Diciottenne appena uscito dal liceo, Karl Ove Knausgård va a vivere in un piccolo villaggio di pescatori nell'estremo Nord della Norvegia, sul circolo polare artico. Lo attende il suo primo lavoro da insegnante, anche se Karl Ove non mostra grande interesse per la professione. Il suo obiettivo è mettere da parte i soldi per viaggiare e trovare spazio e tempo per dare avvio alla sua carriera di scrittore. All'inizio tutto sembra andare bene: nascono i primi racconti, la bizzarra gente del posto è interessante e riceve lusinghiere attenzioni da diverse ragazze. Ma quando le lunghe notti polari cominciano a oscurare il meraviglioso paesaggio, la vita di Karl Ove prende un'altra piega. Le storie che scrive tendono a ripetersi, beve sempre di più e i suoi tentativi di perdere la verginità finiscono in umiliazione e vergogna, fino all'attrazione proibita per una giovanissima allieva. E lungo la strada riemergono gli anni del liceo e le radici dei suoi problemi. Tutto, sempre, all'ombra del padre.
"La bella scrittura" è un condensato delle ferite lasciate dietro di sé dalla Guerra civile spagnola: i tradimenti, i cambi di casacca, l'illegittimità della ricchezza accumulata in quegli anni, ma anche le sofferenze, la lotta per la dignità degli sconfitti. E soprattutto l'illegalità. La terribile illegalità su cui è stata costruita la società franchista e postfranchista. Attraverso la storia di una famiglia come tante e un meccanismo narrativo preciso, implacabile, Rafael Chirbes smaschera l'indicibile baratto che fu proposto agli spagnoli: il benessere in cambio dell'ideologia, o meglio, il denaro in cambio della verità.
Oggi, almeno una volta nella vita, ci si trova di fronte a prolungati periodi di "singletudine". A volte si è sole da sempre, altre si è reduci da storie importanti, altre ancora ci si accontenta di incontri magari frequenti, ma di poco conto. A un certo punto, però, è inevitabile mettersi in discussione: "Perché sono sola?", "Perché non riesco a trovare la persona giusta per me?". Interrogativi che possono rivelarsi straordinariamente utili se ben canalizzati. E invece spesso si rischia di reagire al vuoto affettivo nel modo sbagliato, mettendo a tacere i propri bisogni affettivi e trincerandosi dietro una solitudine solo apparentemente protettiva, oppure riprovandoci con una persona non adatta a noi. Questo libro si rivolge a chi vuole chiudere questa fase di "singletudine" non a qualsiasi prezzo, ma cercando piuttosto di farne una grande opportunità di crescita e cambiamento. Conoscersi a fondo avrà, infatti, un impatto decisivo sui nuovi percorsi affettivi. L'autoesplorazione che questo agile testo propone vi guiderà a comprendere meglio la vostra storia, a scoprire le convinzioni ripetitive e limitanti che vi impediscono di accettare, prima, e di superare, poi, la situazione di single. Con una nuova consapevolezza di ciò che siete e cosa realmente desiderate, riuscirete infine a intraprendere la ricerca di un partner con cui costruire una relazione solida per aprirvi, finalmente, all'incontro e all'amore con la A maiuscola.
Siamo diventati incapaci di un gesto elementare: dire di no. Due lettere, un movimento della testa e del corpo un tempo familiare. L'arma più potente e carica di speranza per chi desiderava libertà diverse da quelle concesse dal presente. Libertà migliori di quelle proposte oggi da un capitalismo che racconta di essere l'orizzonte unico e privo di alternative. Come è stato possibile fino a ieri dire di no? In quale misura potrebbe tornare a esserlo? Quanta radicalità ci è concesso esprimere nel nostro agire quotidiano? Di quanta integrità siamo ancora capaci? Esistono gesti di libertà con cui incidere davvero sul reale? Queste le domande al cuore del libro di Enrico Donaggio. Le sue pagine offrono una serie di incursioni, sensibili e taglienti, nei simboli e negli stati d'animo del disincanto contemporaneo. Attraversano le complicità nascoste, l'autosfruttamento ordinario, l'eccesso di zelo con cui tradiamo ogni giorno i nostri desideri di migliori libertà. Per disegnare l'imprevedibile mappa di una critica e di una resistenza possibili, i contorni di una nuova passione per la libertà e di una nuova intesa con ignoti compagni di speranza.
Nell'amministrare la giustizia conta la legge scritta. Se facessimo delle deroghe al codice, non saremmo ingiusti? Diciamo che la giustizia deve essere uguale per tutti, ma forse non abbiamo mai riflettuto sul significato di questo principio: la legge per essere giusta deve essere applicata senza eccezioni. Ma la legge scritta dai parlamenti può contemplare ogni singolo caso umano? La legge è una macchina impersonale, che non guarda in faccia a nessuno. Eppure, per altro verso, proprio il fatto che la legge non guarda in faccia a nessuno, ci protegge dai soprusi dei potenti. La bilancia, come immagine della giustizia, rappresenta proprio questo: gli uomini sono tutti uguali di fronte alla legge. La mia convinzione profonda è che in uno stato di diritto e in uno stato in cui tutti partecipano, anche se indirettamente, alla gestione della cosa pubblica e in cui esistono delle strade per modificare le regole che si ritengono ingiuste, le regole esistenti vanno osservate e basta. Ma è anche necessario fare una specie di gerarchia delle regole, perché ci sono delle regole che hanno un rilievo particolarissimo, un rilievo eccezionale per la convivenza e ci sono altre regole che invece hanno un rilievo molto più limitato.
Ora con tenerezza, ora con sensualità, nostalgia, rimpianto, struggimento, rancore, ferocia o delirio, diciassette personaggi maschili attraverso diciassette lettere ad altrettante figure femminili, tessono i fili di una trama narrativa fatta di cerchi concentrici che paiono allargarsi nel nulla, povere voci monologanti forse avide di una risposta che non potrà mai venire. Ad esse risponde infine, raccogliendo le diverse vicende in un romanzo epistolare polifonico, una voce femminile distante, implacabile e allo stesso tempo colma di pena per loro. L'insieme è un percorso tra le passioni umane dove l'amore è l'illusorio punto centrale, in realtà punto di fuga che conduce verso le zone più oscure dell'animo.
"Il romanzo di Max Frisch, 'Il mio nome sia Gantenbein', inizia con la morte, accidentale, di Felix Enderlin, che risulterà poi l'alter ego del protagonista principale, Theo Gantenbein. Lo si immagina cieco, ma potrebbe essere una sua astuzia per sorvegliare la moglie Lilla, con la quale ha un rapporto difficile. Intorno a Lilla si muove anche Svoboda, il primo marito; mentre Gantenbein frequenta volentieri Camilla, una manicure servizievole, alla quale racconta storie sempre diverse, fino all'ultima, macabra, di un cadavere ripescato nella Limmat." (Roberto Fertonani)
Nell'arco di pochi giorni Karl Ove Knausgård decide di dare un taglio netto alla propria vita in Norvegia e lascia il paese e la moglie Tonje per trasferirsi a Stoccolma. Lì stringe profonda amicizia con un altro esiliato norvegese, un intellettuale appassionato di boxe di nome Geir, e va dietro a Linda, una bella poetessa che l'aveva incantato anni prima a un workshop per scrittori. "Un uomo innamorato", il secondo volume di sei del ciclo "La mia battaglia", vede Knausgård raccontare di relazioni tempestose, delle sfide della paternità e dell'urgenza di scrivere. Come ne "La morte del padre", noi leggiamo mentre la sua vita si svolge.
Nel pronto soccorso del Victoria infirmary di Glasgow, i medici hanno fretta. Ci sono malati di ogni genere, chi ha tempo di occuparsi dell'agonia di un barbone alcolizzato? Ma Eck Adamson continua a ripetere il nome dell'ispettore Jack Laidlaw, finché qualcuno si decide a dargli retta. Le ultime parole di Eck, così come il biglietto che mette in mano all'ispettore giunto al suo capezzale, sembrano il delirio di un moribondo, ma sono più che sufficienti per solleticare il fiuto investigativo e il senso di giustizia di Laidlaw, esacerbati dall'indifferenza generale. Mentre lui indaga su questa pista e sulla misteriosa scomparsa di uno studente universitario di nome Tony Veitch, un altro decesso provoca ben più clamore in città: un noto sicario della malavita è stato accoltellato, cosa che lascia presagire una lunga scia di vendette tra bande rivali e che spinge la polizia a concentrare tutti i propri sforzi su questo caso. Ma Laidlaw non ci sta. In una Glasgow di stretta osservanza calvinista, lui crede ancora nella sua religione laica, quella per cui l'unica strada verso la redenzione passa attraverso la giustizia e la cura per il prossimo, chiunque esso sia. Compresi gli ubriaconi senzatetto. Contro lo scetticismo di tutti, prosegue cocciutamente le sue indagini, finché la verità non verrà finalmente a galla.
Questa nuova edizione dei Canti leopardiani si caratterizza, nel ricco panorama editoriale, per tre elementi di rilievo: fonde in una vasta Introduzione, che in realtà si presenta, pur con le adeguate articolazioni, come un vero e proprio libro sulla poesia del Recanatese, i vari ?cappelli" che solitamente si premettono ai singoli componimenti; onde il lettore può qui davvero seguire - quasi condotto per mano - tutto il complesso svolgersi dell'itinerario creativo e compositivo dei Canti, dalla giovanile canzone All'Italia all'estrema Ginestra; la stessa Introduzione, in una seconda e altrettanto ampia parte, mette a fuoco una questione poco affrontata dalla critica non specialistica: quella cioè della "lingua leopardiana", del suo nascere e del suo svolgersi - e del suo originalissimo affermarsi - dal grembo della tradizione dantesca e petrarchesca; l'accurata annotazione al testo nella quale non viene soltanto fornita la spiegazione del testo stesso, ma vengono registrate le diverse varianti, le fonti classiche, gli echi della precedente tradizione poetica, i richiami a particolari abbozzi o ad altri testi leopardiani.
Paolo Rumiz ha percorso a piedi, con un manipolo di amici, la prima grande via europea, l'Appia, e ce ne riconsegna l'itinerario perduto, da Roma fino a Brindisi, "più per dovere civile che per letteratura". Lo ha fatto spesso cavando dal silenzio della Storia segmenti cancellati, ascoltando le voci del passato e destando la fantasia degli increduli incontrati durante il viaggio. Da Orazio ad Antonio Cederna (appassionato difensore dell'Appia dalle speculazioni edilizie), da Spartaco a Federico II, prende corpo una galleria di personaggi memorabili e si incontrano le tracce di Arabi e Normanni. Intanto le donne vestite di nero, i muretti a secco, la musicalità della lingua anticipano l'ingresso nell'Oriente. Per conquistarsi le meraviglie di un'Italia autentica e segreta è necessario però sobbarcarsi anche del lavoro sporco - svincoli da aggirare, guardrail, sentieri invasi dai canneti, cementificazioni, talvolta montagne intere svendute alle multinazionali dell'acqua e del vento - e affrontare la verità dei luoghi pestando la terra col "piede libero". Al racconto fanno da contrappunto le mappe disegnate da Riccardo Carnovalini, che ha trovato il percorso sulle carte, nelle foto aeree e sul terreno, e che ha descritto l'itinerario nel libro: un contributo prezioso e uno strumento utile - considerata l'assenza di segnaletica - per chi volesse seguire le orme di questa marcia d'avanscoperta.
Iris - quarantacinque anni, sposata, con due figli - pensa di aver lasciato dietro di sé i due grandi traumi della sua vita: l'abbandono da parte del primo amore, Eitan, che l'ha portata giovanissima a desiderare la morte e, anni dopo, l'attentato di cui è stata vittima che l'ha portata tra la vita e la morte. Ma a distanza di dieci anni da quell'attentato, Iris non si aspetta il riaffiorare del dolore fisico, di quei ricordi terribili, ma soprattutto non si aspetta di rincontrare per caso Eitan. Se a questo si aggiungono il sospetto che il marito Michi abbia un'amante e la preoccupazione per la figlia, plagiata da un uomo molto più grande di lei, la vita di Iris sembra andare di nuovo in frantumi e la situazione diventa ingestibile.