Agenda quotidiana del 2024 che propone: le letture liturgiche (secondo il rito romano); il Santo del giorno (privilegiando le giovani chiese, i/le martiri, i missionari e missionarie); le giornate mondiali e nazionali più significative; uno spunto quotidiano di meditazione sul vangelo del giorno; una "parola della missione" al giorno, ossia: un termine chiave dell'evangelizzazione, o una citazione dal magistero, oppure di missionari e teologi diversi, o un flash storico, o un libro; ampio spazio per le annotazioni personali; i contatti di tutti i centri e uffici missionari diocesani e delle strutture missionarie della chiesa italiana.
«Beati i poveri», dice Gesù. Ma la Bibbia chiede anche giustizia per gli ultimi e riscatto per gli oppressi. Dunque, la povertà è faccenda benedetta o maledetta? I poveri li avremo sempre con noi, afferma il vangelo: ma è un destino ineluttabile per alcuni non raggiungere un decente livello di vita?
In queste pagine, ricche di riferimenti biblici e di sapienza umana, Erio Castellucci ci aiuta a distinguere tre povertà diverse: una da scegliere, e si chiama sobrietà; una da combattere, per ottenere equità; e una da riscattare, per raggiungere la fraternità. Anche la chiesa è chiamata in causa: le sue ricchezze possono esistere solo per costruire condivisione, non per affermare prestigio o potere.
Il rapporto tra fede e denaro deve svilupparsi dentro una prospettiva evangelica, alla scuola di maestri come Francesco d’Assisi. «Ricordarsi dei poveri» significa non attaccarsi ai beni materiali, alla «roba», individualmente e come comunità, ma aprirsi alla fraternità. In definitiva, vuol dire «andare incontro a quei poveri che ci salveranno, perché risveglieranno in noi le energie migliori».
«La conversione economica è una delle più faticose. Oggi la testimonianza dei cristiani si gioca in buona parte sul rapporto con i beni» Erio Castellucci
Cos’è il cristianesimo? «Non è un accessorio per il nostro stile di vita o un po’ di collante sociale – risponde Timothy Radcliffe in questo libro –. È la pazza follia di essere raggiunti da un amore infinito. Sennò, non è niente». Paradossalmente, questo spesso viene travisato della fede cristiana: la si pensa come un insieme di precetti morali, quando invece costituisce l’annuncio della bontà di Dio per ogni persona. A questo, del resto, tendono i fondamentalismi e i populismi: operare una riduzione del fatto cristiano a scopo politico.
In queste pagine, dense di sapienza e di un confronto appassionato con la cultura, Radcliffe ci conduce al cuore della verità cristiana. In questo viaggio raggiungiamo una vetta da due strade diverse, complementari ma non alternative: quella della verità e quella del dialogo. L’autore ci presenta modelli di proclamazione del vero come Óscar Romero; ci fa conoscere testimoni di quell’approccio che esalta la differenza: un nome fra i tanti, Pierre Claverie.
E se «la rivelazione è un avvenimento, una cosa che accade», ai cristiani tocca testimoniarla nella gioia, il tratto distintivo di chi ha conosciuto Gesù: «Se il XXI secolo sarà più laico del precedente, allora la gioia sarà la prima cosa che la gente dovrà vedere in noi e in tutti coloro che annunciano il vangelo».
L'autore conduce un raffronto tra il Santo d'Assisi e papa Bergoglio, cogliendo il principale punto di contatto tra i due nella missione di "restaurare la Chiesa". Da teologo ma usando un linguaggio accessibile, Boff risale nella storia per far risaltare la novità di "Francesco di Roma", che per lui si esprime con il termine "rottura". Guardando poi al presente e all'avvenire, enuclea le linee principali della sua azione pastorale incentrata sui poveri e i sofferenti - e auspica un nuovo Concilio ecumenico.
L'umiltà non è una virtù per deboli, ma l'unico cammino possibile per creare comunione con gli altri, con sé stessi e con Dio. Non è un sentimento innato, esige invece un continuo lavoro su di sé, fatto di autoesame e perfino di "autoaccusa", per porsi in rapporto con gli altri in posizione di servizio e non di superiorità.
Alcuni anni fa, parlando ai fedeli della sua diocesi di Buenos Aires, il futuro Papa Francesco sceglie di commentare un testo di un Padre della Chiesa, Doroteo di Gaza, e scrive questa profonda, a tratti vibrante, meditazione sulla virtù dell'umiltà.
Un piccolo, grande e prezioso libro che ci introduce alla spiritualità di Francesco, il pontefice della semplicità, al suo amore per la tradizione della Chiesa e alla sua cura per un'interiorità della persona sempre più umanizzante. Enzo Bianchi offre una sua attualizzazione del testo di Doroteo per i nostri giorni sulla scia dell'insegnamento di Papa Francesco.
Per il peccato esiste il perdono. Per la corruzione, no. Questa ha bisogno, prima di tutto, di essere curata.
Possono stupire queste parole in bocca a Jorge Mario Bergoglio, già arcivescovo di Buenos Aires, oggi Papa Francesco. La sua disamina morale, non moralistica, è perentoria: la corruzione non rappresenta una somma di peccati, per quanto gravi, e neppure uno dei tanti vizi del cuore.
È un male qualitativamente diverso. Il corrotto non si rende conto del proprio stato. Diventa contagioso per la società. La corruzione è una ragnatela che tende a espandersi. Imponendo complicità.
La corruzione costituisce l'erba cattiva del nostro tempo. Infesta la politica, l'economia, la società. Minaccia anche la Chiesa.
Su questo cancro morale, che ha avviluppato l'Argentina (e che affligge anche il nostro paese), l'allora cardinale di Buenos Aires offre qui una riflessione sferzante, che va alla radice del fenomeno facendo parlare la sapienza delle Sacre Scritture.
Per concludere con un invito eloquente: "Ci farà bene tornare a ripeterci l'un l'altro 'Peccatore sì, corrotto no!'".