiderio dei beati. La satira di al-Ma'arri si rivolge sia agli uomini, in particolare agli eruditi ambiziosi e ai poeti maldestri, sia più in generale alle rappresentazioni popolari del Paradiso islamico. Poeta coltissimo, uno dei più grandi intellettuali della sua epoca, al-Ma'arri lascia trasparire, sotto l'ironia, una domanda di senso accompagnata da un messaggio teologico dirompente: il perdono divino è più grande di quanto si creda. Per essere ammessi in Paradiso può bastare una buona azione nella vita; per un poeta, un vero buon verso in mezzo a tanti fasulli. Questa prima traduzione italiana fa scoprire un libero pensatore dei suoi tempi, una delle più grandi figure della cultura araba di ogni epoca.
Contributi di Luca Patrizi
A cura di Roberto Tottoli
Illustrazioni di Marco Campedelli
Traduzione di Roberto Tottoli
Scritto nell'VIII secolo, il Muwatta' è il più antico trattato di legge islamica.
Fin che il Profeta stesso era in vita, non c'era bisogno di una legge musulmana sistematizzata, sia perché la sua autorità in merito era assoluta, sia perché i confini politici del mondo musulmano non si estendevano oltre la penisola arabica, dove vigevano norme consuetudinarie omogenee. Ma dopo la sua morte da un lato viene a mancare la sua autorità carismatica e dall'altro l'Islam si diffonde rapidamente in territori multietnici, dove le tradizioni giuridiche erano molto differenti. Di qui la necessità di raccogliere una casistica in grado di coprire un'ampia gamma di attività umane, molte delle quali non venivano trattate nello stesso Corano. Nascono così, fra VIII e IX secolo, varie scuole giuridiche, ma il primo vero «manuale pratico» di legge islamica è questo di Malik ibn Anas, che anche dal titolo (muwatta' significa «cammino reso piano », «percorso agevolato») si propone come uno strumento da utilizzare per districarsi nella complessità dei problemi, insomma, per l'appunto, un manuale.
L'enorme fortuna di questo libro ha attraversato il mondo islamico e il Muwatta', qui tradotto per la prima volta in italiano, è tuttora il testo base della legge islamica in gran parte del Nord Africa.
Un libro fondamentale per capire in profondità la cultura islamica, affondando nelle sue più antiche origini, al di là della disinformazione che spesso domina in questo campo.
Il sufismo, la corrente mistica della religione islamica, è celebre per la sua associazione con la danza sufi, rituale praticato in molte confraternite e famoso in Occidente grazie agli spettacoli dei "dervisci roteanti", e con gli scritti del poeta e mistico sufi Jalal al-Din Rumi. Obiettivo principale di William C. Chittick, tra i più importanti studiosi della materia, è dare un contributo alla corretta conoscenza del sufismo, troppo spesso assimilato a una generica spiritualità di stampo New Age. Ricorrendo a numerose citazioni dai testi dei maggiori autori sufi del periodo classico, l'autore fa "parlare la tradizione da sé", poiché "ogni tentativo di comprendere il sufismo nel suo contesto richiede di considerare le modalità attraverso cui esso si è espresso, e non semplicemente le inter-pretazioni formulate secondo una prospettiva contemporanea". Il libro si caratterizza per la rigorosa impostazione scientifica e i numerosi riferimenti a fonti arabe e persiane e intende offrire al lettore un'esposizione chiara e attendibile delle origini di questo movimento religioso, dei suoi principi basilari e dei suoi insegnamenti, nonché del suo ruolo nel mondo contemporaneo. Facendo frequente riferimento alle opere dei massimi esponenti della tradizione classica sufi, il volume si rivela uno strumento indispensabile per chiunque si interessi al sufismo, dal pubblico più generale agli studenti e agli specialisti.
Il terzo volume di "Le religioni e il mondo moderno" è dedicato al rapporto tra Islam e modernità. Si tratta di un tema oggi al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica occidentale per una serie di motivi troppo noti per insistervi, i cui effetti in ogni caso toccano sempre più i vari paesi europei. Anche se il confronto dell'Islam con la modernità è ben più antico e meritevole di adeguati approfondimenti e di un'adeguata contestualizzazione storica, la centralità che questo confronto ha assunto nel villaggio globale negli ultimi trent'anni spiega la scelta, a differenza dei due volumi precedenti, di privilegiare una "storia presente" di questi rapporti.