La nostra epoca è segnata dal forte ritorno delle religioni nello spazio pubblico. La teoria della secolarizzazione («più» modernità = «meno» fede) si è rivelata errata. Berger, un tempo sostenitore di quel paradigma, non ha timore ad ammettere lo sbaglio: l'osservazione della realtà lo porta ad affermare che oggi non viviamo in un'età secolare ma in quella del pluralismo. Le fedi sono compresenti a livello planetario: gli Hare Krishna ballano davanti alle cattedrali gotiche d'Europa, il cristianesimo si diffonde nella Cina confuciana, l'America Latina (un tempo uniformemente cattolica) vive un'esplosione di presenza protestante, la regina Elisabetta si proclama «difensore di tutte le fedi nel Regno Unito». Al contempo i credenti sono immersi nella propria epoca vivendo in prima persona il pluralismo in quanto persone sia religiose sia secolari. Ma cosa significa il fatto che il pluralismo è il paradigma della condizione spirituale moderna? In che modo le istituzioni religiose ne vengono condizionate? Cosa succede alla fede in questo contesto? Questo libro risponde con lucidità a tali domande. Berger intreccia un'impareggiabile competenza accademica con la sapida capacità di indagare i fatti propria dell'uomo curioso di capire.
Se la dimensione comica evoca sempre un mondo distinto da quello ordinario, essa rappresenta una sospensione della quotidianità che apre squarci verso una realtà "trascendente". È questa la tesi, eretica quanto suggestiva, che Berger avanza in questo libro, il cui fascino risiede ancor più nella disinvoltura con cui il discorso è nutrito di insospettati reperti letterari, aneddoti esilaranti, sofisticate facezie. Tutto congiura, in queste pagine, a insinuare l'idea che se un paradiso esiste, dev'essere un luogo dove si ride, dove approderanno gli scampati all'inferno della mancanza di humor e al purgatorio della seriosità.
"Nel 2009 mi chiesero di tenere una conferenza a Budapest. Su quale argomento? A mia libera scelta. Una cosa che detesto. Non sono un missionario e non mi va di fare sermoni a Budapest. Una possibilità, dissero, era quella che chiamavano ego-histoire". Un'autobiografia? No, piuttosto il resoconto di una carriera intellettuale: i problemi studiati, le persone incontrate, le vicende capitate. Pensai che sarebbe stato divertente. E così fu: non solo mi divertii a fare la conferenza, ma anche il pubblico sembrò divertirsi molto. Tornato a casa, mi misi a scrivere un libro. Questo libro". In cui si parla di un soldato riluttante prima, e finto psicoterapeuta poi, che finisce casualmente per diventare sociologo, passando dal Greenwich Village al profondo Sud degli Stati Uniti, dalla Germania postbellica al Messico, dall'Estremo Oriente al Sudafrica, araldo di un'inedita "globe trekking sociology". Uno spirito sempre giovane e irriverente ci suggerisce le avventure possibili in una vita all'insegna della curiosità mai paga.
Questo saggio è un esercizio di microsociologia del sapere che evidenzia la capacità dell'istituzione di generare "nomos" condiviso. Con il matrimonio due estranei costruiscono un universo simbolico condiviso e convalidato che li farà diventare persone diverse e che li aiuterà a trovare il loro posto nel mondo.
Scetticismo e professione di fede non sono, per Berger, in contraddizione: "Il mio ragionamento è scettico perché non presuppone la fede e non si sente vincolato da nessuna delle tradizionali autorità in materia di fede: la Chiesa infallibile, la Scrittura infallibile o un'irresistibile esperienza personale. Nondimeno, il mio ragionamento sfocia in una professione di fede cristiana, per quanto eterodossa. Naturalmente il lettore sarà libero di non seguirmi in questa conclusione". Peter L. Berger compie un "esercizio di teologia laica" che interpella le coscienze di credenti e non credenti.
"Mio padre, accanito raccontatore di barzellette, mi incoraggiò a intraprendere quest'arte più o meno nel periodo in cui andavo all'asilo... Prima o poi questo libro doveva essere scritto". Così Berger, quasi scusandosi, spiega l'origine del suo ultimo, singolare lavoro. In particolare, egli si scusa con i librai, immaginandone le angosce nel decidere dove collocare il volume: nello scaffale dell'umorismo, della religione o della sociologia? Senza contare che la parte sulla comicità ebraica potrebbe suggerire la sezione Ebraismo, la difesa di Oscar Wilde la sezione Omosessualità... La tesi di fondo è: la dimensione comica, evoca sempre un mondo distinto da quello ordinario, operante secondo regole differenti.