Quali competenze devono avere gli operatori sociali che si occupano di persone con problemi di dipendenza? Come possono affrontare questa "prima linea" dei servizi, per offrire una prestazione professionale adeguata ed efficace? Il loro compito non è facile. Si relazionano con persone che spesso non sono ben disposte al cambiamento, devono svolgere contemporaneamente il ruolo d'aiuto e quello di controllo, si confrontano con un quadro normativo complesso e mutevole. Senza dimenticare che anche il concetto stesso di dipendenza è in continua evoluzione. Questa guida pratica è un aiuto ai professionisti del servizio sociale impegnati nel campo delle dipendenze, tenendo presenti tutti i fattori che entrano in gioco: dal versante legale a quello del lavoro di rete; dalla conoscenza della natura e degli effetti delle sostanze stupefacenti all'assessment dei fattori di rischio individuali; dal lavoro con i gruppi alla progettazione di interventi di prevenzione e di promozione della salute. Un'attenzione particolare viene dedicata alla cura della relazione tra assistente sociale e cliente, soprattutto quando il fuoco delle interazioni è incentrato sul cambiamento comportamentale.
Che cos'è il male oggi? In che modo si può dire che le sue manifestazioni, le sue spinte, le sue modalità di aggredire il tessuto del mondo e delle persone che lo abitano si siano modificate? Zygmunt Bauman, uno dei più grandi pensatori viventi, già nel 1989, con "Modernità e olocausto", aveva riletto le atrocità del Terzo Reich sovvertendo l'opinione comune che si fosse trattato di un "incidente" della Storia e dimostrando che invece la "società dei giardinieri" illuministi (bene attenti a estirpare le "erbacce") aveva raggiunto con l'olocausto il suo risultato più esemplare. In questo libro Bauman compie un ulteriore decisivo passo avanti nell'identificazione del "male" ai giorni nostri. E lo fa con una ricognizione delle tesi fallaci che si erano affermate nel Novecento (dalla "personalità autoritaria" di Adorno alla "banalità del male" di Hannah Arendt) per mostrare poi, in un corpo a corpo con le opere di Jonathan Littell e di Günther Anders, che la presa di distanza dagli esiti dei nostri atti distruttivi (resa non solo possibile, ma obbligata, dalle mirabilia tecnologiche e dalla costrizione "diversamente morale" a non sprecare armi la cui produzione ha richiesto quantità esorbitanti di denaro) contribuisce a erodere la nostra sensibilità già gravemente indebolita, malcerta, afona.