Con una profondità senza precedenti, il film descrive una comunità buddhista zen che ha rinunciato a tutti i propri beni e si è votata a una vita di castità per uno scopo comune: trasformare la propria sofferenza e praticare l’arte della consapevolezza con l’aiuto del maestro famoso in tutto il mondo Thich Nhat Hanh. Questo documentario a tinte forti, le cui riprese a cavallo fra le strade degli Usa e un monastero nella campagna francese sono durate più di tre anni, è una riflessione su una comunità che si scontra con domande esistenziali e sulla routine quotidiana della vita monastica. Con il trascorrere delle stagioni, i monaci ricercano un rapporto sempre più profondo con se stessi, mentre il mondo circostante viene illustrato dai diari di Thich Nhat Hanh, con la voce di Benedict Cumberbatch.
Quarta di copertina
“È silenzioso e puro; contiene immagini e suoni che si traducono in una dimenticata concisione. Mi è piaciuto come i registi siano riusciti a catturare e trasmettere, cinematograficamente, lo stato a volte inspiegabile di essere risvegliato.” Alejandro González Iñárritu Con una profondità senza precedenti, il film descrive una comunità buddhista zen che ha rinunciato a tutti i propri beni e si è votata a una vita di castità per uno scopo comune: trasformare la propria sofferenza e praticare l’arte della consapevolezza con l’aiuto del maestro famoso in tutto il mondo Thích Nhâ’t Hanh. Questo documentario a tinte forti – le cui riprese a cavallo tra le strade degli Stati Uniti e un monastero nella campagna francese sono durate più di tre anni – è una riflessione su una comunità che si scontra con domande esistenziali e sulla routine quotidiana della vita monastica. Con il trascorrere delle stagioni, i monaci ricercano un rapporto sempre più profondo con se stessi, mentre il mondo circostante viene illustrato dai diari di Thích Nhâ’t Hanh, attraverso la voce di Benedict Cumberbatch. Nel booklet: Testi di Elisabetta Beccaria, Stefano Bettera, Adriana Rocco e Carolina Traverso.
Brunhilde Pomsel lavorò come segretaria, stenografa e dattilografa per il ministro della Propaganda nazista Joseph Goebbels. La vita della signora Pomsel è stata lo specchio delle grandi tragedie storiche del ventesimo secolo e di quanto accaduto in Germania successivamente. Oggi molti pensano che i pericoli della guerra e del fascismo siano stati ormai superati. Brunhilde Pomsel ci dice chiaramente che non è così. "A German Life" costringe gli spettatori a guardarsi in faccia e suscita domande inquietanti e senza tempo: cosa avremmo fatto al suo posto? Avremmo sacrificato i nostri principi per avanzare nella carriera? Come ci poniamo di fronte ai valori morali? Cosa significa rispetto per l'umanità?
Dal suo giardino soleggiato di Miami, Iggy Pop legge «Rester vivant: méthode», il saggio poetico che Michel Houellebecq ha scritto nel 1991, sul rapporto tra arte, sopravvivenza e follia, e dedicato a «tutti coloro che non ce la fanno più e che sono sul punto di mollare». In questo film esistenzialista ma venato da un tocco di humour surreale Houellebecq (e Iggy) invitano non solo i poeti, ma tutti coloro che si sentono stanchi della vita, «a tornare all'origine dell'esistenza, cioè alla sofferenza». Il regista e i coautori olandesi del film - Erik Lieshout, Arno Hagers e Reinier van Brummelen - riprendono Houellebecq nella cucina di casa dei suoi genitori, in compagnia di un gruppo di persone in cura per problemi psichiatrici che lo hanno ispirato nella scrittura del saggio. Iggy Pop raggiunge lo scrittore a Parigi, e lo sfida in un dialogo appassionato che invita ogni spettatore a evadere dalla gabbia dell'esistenza ordinaria e a spezzare la catena del dolore - anche se il prezzo da pagare per la liberazione è la solitudine. Nel booklet: curiosità e immagini dal film.
Ritmo Sbilenco è il risultato del Laboratorio di Alta Formazione di OffiCine (un progetto IED-Istituto Europeo di Design e Anteo spazioCinema) dove una troupe di studenti ha affiancato una troupe di film-maker professionisti per realizzare il primo docufilm su Elio e le Storie Tese. Una sorta di “versione deluxe” dei filmini che si facevano da piccoli, che conserva, quindi, anche un valore affettivo oltreché rappresentare un modo per documentare come lavora un complesso all’inizio del ventunesimo secolo. E che ci fa scoprire certi momenti meno conosciuti come, per esempio, le piccole prove individuali che si fanno dietro le quinte per prepararsi prima di uscire sul palco. Non un reportage musicale, né un lavoro costruito su materiali d’archivio ma un backstage, non solo musicale, che racconta anche lati inaspettati delle loro vite: dalla partecipazione al Festival di Sanremo al tour nei grandi palazzetti dello sport. Un viaggio in compagnia delle persone che compongono gli Elio e le Storie Tese e non solo degli artisti.
"S Is For Stanley" è la storia di Emilio D'Alessandro, autista personale di Stanley Kubrick. D'Alessandro conobbe fortuitamente Kubrick a Londra nel 1971, questi lo volle come suo autista personale e con lui instaurò un legame di amicizia profondissimo coronato nel 1999 da una serie di omaggi che il cineasta gli fece nel suo ultimo film, "Eyes Wide Shut". Lo fece recitare in un cameo, diede il suo nome al bar in cui va Tom Cruise, "assunse" la moglie e la figlia Marisa come comparse. Un'amicizia che ha attraversato trent'anni di vita. Vincitore del David di Donatello 2016 come miglior documentario.
"Peggy Guggenheim. Art Addict" è un documentario sulla vita dell'icona dell'arte Peggy Guggenheim diretto da Lisa Immordino Vreeland, già regista di "Diana Vreeland. L'imperatrice della moda". È basato sulla biografia di Peggy, ereditiera della famiglia Guggenheim che finì per diventare una figura centrale del movimento dell'arte moderna. Attraversando gli sconvolgimenti culturali del ventesimo secolo, collezionò non solo opere d'arte, ma anche artisti. La sua pittoresca storia personale include figure quali Samuel Beckett, Max Ernst, Jackson Pollock, Alexander Calder, Marcel Duchamp, così come innumerevoli altri. Nonostante le delusioni che caratterizzarono la sua vita privata, rimase sempre fedele alla propria visione e mise insieme una delle più importanti collezioni di arte moderna, ora gelosamente custodita nel suo palazzo veneziano. Il film è una sintesi della migliore arte del ventesimo secolo e della vita libertina e iconoclasta di una delle donne più potenti del mondo dell'arte.
Come è accaduto che un uomo, un cattolico-nazionalista della classe media, potesse diventare l'ideatore ed esecutore delle strategie che portarono allo sterminio di milioni di ebrei, comunisti e rumeni? Da dove nasce questa ideologia? Come vedeva se stesso, e come era visto in privato, dalla moglie Margarete, dalla figlia Gudrun e dalla amante Hedwig? Come è stato possibile che l'uomo che tanto elogiava le cosiddette virtù tedesche, come l'ordine, la decenza e la bontà, quando scriveva a casa, nel bel mezzo della guerra e dell'Olocausto, affermasse: "Malgrado tutto il lavoro, sto bene e dormo bene"? Come può un uomo diventare un eroe ai propri occhi ed essere uno sterminatore di massa agli occhi del mondo? Attraverso centinaia di lettere private, documenti, diari e fotografie, il film tratteggia una biografia da un punto di vista inedito e svela i pensieri nascosti, gli ideali, i piani, i segreti del comandante delle SS, l'architetto della Soluzione Finale: Heinrich Himmler.
Niccolò Ammaniti, dopo aver scritto romanzi diventati film, decide di raccontare con le immagini e sceglie il documentario. "Io racconto storie inventate dalla prima all'ultima parola. In questo caso, andando dietro la macchina da presa, quello che mi interessava fare era l'opposto: raccontare il nostro paese, gli anni settanta, attraverso lo sguardo obliquo di chi li ha vissuti e ora vive lontano." Lo scrittore usa il suo talento e la sua sensibilità per narrarci tre storie di italiani che partiti come hippie per l'India hanno trovato lì il senso della loro esistenza.
"Salinger" di Shane Salerno prova per la prima volta a raccontare la storia di un uomo che nascondendosi nei boschi del New Hampshire per oltre mezzo secolo ha espresso il rifiuto della fama e della celebrità, droghe che tutto il resto del mondo cercava con sempre maggiore frenesia. Un cammino tra i frammenti di una vita, ricostruita dalle testimonianze di amici e parenti, impreziosito da un vero e proprio finale a sorpresa. Come una gemma silenziosa scoperta scavando in cinquant'anni di rumore e speculazioni.
Il primo agosto del 2008 venticinque alpinisti attaccano il K2, la montagna più pericolosa del mondo: undici di loro non tornano indietro, vittime di una vetta che storicamente uccide un uomo su quattro tra quelli che cercano con coraggio di conquistarla. Come in un thriller, "The Summit K2" ricostruisce la dura e commovente cronaca di quella giornata, un viaggio nella passione di uomini e donne che sfidano i ghiacci e rischiano la vita per passare pochi attimi senza ossigeno su una cima che proietta la sua ombra sulle nuvole. Come puoi continuare a scalare nonostante la morte di un compagno? Che cosa ti spinge ad andare in vetta anche se sai che è troppo tardi, anche se sai che un tuo caro è rimasto indietro? Il libro "La montagna delle montagne" a cura di Francesca Baiardi, pp. 80. La tragedia del 2008 sul K2 rivive attraverso le testimonianze dei superstiti Marco Contortola e Pemba Gyalje Sherpa, e nelle analisi della guida alpina Maurizio Gallo e di Graham Bowley, autore del libro inchiesta che raccoglie le voci di tutti gli alpinisti coinvolti nella spedizione. Nel volume, oltre a un punto sulla delicata situazione sull'alpinismo degli 8.000 in Pakistan, un doveroso omaggio a Walter Bonatti, con una rara intervista di Enzo Biagi al grande alpinista scomparso nel 2011 e il racconto della controversa conquista italiana del K2 nel 1954.
In "Woody", documentario-intervista ricchissimo di materiale inedito, le battute ci sono tutte, e ci sono fatti e misfatti di uno dei più grandi autori del Novecento, forse l'unico che è stato capace di esorcizzare la paura della morte suscitando l'unica reazione umanamente possibile di fronte ai grandi interrogativi della vita: una genuina, liberatoria risata. Perché non bisogna aver paura della morte, basta solo non esserci quando arriverà.