Ambientato nei dedali dei ghetti, nelle case o nei retrobottega, ma anche nei luoghi più ufficiali del commercio o alla sala Borsa, «Storielle ebraiche» rappresenta il felice esito del lavoro di raccolta di Raymond Geiger, folklorista del primo Novecento; mosso dalla convinzione che esistesse un'essenza dell'"umorismo ebraico", Geiger andò direttamente alla fonte, ascoltando centinaia di storie della variegata comunità aschenazita europea e d'oltreoceano. Ne emerse un irresistibile campionario di aneddoti sparsi. Tratti distintivi di questa psicologia collettiva sono la tendenza alla grassa ironia, il desiderio di conoscere e discutere di qualsiasi cosa, lo smaliziato ottimismo e lo sguardo impietoso che non risparmia nessuno, soprattutto se stessi. Sono, queste, storielle che più di qualsiasi saggio riescono a sintetizzare una tradizione orale ricca quanto volatile, impresa riuscita anche grazie al loro essere distillate, brevissime e cariche di quello humour unico, caustico e sornione, tipico della cultura ebraica.
Uomini empi e pagani scacciano Dio dai loro templi provocandone la furia e la vendetta, per poi chiedergli invano il perdono. Solamente una donna, Rachele, riesce a far ascoltare la propria voce. Attraverso il racconto della sua storia di moglie paziente, protettrice dei figli, simbolo della perseveranza, ella ricorda al Signore i propri infiniti patimenti e come, in nome della misericordia divina, abbia saputo perdonare. Un giovane pellegrino vuole incontrare a ogni costo il Messia, di cui ha così tanto sentito parlare. Sfiancato dal lungo viaggio per raggiungere Gerusalemme, trova rifugio in una casa dove una donna lo tenta e lo fa ritardare nel suo cammino. Intanto sulla collina Ponzio Pilato ha già preparato la croce per compiere il crimine più celebre della Storia... Così Stefan Zweig, con questi due racconti dal titolo "Racchele litiga con Dio" e "Il pellegrinaggio", mostra le due facce della fede: la tolleranza e la crudeltà, il peccato e la pia pazienza, l'attesa eterna e la tracotante incostanza.
Ambientato nella Polonia degli anni Trenta, questo sorprendente romanzo narra l'incontro tra un giovane ebreo e uno storico antisemita, Pan Viadomsky, il quale afferma di essere la reincarnazione di un ufficiale di Ponzio Pilato. Prende cosi il via un'insolita ricostruzione della vita di Gesù, compiuta attraverso la voce dello storico Viadomsky, quella del giovane ebreo, nel quale si sarebbe reincarnato Giovanni, allievo di Nicodemo, e un frammento del perduto Vangelo di Giuda Iscariota. Alternando con grande abilità due diversi piani temporali - la Palestina antica e la Varsavia su cui si allungano le ombre cupe dell'antisemitismo - Sholem Asch riuscì a creare un'opera tanto ambiziosa quanto rischiosa. Lui, ebreo praticante, pubblico il romanzo nel 1939 alle soglie della Seconda guerra mondiale, come richiamo alla riconciliazione religiosa di fronte all'intolleranza e alle persecuzioni dilaganti in Europa. "Il Nazareno", accolto con favore da parte del pubblico ma anche con molte opposizioni, tra cui quella della comunità ebraica che lo accusò di fare propaganda al Cristianesimo, fu seguito da altri due romanzi, in un'ideale "trilogia cristiana": nel 1943 "L'apostolo" (Castelvecchi, 2013) e nel 1949 "Maria".
Amiche da sempre, Kate e Babà, le "ragazze di campagna" protagoniste dell'omonimo romanzo di Edna O'Brien, sono diventate donne, ormai. Lasciata Dublino, cercano a Londra quella vita emozionante che sembra loro impossibile nella sonnolenta, bigotta e repressiva Irlanda. Ma una volta arrivate, a parte qualche invito a cena e qualche incontro con personaggi mediocri, la monotonia prende il sopravvento e nel giro di poco tempo finiscono entrambe sposate con uomini non all'altezza delle loro aspettative. Intrappolata nella sua grigia casa di periferia con un marito ancor più tetro e sempre più freddo, Kate continua a inseguire il suo ideale dell'amore vero. Babà, intanto, ha i suoi problemi con un matrimonio di facciata, che si esprime attraverso la volgarità di una ricchezza esibita e priva di qualsiasi spessore. Per entrambe è arrivato il momento di fare le proprie scelte andando incontro al destino. Alternando capitoli in terza persona che seguono la parabola di Kate a capitoli in cui è Babà a raccontare la propria versione con tagliente ironia e incrollabile pragmatismo, "Ragazze nella felicità coniugale" (terzo capitolo della trilogia dopo "Ragazze di campagna" e "La ragazza dagli occhi verdi") è il racconto lucido e commovente di cosa significhi davvero diventare adulti e scontrarsi con l'amarezza della vita.
Nella Russia della metà del Quattrocento, il piccolo Arsenio, rimasto orfano, vive con il nonno e un lupo in un'izba in prossimità di un bosco e di un cimitero. Lì apprende dal vecchio i segreti delle erbe e di altri preparati medicinali, una conoscenza che ne farà in futuro un medico leggendario. Una volta adulto, però, viene segnato drammaticamente dalla morte per parto della donna amata, Ustina, alla quale non riesce a portare nessun aiuto. Disperato e in cerca di redenzione, il protagonista parte per un viaggio fatto di privazioni e sofferenze, durante il quale subisce numerose metamorfosi, cambia nome e si mette al servizio del popolo flagellato dalla grande peste, lasciando dietro di sé numerosi episodi di guarigioni miracolose. Ormai vecchio, riverito dalla gente e dalla Chiesa, ritorna nel suo villaggio con l'appellativo di Lauro, il "giusto", per affrontare quella che si rivelerà la sfida più difficile della sua esistenza.
Sono passati loti anni da quando Ida, ambiziosa e bellissima, ha sceso per la prima volta i trenta gradini del music-hall che avrebbe consacrato il suo successo. Ora, i suoi impresari vogliono provare il nuovo numero senza veli di una ballerina americana agli esordi. Quel corpo giovane riporta Ita ai tempi dei suoi difficili passi suasa scena, quando era solo una ragazza povera in terra straniera. La lunga gavetta, poi il successo, la fama, la ricchezza, e un segreto tenuto nascosto perfino a se stessa, un episodio terribile che torna con tutta la sua forza al momento di entrare in scena, nell'atto di fragilità estrema.
Tre racconti inediti sulla nostalgia, l'egoismo e l'illusione di vivere. Il racconto "Un amore in pericolo" fu pubblicato il 22 febbraio del 1936 su "le Figaro littéraire". Irène Némirovsky mise in scena il rammarico delle cose perdute, i momenti felici che sempre, e per sempre, svaniscono. Per Sylvie, in punto di morte, il senso della perdita si tinge d'una interrogazione morale: dove vola il pensiero nell'ora fatale, incerto tra il pentimento e il rimpianto? All'ansietà dolorosa di un lungo amore o alla breve convulsione di un momento di piacere? Il suo dilemma servirà all'autrice tre anni più tardi per l'ossatura del romanzo "Due". Un delicato studio filosofico sulle età della vita è invece lo spartito del secondo racconto, "Un giorno d'estate", in cui Irène Némirovsky abbatte uno scandaglio sull'adagio solipsistico che accompagna e scocca le ore delle vite umane ("Ciascuno vede solo se stesso"), ma devia poi su un piano chimico, biologico, ineluttabile: l'indifferenza universale della natura, l'incessante mormorio dell'esistenza, "Io, io, io". Quello stesso egoismo che sembra ispirare la madre del giovane assassino e il procuratore incaricato di condurne il processo, protagonisti dell'ultimo racconto, L'inizio e la fine, apparso sul settimanale "Gringoire" il 20 dicembre del 1935. Quell'egoismo che nella prima, per paura della morte, scatena una difesa insensata, e al secondo, col mero tramite di una fredda requisitoria, fornisce l'illusione di vivere.
La famiglia Demestre si riunisce ogni domenica a casa della vecchia madre Anna. Anche stavolta intorno alla tavola apparecchiata siedono Alain, Augustin, Albert con le loro moglie i figli, e Manette, ancora senza marito. Tutti sono impegnati a celare le preoccupazioni e i sentimenti che li animano, ma è impossibile non percepire l'atmosfera di freddezza, disprezzo, ipocrisia e invidia provocata dalla decisione di Alain di sacrificare il suo matrimonio per seguire l'amante in Malesia. I fratelli sono contrari e le loro reazioni mostrano quanto tra loro non ci sia una vera unione, né comprensione, né amore: nessuno vuole aiutarlo, nessuno vuole farsi carico delle conseguenze di una simile decisione e l'essere fratelli sembra essere più un peso che un valore. Sarà la prospettiva della morte a dare un senso al legame di sangue e a unire, volenti o nolenti, questi "stranieri" tra loro.
Gravemente disabile, da cinquant'anni Desirée trascorre la vita in un letto d'ospedale. Anche se non può camminare e non riesce più a parlare, è dotata di un'intelligenza eccezionale e, con l'aiuto di un computer e di un dottore, con cui negli anni si è instaurato un particolarissimo rapporto sentimentale, ha imparato a comunicare con il mondo estemo, ottenendo straordinari risultati nello studio della fisica quantistica. Col tempo, grazie all'insistenza del medico, la donna è anche riuscita a ricostruire la sua storia: la mamma l'ha abbandonata alla nascita e, dopo la morte del marito, ha poi adottato tre bambine che ignorano l'esistenza di questa quarta sorella molto speciale. Sì, perché Desirée è una "Strega d'aprile" e come tale possiede la straordinaria capacità di uscire con la mente dal proprio corpo, una dote che ha usato finora per seguire la vita della madre e di quelle che considera delle intruse che hanno rubato un'esistenza destinata a lei. Ma adesso è arrivato il momento della resa dei conti. Un giorno le tre sorelle ricevono una lettera misteriosa che le costringe a rivedere il proprio passato e il presente, mettendo in moto una complessa rete di ricordi, rimpianti e scontri che porteranno a un finale sconvolgente.
Nel giugno del 1865, durante un viaggio in compagnia della sua amante, Charles Dickens rimane coinvolto in un incidente ferroviario, in seguito al quale incontra un sinistro personaggio di nome Drood che cambierà per sempre la sua vita. Il racconto degli avvenimenti che seguirono è affidato al suo migliore amico ed eterno rivale, Wilkie Collins, autore di libri come "La donna in bianco" e "La pietra di luna", che viene coinvolto in una serie di indagini nell'underworld di Londra, attraverso sotterranei oscuri e misteriosi, colonie umane di derelitti, fumerie d'oppio clandestine, pratiche di mesmerismo e sette segrete. Quando Drood sembra avvicinarsi alle loro ricerche, egli viene messo da parte da Dickens, il quale comincia a mostrare segnali inquietanti di cambiamento. Come se non bastasse, anche Collins inizia ad avere visioni inspiegabili, allucinazioni, un senso costante di minaccia. Provato fisicamente e mentalmente ma avvinto da questo gioco mortale, Collins si dibatte tra la paura della follia e il dubbio che tutto faccia parte di un diabolico piano della creatura che si fa chiamare Drood. Centrato sulle figure di due degli scrittori inglesi più influenti della modernità, è un romanzo storico-letterario sul mistero dell'ultimo omonimo romanzo rimasto incompiuto di Dickens, un inquietante racconto sovrannaturale e un'indagine psicologica sui recessi più oscuri della mente umana. Un'opera ambiziosa nella produzione narrativa di uno dei maestri contemporanei del romanzo americano.