L'ignoranza genera mostri, e il pregiudizio può produrre gravi danni alla convivenza civile. Giulia Mafai ha deciso di raccogliere questa sfida proponendo un percorso di conoscenza storica ed antropologica. Sicuramente gastronomica. Immaginando di sedere a tavola con il giovane nipote Elia, al quale propone prelibatezze della tradizione ebraica in una trattoria nel Ghetto di Roma, decide di raccontargli le vicende della plurimillenaria comunità romana. Lo fa scegliendo un registro linguistico colloquiale di grande effetto. (GLV) Si dice che Dio creò l'uomo perché gli piaceva ascoltare delle storie, dei racconti, e agli ebrei piace molto raccontare. Tutto in fondo nasce circa cinquemila anni fa dalla più grande e meravigliosa raccolta di storie: la Bibbia. Le disgrazie sono tante, la vita difficile, il tempo lento a passare ma bisogna andare avanti, stare insieme, parlare, discutere, litigare, convivere, tenersi compagnia. Si dice che due ebrei hanno tre opinioni e sono dei gran chiacchieroni, almeno fino a quando non è stata scoperta la televisione e internet, e molti di loro ne sono stati distratti. (GM)
Per chi è nato a Roma nel primo dopoguerra il Ghetto riassume nei suoi slarghi e nei suoi vicoli un periodo doloroso della storia di questa città, quello che va dal luglio 1943 al giugno 1944. Un omaggio ad uno dei principali protagonisti di quei tragici eventi, Mimma Spizzichino, con la testimonianza di un rapporto, che seppur breve ed episodico, conserva memoria d'una persona eccezionale. La proposta di un itinerario per scoprire, andando a piedi tra le strade del Ghetto, l'intreccio fra l'aspetto attuale e quello che ha avuto in passato quando recintato da un muro era il luogo in cui la “comunità ebraica romana” doveva risiedervi obbligatoriamente. I muri dei vecchi palazzi documentano ancor oggi la storia d'una convivenza tra due comunità di religione diversa.