A Tokyo, nei primissimi anni Novanta - gli anni della «bolla» immobiliare -, impazzano i procacciatori d'affari e crescono i grattacieli. Non dappertutto, però. Nella zona di Shinjuku ci sono soprattutto alberghi a ore in rovina e gatti. Nel cuore di Shinjuku c'è Goldengai, un gruppo di isolati che risale ai «tempi caotici del dopoguerra», con più di duecento piccoli bar l'uno accanto all'altro. È un mondo di ruderi e lanterne colorate quello in cui si aggira Yama, aspirante sceneggiatore, autore di quiz per la televisione, daltonico. Quando entra per la prima volta al Kalinka, un localino stretto e lungo dove i clienti abituali ingannano il tempo facendo scommesse sui gatti che faranno capolino alla finestra, Yama si ritrova in una «enciclopedia illustrata del genere umano». Gomito a gomito, al bancone bevono un bassista rock, una dominatrice di un club sadomaso, un regista, un «pornoredattore», un ex carcerato, un uomo vestito di paillette. Dietro il bancone lavora Yume, che arrostisce spiedini e peperoni. Come molti dei suoi clienti, Yume sembra un po' sfasata: ti guarda con un occhio solo, non sorride mai, e sembra sapere molte cose sui gatti del quartiere. Intrigato dal mistero - dove si incontrano, Yume e i gatti? -, combattuto tra la perenne sensazione di smarrimento e gli impulsi creativi, Yama cerca di trovare una strada che faccia per lui. Lungo il cammino si metterà nei guai col suo datore di lavoro, si cimenterà nella poesia, si lascerà cullare dalle luci di Goldengai. E, proprio quando sentirà sbocciare un fiore dentro di sé, vedrà un luogo magico scivolare via come sabbia, portandosi dietro una ragazza dagli occhi sfuggenti e forse un'intera epoca della vita.
Una giovane donna francese, Esther Azoulay, si presenta al Tribunale rabbinico di Tel Aviv per denunciare colui che l'ha ingannata impedendole di unirsi in matrimonio con l'uomo che ama. Una storia intima e dolorosa che diventa l'occasione per trasmettere un nuovo, inaspettato messaggio di pace, e trasforma l'ultima opera di Yehoshua in un estremo testamento civile e politico. Ingannando la giovane Esther Azoulay, guidandola verso una conversione non necessaria, il rabbino Eliahu Modiano ha sabotato il suo progetto di matrimonio con David Mashiah. Secondo le norme del diritto ebraico, proprio a causa di questa conversione, la loro unione è proibita e i loro figli non sarebbero ammessi con il padre al servizio sacerdotale nel Terzo Tempio. Benché la tradizione ebraica ortodossa preveda che il Terzo Tempio sorga in corrispondenza di quello precedente distrutto dai Romani nel 70 d.C., ovvero sull'attuale spianata delle moschee, Esther, donna, straniera e convertita, sottopone al Tribunale un'idea sorprendente che potrebbe cambiare le sorti d'Israele prima ancora delle proprie: «Fuori dalle mura della città vecchia, modesto, umile, tra la Tomba di Assalonne e la valle della Geenna. Un Tempio che non interferisce né minaccia con la sua architettura nessun altro luogo santo. Seppur modesto, questo Tempio assumerà un ruolo drammatico e rivoluzionario». Una proposta che salverebbe il suo matrimonio, e che nasconde un profondo messaggio di pace per uscire dalla spirale di violenza che insanguina quella terra. Fino alla fine Abraham Yehoshua ha sognato che arrivasse quel momento, il momento della pace: una pace attesa e desiderata come la venuta di un nuovo Messia.
La saga criminale dei Wadia. Party dove l'eccesso è la regola, abiti di uno splendore sfacciato, auto di lusso. Sesso. È tutto grandioso, tutto disponibile, basta accettare la legge della famiglia Wadia. Ora, anche a causa di una donna, questo mondo può finire. «La risposta indiana a "Il padrino"» (The Guardian). Sono amati da alcuni, odiati da molti, temuti da tutti. I Wadia controllano trasporti, miniere, zuccherifici. Ma è con la speculazione edilizia che stanno consolidando il loro impero. Ora però le proteste di chi viene sfrattato montano e il «Delhi Post» sta indagando per fare esplodere lo scandalo. Grazie al carisma e alla determinazione, Neda è riuscita a insinuarsi nella cerchia di Sunny Wadia, il rampollo destinato a prendere in mano le redini della famiglia. Ma invaghirsi di una giornalista come lei è una debolezza che a Sunny potrebbe costare molto cara. Il compito di scongiurare la rovina spetterà ad Ajay, ragazzo di origini poverissime, autista, tuttofare, guardia del corpo e, all'occorrenza, vittima sacrificale.
Alice ha scritto due romanzi di enorme successo, ma per trovare compagnia deve andare su Tinder. Eileen, la sua amica, lavora per una rivista letteraria, però non ci paga l'affitto. Simon ama da sempre la stessa donna, ma da sempre ne frequenta altre. Felix passa in birreria il tempo libero dal lavoro di magazziniere, ma la sua è soltanto una fuga. Alice, Eileen, Simon e Felix si parlano, si fraintendono, si deludono e si amano e, mentre attraversano il cerchio di fuoco dei trent'anni, si chiedono se esista davvero, al di là, un mondo bello in cui sperare.
Il volume presenta una sintetica introduzione alla filosofia politica attraverso i concetti, i problemi e le principali teorie. Nel testo vengono presentate tre fondamentali paradigmi del pensiero politico: il paradigma della polis (Platone e Aristotele), quello del contratto sociale (Hobbes, Locke, Rousseau, Kant), e quello della dialettica fra stato e società (Hegel, Marx, Constant, Tocqueville e Mill). Accanto ai tre fondamentali paradigmi vengono presentati alcuni concetti politici ancora oggi fondamentali: libertà e liberalismo, socialismo e democrazia, delineando una panoramica delle principali opzioni teoriche, da Rawls a Habermas, che si contendono il campo nella discussione contemporanea di filosofia politica.
Non possiamo capire la storia del mondo dopo il 1945 se non prendiamo atto di come i popoli e le comunità siano stati influenzati a livello di mitologie condivise, costumi e modi di vivere. Dalla Guerra fredda al '68 e all'emergere delle culture giovanili, dal crollo del muro di Berlino all'affermarsi delle lotte di genere, dall'esplosione del turismo internazionale ai drammatici flussi migratori contemporanei, questo saggio delinea i tratti fondamentali della cultura negli ultimi ottant'anni, concentrandosi su fenomeni e tendenze capaci di espandersi al punto di rivestire un significato mondiale. Nonostante la globalizzazione sembri ormai un dato di fatto, non tutte le identità e specificità culturali e sociali sono andate scomparendo. Culture globali mostra infatti come nei decenni scorsi le specificità nazionali e locali emergenti e le forme più diverse di controcultura si siano diffuse e intrecciate e abbiano resistito alle continue pressioni tese all'omologazione e al conformismo culturale. È così che, all'inizio del XXI secolo, anche in seguito alle recenti difficoltà dell'economia e della politica internazionale, nonché al trionfo dei nazionalismi e delle rivendicazioni autonomistiche, il mondo appare complessivamente caratterizzato dalla diversità più che dall'omologazione, meno integrato, meno democratico e meno tollerante rispetto al recente passato.
«Cominciamo dal nome, Velarus. Lo scelse quella scema di mia madre. L'idiota che era mio padre non si oppose, e così fu». Sullo sfondo della ricca e fin troppo operosa provincia del Nord Italia, la sfrenata tragicommedia di un ragazzino con una famiglia di disgraziati. Il padre e la madre di Velarus non sono quel che si dice due tipi amorevoli. Del resto come potrebbero esserlo dei faccendieri sempre in viaggio, sempre attaccati al telefono, sempre impegnati a comprare e a vendere. Anche la nascita di un figlio è per loro una semplice transazione. Solo che poi non hanno né il tempo né la voglia di occuparsene, preferiscono scaricare l'impiccio su uno strampalato tassista e sulla sua altrettanto bizzarra moglie infermiera. Così il bambino viene lasciato in custodia un po' a chi capita: comincia per lui una lunga teoria di «affidamenti». Tutto questo, però, produce nel piccolo uno strano fenomeno fisico, qualcosa di davvero eccezionale. Ed ecco che nella testa dei genitori guizza l'idea di combinare l'ennesimo affare della vita, il più redditizio. A quel punto, la vendetta di Velarus prende il via.
L'Italia ha imparato a comprendere la sua scuola in termini che le sono profondamente ostili. È questo il lascito di don Milani. E sta qui il nucleo di un equivoco che accompagna il nostro discorso educativo dagli anni Settanta in avanti. Ebreo convertito al cristianesimo e prete in odio alla borghesia, che nella Chiesa aveva aperto un'aspra polemica in nome dei poveri, don Milani sembrò incarnare una potente richiesta di cambiamento. In una maniera che ha qualcosa di profondamente ironico, tuttavia, la cultura pedagogica italiana ha finito per restare impigliata nelle stesse contraddizioni in cui si dibatteva il suo eroe. Il fatto è che don Milani, figura del nuovo, sarebbe rimasto fedele fino alla fine all'antico, al messaggio di Cristo e alla Chiesa. E a ben vedere anche a una idea di borghesia come classe di cultura. A pensarci è sorprendente come una figura così complessa, piena di tante cose, ambigua, contraddittoria e indubbiamente carica di fascino sia stata poi ridotta al figurino senza spessore del pedagogismo nostrano. L'ideologia che nel nome di don Milani pretende di bandirne il messaggio finisce così per imprigionare il prete a Barbiana ma svuota contemporaneamente Barbiana di ogni significato.
Donato Giannotti nacque a Firenze nel 1492, pochi mesi dopo la morte di Lorenzo il Magnifico. Benché molto piú giovane, conobbe Machiavelli e ne fu amico. Fu segretario della Repubblica di Firenze tra il 1527 e il 1530, prima del ritorno degli odiati Medici. Dopodiché emigrò esule in Veneto e poi a Roma, dove morì nel 1572. Scrisse tre volumi sulla corretta istituzione di un governo repubblicano: Della Republica Fiorentina (1538), il dialogo Della Republica de' Vinitiani (1540), che ebbe molto successo, concludendo la trilogia con la trattazione Della Republica Ecclesiastica (1541), scritta su richiesta del cardinale Niccolò Ridolfi, suo protettore, e letta solo da pochi amici fidati per timore delle autorità ecclesiastiche. Una copia manoscritta di quest'opera è stata ritrovata recentemente e viene qui pubblicata per la prima volta. Dunque il volume è un inedito assoluto. L'importanza di questo testo consiste già nel fatto di essere la prima storia della Chiesa scritta da un laico. Ma, oltre a questo, sono i contenuti dell'ultimo capitolo a sorprendere e a far sì che il libro sia destinato a diventare un fondamentale oggetto di studio per gli storici. Lì infatti Giannotti, all'alba del Concilio di Trento, enuncia la sua proposta politica: e cioè spostare l'autorità politica della Chiesa dal papa al Collegio dei cardinali, sulla falsariga del rapporto fra doge e Senato nella Repubblica di Venezia.
La Grande crisi globale iniziata nel 2007 non ha nulla di naturale; piuttosto, è dipesa dalla risposta sbagliata al rallentamento dell'economia. Luciano Gallino ha condotto un documentato lavoro di spiegazione strutturale delle sue cause che la ricostruisce nei termini di una crisi del capitalismo. Crisi economica e crisi ecologica sono considerate da Gallino le manifestazioni più appariscenti della crisi del modo di strutturare l'economia, la politica, la cultura e la comunità delle società del pianeta intero, cui egli si riferisce nei termini di una (sola) civiltà-mondo sviluppatasi negli ultimi decenni. Il volume conduce nell'esame di numerose dinamiche concausali, e non solo concomitanti, delle crisi della civiltà-mondo. Sono qui raccolti temi e analisi sviluppati da Luciano Gallino in Finanzcapitalismo (2011), Il colpo di Stato di banche e governi (2013) e Il denaro, il debito e la doppia crisi (2015). La selezione e il coordinamento dei testi sono stati curati da Paola Borgna.
Questo libro racconta l'appassionante storia del nostro moderno mondo materiale. Se il consumismo è spesso descritto come una recente e peculiare invenzione americana, questa analisi ampia e dettagliata dimostra come si sia invece trattato di un fenomeno internazionale, con una storia molto piú lunga e complessa. Frank Trentmann descrive l'influenza del commercio sui gusti, in che modo beni esotici quali il caffè, il tabacco, il cotone e le porcellane cinesi conquistarono il mondo, ed esplora i fenomeni legati alla crescente domanda di oggetti per la casa, vestiti alla moda e le numerose altre comodità che hanno trasformato la nostra vita pubblica e privata. Nell'Ottocento e nel Novecento sono comparsi i grandi magazzini, le carte di credito e la pubblicità, ma anche il consumo consapevole e nuove identità generazionali. Osservando il presente e il futuro, Trentmann prende infine in considerazione le sfide globali imposte dall'inarrestabile e ubiquo accumulo di cose - compresi sprechi, debiti, stress e ineguaglianze.
Molto è stato scritto sulla Resistenza e sulla guerra di liberazione in Italia. Ma che cosa accadde ai partigiani dopo l'aprile 1945? Come vissero realmente gli anni del dopoguerra e della rinascita del Paese coloro che la Repubblica avrebbe celebrato come i nuovi eroi della patria, martiri del secondo Risorgimento nazionale? Dal 1948 e fino ai primi anni Sessanta, nelle aule di giustizia della nuova Italia democratica va in scena un «Processo alla Resistenza», destinato ad avere un forte impatto mediatico. Assassini, terroristi, «colpevoli sfuggiti all'arresto». Così la magistratura del dopoguerra, largamente compromessa col regime fascista, giudica quei partigiani che hanno combattuto una guerra clandestina per bande, tra il 1943 e il 1945. Giudizio condiviso dalla stampa e da gran parte dell'opinione pubblica italiana, che si accompagna a una generale riabilitazione di ex fascisti e collaborazionisti della Rsi, autori di stragi e crimini contro i civili, costretti a «obbedire a ordini superiori». Attraverso carte processuali e documenti d'archivio inediti, Michela Ponzani ricostruisce il clima di un'epoca, osservando i sogni, le speranze tradite e i fallimenti di una generazione che pagò un prezzo molto alto per la scelta di resistere. Cosa resta della Resistenza nella Repubblica? Rimosso dalla memoria collettiva, il «Processo alla Resistenza», celebrato nelle aule di giustizia dopo il 1945, anima per decenni il dibattito mediatico, plasmando distorsioni, manipolazioni, miti e luoghi comuni «antiresistenziali», in una serie di polemiche a posteriori. La messa sotto accusa dell'antifascismo finisce col ribaltare ragioni e torti, meriti e bassezze, valori e disvalori. Coloro che hanno combattuto contro nazisti e fascisti si trasformano in pericolosi fuorilegge, colpevoli di aver attentato al bene della patria (esposta all'invasione angloamericana e ai tragici effetti delle rappresaglie, scatenate dall'occupante tedesco) e di aver messo a repentaglio la sicurezza nazionale, difesa invece fino alla fine dai combattenti di Salò. Assassini, vigliacchi, terroristi, «colpevoli sfuggiti all'arresto». Sulla base di questi termini (utilizzati dalla stampa degli anni Cinquanta) la magistratura del dopoguerra, quasi sempre compromessa col regime fascista, giudica quei partigiani che hanno combattuto una guerra per bande. Mentre ex fascisti e repubblichini, autori di stragi e crimini contro civili, vengono assolti, riabilitati e persino graziati per aver «obbedito ad ordini militari superiori» o per la loro natura «di buoni padri di famiglia», i partigiani sono giudicati responsabili delle rappresaglie scatenate dai nazifascisti, per non essersi consegnati al nemico.