La Mostra, ?Preti al cinema. I sacerdoti e l?immaginario cinematografico?, organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo diviene l?occasione per questo catalogo di circa un centinaio di fotografie, selezionate dalla Fondazione in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia in grado di illustrare e ripercorrere i cambiamenti e le evoluzioni della figura del prete nella storia del cinema.
Friedrich Wilhelm Murnau (1888- 1931), considerato uno dei più grandi autori della storia del cinema, è stato tra i principali protagonisti dell'intensa stagione del cinema di Weimar. Nonostante una filmografia assolutamente eclettica per generi e temi affrontati, nella sua opera prende forma un discorso sulla visione e sull'organizzazione della forma tra i più incisivi dell'intera stagione del muto, che attraversa tanto il cinema europeo che i modelli del film hollywoodiano. Un'immaginazione creativa totalizzante e un controllo di tutte le componenti della messa in scena che trova nelle atmosfere gotiche di Nosferatu il vampiro (1921), negli innovativi movimenti di macchina messi a punto in L'ultimo uomo (1924), e nella composizione plastica di Faust (1926), Sunrise (1927) e Tabù (1931), alcuni degli esiti più alti della storia delle forme filmiche. Rielaborando il lavoro di figurazione sul paesaggio del cinema scandinavo degli anni Dieci alla luce della tradizione pittorica del romanticismo tedesco, fondendo la lezione del teatro di Max Reinhardt con alcuni motivi e suggestioni dell.espressionismo, Murnau elabora un progetto di formalizzazione radicale dell.inquadratura che si muove tuttavia sullo sfondo di un sensualismo della visione e di una più generale malinconia della natura in cui le sue immagini sembrano dissolversi.
All'origine di questo volume sta un convegno, il XIII Convegno Internazionale di Studi Cinematografici Tertio Millennio". All?origine di quel convegno stava un'idea: sia che il dispositivo teorico preesistesse alla possibilità della sua esistenza concreta, sia che, invece, sia stata la messa in collezione di una serie di scoperte e invenzioni a far nascere il cinema, dopo la comparsa dell'"immagine in movimento" il mondo non è stato più lo stesso. " Mentre s'inizia a comprendere la ricchezza estetica ed espressiva del cinema, mentre i diversi ambiti disciplinari tentano nuove alleanze per dar conto, retrospettivamente, dello shock" cinematografico, il cinema, forse è già finito. Che senso avrebbe dunque chiedersi cosa sia, oggi, il mondo "nell'era della sua riproducibilità tecnica"? La risposta è che se forse il cinema come dispositivo materiale storicamente definito sta esaurendo la sua traiettoria, il cinema come organum dell'emozione e del pensiero è appena all'inizio. "
Dai grandi blockbuster che invadono le sale alle forme più marginali di prodotti presenti solo su Internet, dalle forme di riscrittura dei testi audiovisivi ai commenti dei cinefili della rete, dal fansubbing al marketing creativo, dal Machinima alle strategie di produttori e distributori, dalle questioni sul downloading ai nuovi pubblici creativi. Tutto questo, e ancora altro, è il cinema oggi. Accanto a un'ampia ricerca sui pubblici, il libro cerca di offrire uno sguardo analitico sui tanti e diversi aspetti che compongono il mondo dei rapporti fra cinema e Internet. Un'analisi fatta di tanti carotaggi" su un terreno vasto e accidentato. Un primo sguardo su un panorama affascinante e intrigante. Come sempre, quando si parla di cinema. "
Sui sentieri dell'immaginazione, il testo coniuga un.operazione della fantasia con un auspicio dell'esistenza reale, la poiesis con la praxis, la fabula con la vita. Allo scopo, tralasciando l.immaginario poetico del post-mortem e quello consolatorio-fideistico di certi linguaggi religiosi, gli autori si mettono in dialogo con Paul Ricoeur, uno dei grandi Maestri che hanno attraversato e occupato la scena del XX secolo fino a un recente passato. In questa ottica, da una parte viene letto il problema filosofico-esistenziale della vita fino alla morte; dall'altra vengono discusse le modalità con cui il mondo dell'arte e, in particolare, del cinema esplorano i vissuti dell'uomo di fronte all'annuncio, all'imminenza, all'angoscia della morte. Nei due casi, si tratta di un interrogativo che suscita i più vari atteggiamenti, dal tentativo mediatico di esorcizzarla, fino al discuterne per coglierne i tratti, nel tentativo di assumerla con consapevolezza e senza terrore. Il lavoro è diviso in tre parti: La vita fino alla morte; Il regno dell.immagine; Testimonianze. Ciascuna accoglie un saggio di Ricoeur, quasi a rendere visibile il dialogo degli autori con il Maestro in un confronto ermeneutico in cui al di là del dialogo faccia a faccia con l'autore, di questi si fa esperienza soltanto nella lettura della sua opera. È lo spazio di iniziativa del pensare a partire da, che gli autori del presente testo assumono con serietà e impegno, come lo stesso argomento richiede.
Raccontare l'anticonformismo intelligente di Rodolfo Sonego, uno dei maestri della commedia all'italiana, è quello che si cerca di fare in questo libro, risultato di un percorso ventennale di studi sullo sceneggiatore. La particolare ironia con la quale Sonego ha affrontato la figura dell'italiano medio, di cui Alberto Sordi è stato l.interprete più eloquente, è frutto anche del sodalizio nato nel 1954 tra lo sceneggiatore bellunese e l'attore romano. La fusione di due caratteri antitetici ma compatibili, ha permesso una descrizione coraggiosa e anticonformista della società italiana prima e dopo il boom economico. Seguendo una linea diacronica, il libro fonde vita e opere di Sonego, un viaggiatore del mondo e dell'animo umano, un antropologo innato che unendo umanismo e scienza alla sua innata curiosità, ha saputo descrivere, attraverso l'osservazione costante dell'individuo e la semplicità disarmante di uno stile narrativo privo di sovrastrutture ingombranti, la genesi e lo stato attuale dei mali che affliggono la nostra società contemporanea.
Questo libro raccoglie i materiali prodotti in occasione del XII Convegno Internazionale di Studi Tertio Millennio che nei giorni del 2 e del 3 dicembre 2008 ha animato il Cinema Sala Trevi di Roma. Il Convegno si è svolto nell?ambito della contestuale edizione del Tertio Millennio Film Fest. Fedeli alla tradizione del festival - che da anni costruisce il suo palinsesto formulando ipotesi di lettura della complessità del mondo contemporaneo - ci siamo interrogati su quale potesse essere la prospettiva migliore per dar conto non tanto del cinema sul o del presente quanto piuttosto di quel cinema che interroga la contemporaneità e che da essa si fa interrogare.
La produzione cinematografica di Pier Paolo Pasolini è percorribile per più vie, che a volte si presentano come impervi sentieri, altre come vere e proprie strade maestre: se non esaustiva, è certamente di grande rilievo quella segnata dall?interesse per la dimensione del sacro, lungo cui si muove il presente volume. Da posizioni spesso provocatorie, Pasolini ha affrontato quello che lui stesso definiva il momento religioso dell?umanità" in due periodi contigui ma distinti della sua opera degli anni Sessanta: il primo lo vede intrecciare significative relazioni con il mondo cattolico, o meglio con la sua ala progressista; il secondo risalire alle radici stesse del sacro in quanto fondamento aconfessionale di ogni espressione religiosa. "
La «Rivista del Cinematografo» rappresenta, nel panorama dell?editoria cinematografica italiana, un caso unico per longevità, dal momento che attraversa ottanta anni della storia italiana. Il volume presenta una storia della rivista volta a comprendere quali idee di cinema emergano (e talora confliggano) sulle sue pagine negli anni, dalle origini del periodico ai nostri giorni. Il percorso cronologico diviene allora anche un percorso tematico, diviso in ampie e articolate aree di problemi distinte e insieme interrelate.
Ingmar Bergman (1918-2007) è stato sceneggiatore, regista teatrale e cinematografico, scrittore. Il suo lungo itinerario audiovisivo ha attraversato il cinema classico e moderno, in un percorso originale e multiforme, instancabilmente orientato a cogliere nel dispositivo cinematografico il mezzo privilegiato per dare visibilità alle contraddizioni, alle incertezze e alle epifanie dell'immaginario soggettivo. Tra i suoi film più importanti si ricordano: "Un'estate d'amore" (1951), "Il posto delle fragole" (1957), "Luci d'inverno" (1963), "Persona" (1966), "Il rito" (1968), "Sussurri e grida" (1972), "Fanny e Alexander" (1982) e "Sarabanda" (2003). Il volume rilegge e reinterroga l'intera produzione del grande autore svedese.
Il volume trae origine dal Convegno Identità e disgregazione (Roma 11-12/12/07) ma riconfigura tutto il lavoro svolto durante l'11ª edizione del Festival del cinema spirituale "Tertio Millennio", nel cui ambito il convegno si è svolto. Dopo una sezione introduttiva e un gruppo di testi dedicati a Aleksandra di Sokurov, presentato in anteprima italiana proprio a Tertio Millennio, il libro rilegge la questione dell'identità e della disgregazione in due percorsi e in alcuni film di recentissima produzione: da una parte, configurandola come una delle cifre di una postmodernità plurima e proteiforme quanto chiusa e violenta, in cui incontro, dialogo, scambio tra identità cedono il passo allo scontro, al disagio, alla segregazione dell'Altro; dall'altra, il tema è interrogato come la volontaria disgregazione dell'identità, come la progettata cancellazione dell'Altro, questione che attraversa tutto il secolo scorso, scandito dai suoi tragici conflitti, dagli eccidi di massa, dai genocidi. Il libro contiene un testo di Sokurov e un'intervista al filosofo M. Dascal.
Luis Buñuel, coetaneo del XX secolo, lo ha attraversato quasi per intero. Nella sua opera cinematografica, dal folgorante esordio di Un chien andalou (1929) a Quell'oscuro oggetto del desiderio (1977), l'ultimo e definitivo capitolo della sua vicenda creativa, si coniugano la componente onirica surrealista e il realismo visionario spagnolo di Goya. I film realisti di Buñuel (come Las Hurdes, Nazarín, Viridiana) contengono sempre immagini surreali, i film surrealisti puri (L'âge d'or, L'angelo sterminatore), forti elementi di critica sociale. Il surrealismo attraversa tutto il cinema buñueliano; emerge a tratti anche nelle produzioni di genere che il regista è costretto a girare nel suo esilio messicano. Quando, nella sua ultima stagione francese, è finalmente libero dai condizionamenti produttivi, Buñuel riprende i temi surrealisti dei primi film e, modulandoli diversamente, li inserisce in quegli straordinari racconti picareschi che s'intitolano: Bella di giorno (1967), La via lattea (1969), Tristana (1970), Il fascino discreto della borghesia (1972), Il fantasma della libertà (1974).