«Irène Némirovsky non apparteneva alla categoria degli scrittori che, nel dedicarsi alla corrispondenza, si sentono osservati dalla posterità» osserva Olivier Philipponnat nella prefazione a questo volume. E tuttavia, aggiunge, le sue lettere fanno parte a pieno titolo dell'opera letteraria, soprattutto perché ci consentono di scoprire una voce più intima, più autentica, diversa da quella che abbiamo imparato ad amare nei romanzi e nei racconti - sorprendente. Se le prime, le lettere delle années folles, ci restituiscono l'immagine di una ragazza vivace e spensierata che, pur legata alle sue origini russe (e al ricordo della tragedia a cui ha assistito), approfitta golosamente di tutto quello che Parigi e la Francia possono offrirle - e che non perde l'ironia nemmeno quando si sente malinconica, arrivando a chiedersi: «Pene di cuore o indigestione di astice?» -, in quelle degli anni Trenta scopriamo la romanziera brillante e determinata, sia nei rapporti con gli editori che nei confronti della critica. Con lo scoppio della guerra, l'occupazione nazista e le leggi antiebraiche, vediamo crescere in lei l'angoscia, la collera, la disillusione - e leggeremo con un nodo in gola la lettera con cui affida le figlie alla governante, elencando i beni di cui disfarsi per provvedere al loro sostentamento, e l'ultima, scritta al marito subito prima della deportazione ad Auschwitz.
«Irène Némirovsky» ha scritto Pietro Citati «possedeva i doni del grande romanziere, come se Tolstoj, Dostoevskij, Balzac, Flaubert, Turgenev le fossero accanto e le guidassero la mano». Per tutti coloro che dal 2005 (anno della pubblicazione di "Suite francese" in Italia) hanno scoperto, e amato, le sue opere, questo libro sarà una sorpresa e un dono: perché potranno finalmente leggere la «seconda versione» - dattiloscritta dal marito, corretta a mano da lei e contenente quattro capitoli nuovi e molti altri profondamente rimaneggiati - del primo dei cinque movimenti di quella grande sinfonia, rimasta incompiuta, a cui stava lavorando nel luglio del 1942, quando fu arrestata, per poi essere deportata ad Auschwitz. Una versione inedita, e differente da quella, manoscritta, che le due figlie bambine si trascinarono dietro nella loro fuga attraverso la Francia occupata, e che molti anni dopo una delle due, Denise, avrebbe devotamente decifrato. Qui, nel narrare l'esodo caotico del giugno 1940, e le vicende dei tanti personaggi di cui traccia il destino nel suo ambizioso affresco - piccoli e grandi borghesi, cortigiane di alto bordo, madri egoiste o eroiche, intellettuali vanesi, uomini politici, contadini, soldati -, Némirovsky elimina tutte le fioriture, asciuga e compatta; non solo: ricorrendo alla tecnica del montaggio cinematografico, limitandosi a «dipingere, descrivere», sopprimendo ogni riflessione e ogni giudizio, conferisce a questo allegro con brio un ritmo più sostenuto - e riesce a trattare la «lava incandescente» che ne costituisce la materia con una pungente, amara comicità.
Con questa raccolta di testi inediti torna l'acclamata autrice di Il ballo e David Golder. Nel volume, in esclusiva in Italia, lo sconvolgente capitolo ritrovato di "Suite francese", il romanzo che nel 2004 strappò la scrittrice dall'oblio dopo la morte ad Auschwitz. Racconti, appunti, bozze, critiche teatrali, il confronto-scontro fra teatro e cinema e lo spietato saggio su una delle figure centrali della sua opera, quella degli effimeri «re di una notte», gli alchimisti di Levante, capaci di trasformare ogni affare in oro e subito dopo in polvere.
La piccola Gabri vive in una quotidianità caotica e priva di affetto, girovagando per le strade di Parigi con la sorellina Michette e nutrendo un sotterraneo rancore per la madre Francine, animo volubile e civettuolo, completamente concentrato su di sé e i propri amanti. Quando, però, la sorte colpisce Gabri con un'inaspettata fortuna e, al tempo stesso, la più grande delle tragedie, la sua vita viene del tutto sconvolta: da bambina scostante e riservata, si trasforma in una ragazza affascinante e piena di vita. Poco alla volta, la giovane si prenderà le sue piccole rivincite sino ad arrivare alla partita finale con la nemica di sempre. Pubblicato a Parigi nel 1928, La nemica si configura come un'aspra caricatura dell'infanzia della scrittrice e del rapporto con la madre Fanny, un intreccio di vendetta e cupe passioni che si incontreranno in molti romanzi successivi, da Jézabel a Il vino della solitudine.
Irène Némirovsky (1903-1942)
Nata a Kiev nella famiglia di un ricco banchiere ebreo, trascorre un'infanzia agiata e solitaria a San Pietroburgo, prima di trasferirsi, con la Rivoluzione d'Ottobre, in Finlandia e, poi, in Francia A Parigi si laurea in lettere alla Sorbona e si dedica completamente alla scrittura, componendo tutte le sue opere in francese. Nel 1926 sposa l'ingegnere ebreo russo Michel Epstein, mentre al 1929 risale il suo primo romanzo di successo, David Golder. Benché la su attività di scrittrice fosse ampiamente apprezzata e riconosciuta, la Némirovsky non ottiene mai la cittadinanza francese e alla fine degli anni '30 si avvicina alla fede cattolica. Vittima delle leggi razziali insieme al marito, non riesce più a pubblicare se non sotto pseudonimo. Mentre si trova con la famiglia a Issy-l'Eveque, viene arrestata e deportata ad Auschwitz, dove viene uccisa il 17 agosto 1942; la stessa sorte spetta a Michel Epstein qualche mese dopo. Le figlie Denise ed Elisabeth riescono a salvarsi e a portare con sé una valigia piena di documenti e manoscritti della madre: solo decenni dopo Denise si ritrova tra le mani i primi due volumi di un capolavoro incompiuto, Suite francese.
«Suite francese» è il titolo dei primi due "movimenti" di quello che avrebbe dovuto somigliare a un poema sinfonico di Irène Némirovsky, composto da cinque parti, di cui solo le prime due sono state completate e pubblicate. La prima parte, «Temporale di giugno», racconta l'esodo di massa dei francesi che, all'arrivo delle truppe naziste, si sono spostati con figli, vecchi, malati e intere case caricate su veicoli di fortuna. Il secondo pezzo, «Dolce», è ambientato in una piccola città della campagna francese, Bussy, nei primi mesi, stranamente tranquilli, dell'occupazione tedesca e narra di due donne: la vedova Angellier e sua nuora, che si innamora di un giovane ufficiale tedesco.
«Suite francese», ultimo capolavoro di Irène Némirovsky, incompiuto, fu pubblicato in Francia solo nel 2004 e ha permesso al grande pubblico internazionale di conoscere una donna straordinaria e una grande scrittrice rimasta in ombra per molto tempo. Nelle intenzioni dell'autrice, «Suite française» doveva essere una "sinfonia in cinque movimenti" sull'epopea vissuta dal popolo francese sotto l'occupazione tedesca. Purtroppo, i "movimenti" furono solo due: «Tempesta in giugno» e «Dolce», due romanzi che raccontano l'uno, la fuga dei parigini mentre in città stanno per arrivare i tedeschi; l'altro, il drammatico rapporto tra una donna francese e un ufficiale tedesco. L'arresto e la deportazione ad Auschwitz impedirono alla Némirovsky di completare la sua sinfonia. A «Suite francese» è legato anche un piccolo mistero: come ha potuto salvarsi dalla furia nazista che volle, con la solita precisione e meticolosità, distruggere tutto quello che apparteneva a Irène e alla sua famiglia?
Grazie a una fotografia, un soldato francese scopre che la sua vittima tedesca è in realtà il fratellastro. Il senso del racconto di guerra emerge cristallino: quando si uccide qualcuno al fronte, senza saperlo si uccide un fratello.
«Un Julien Sorel all'epoca della crisi»: così venne presentato, alla sua comparsa nelle librerie francesi, il protagonista di questo romanzo. Come l'eroe di Stendhal, Jean-Luc Daguerne non ha che un desiderio: «afferrare il mondo a piene mani», diventare uno di quelli che gestiscono il potere e gli affari. Per riuscirci accetterà di essere umiliato, di mentire, di adulare, di fare il doppio gioco, e persino di tradire il suo unico vero amico. Finché scoprirà che il patto faustiano non è che una beffa: «Il successo, quando è lontano, ha la bellezza del sogno, ma non appena si trasferisce su un piano di realtà appare sordido e meschino».
Antoinette ha quattordici anni e vive con i genitori a Parigi. La sua è una famiglia dalla ricchezza improvvisata, gretta e ipocrita: il padre, senza scrupoli, è riuscito ad accumulare una fortuna; la madre, frivola e arcigna, sogna un giovane amante che la faccia sentire ancora viva. Desiderosi di essere accettati a pieno titolo dall'alta società parigina, i signori Kampf decidono di organizzare un gran ballo nella loro lussuosa dimora. Ma ad Antoinette viene vietato di partecipare, anzi, la madre trasforma la sua stanza nel bar, obbligandola a dormire per quella notte in uno sgabuzzino: non può accettare che la figlia, nel fiore dell'età, oscuri il suo debutto in società. E per questo la giovane decide di vendicarsi con uno smisurato e istintivo gesto di ribellione che avrà conseguenze crudeli, drammatiche e irresistibilmente grottesche. Un classico breve e perfetto, scritto in uno stile essenziale, ricco dell'ironia fulminante e mordace che ha fatto di Irène Némirovsky una dei più grandi e amati narratori del Novecento.