Santino Sparti ha unito i saggi di due grandissimi personaggi: Dante Alighieri per la poesia e Carlo V per la politica. Del primo ha trattato "La salvezza degli infedeli" con puntigliose citazioni riferite alle sue opere ed alla teologia medievale, specialmente alla "Stimma Teologica" di S. Tommaso d'Aquino. Dante non potendo accordare il paradiso al troiano Rifeo e all'imperatore romano Traiano, perché pagani, si è illuso poeticamente di collocarli nella terza cantica, dopo avere raccolto dalla tradizione patristica, alcuni gesti della loro genuina religiosità e giustizia. Del secondo ha studiato a fondo la vittoria sui pirati dell'Africa con Carlo V da Tunisi a Messina per Randazzo. Ha elencato le varie tappe dell'imperatore all'interno della Sicilia, intento a raggiungere Bologna dopo avere lasciato la città sicula. L'autore ha svolto il tema con eleganza stilistica, con certosine ricerche archivistiche, anche locali e con i documenti originali di quegli scrittori del Cinquecento, che si sono intrattenuti sulla relativa vittoria. Diverse delle loro opere profumano ancora dell'invenzione della stampa, scoperte nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
L'ignoranza genera mostri, e il pregiudizio può produrre gravi danni alla convivenza civile. Giulia Mafai ha deciso di raccogliere questa sfida proponendo un percorso di conoscenza storica ed antropologica. Sicuramente gastronomica. Immaginando di sedere a tavola con il giovane nipote Elia, al quale propone prelibatezze della tradizione ebraica in una trattoria nel Ghetto di Roma, decide di raccontargli le vicende della plurimillenaria comunità romana. Lo fa scegliendo un registro linguistico colloquiale di grande effetto. (GLV) Si dice che Dio creò l'uomo perché gli piaceva ascoltare delle storie, dei racconti, e agli ebrei piace molto raccontare. Tutto in fondo nasce circa cinquemila anni fa dalla più grande e meravigliosa raccolta di storie: la Bibbia. Le disgrazie sono tante, la vita difficile, il tempo lento a passare ma bisogna andare avanti, stare insieme, parlare, discutere, litigare, convivere, tenersi compagnia. Si dice che due ebrei hanno tre opinioni e sono dei gran chiacchieroni, almeno fino a quando non è stata scoperta la televisione e internet, e molti di loro ne sono stati distratti. (GM)
Un ricordo d'infanzia, rimasto sopito per anni, è la scintilla che ha riacceso in me quel desiderio, che credo sia nell'animo di ognuno di noi, e talvolta, diviene irrefrenabile, di scavare nel tempo, come in un sito archeologico, per riagganciarci, sia pure con un lungo filo virtuale, alle nostre origini. E, da Fiorella, la ragazzina occhialuta dalle lunghe trecce color tabacco, oramai lontana nel tempo, con il suo ossessivo epiteto, Marina Foglia, foglia, foglia, e dal ripetersi di tale travisamento del mio cognome in tutto l'arco della mia vita scolastica, ed anche oltre, partono le linee di questo mio racconto. Spunta, cosí, quello, che considero il mio avo, il ghibellino Salinguerra Torelli, signore di Ferrara, colui, che sembra abbia pronunciato il fatidico motto “fui ero”, che tradotto in Italiano divenne Folliero, nel momento in cui attirato in città per la conclusione di un trattato di non belligeranza venne proditoriamente arrestato dagli estensi e confinato a Venezia, dove morí. Siamo in pieno medioevo e le fazioni guelfa e ghibellina si contendono il governo di Ferrara, che pur di proprietà della Chiesa di Roma, è retta da un governatore, che a seconda del momento, viene eletto dal popolo nella famiglia dei Torelli o in quella degli Adelardi, rappresentanti, appunto, delle due avverse fazioni. Il testo da cui ho tratto le notizie fondamentali per la stesura di questo mio raccontare è la “Istoria genealogica della famiglia Fuiero detta volgarmente Folliero”, scritta dall'abate napoletano Scipione Di Cristoforo nel 1746. È da questo testo che ha inizio la storia di Marchesella Adelardi, promessa sposa di un rampollo dei Torelli, che viene rapita su commissione degli Estensi dalla casa di quello, dove la fanciulla viveva dopo la morte di Guglielmo Adelardi, proprio in virtù di un trattato di pace intercorso tra le due famiglie, al fine di impedire che la città cadesse in mano agli Estensi.
È il 22 ottobre 1867: a Roma scoppia l'insurrezione, mentre le Provincie dello Stato Pontifìcio sono invase, già da un mese, dalle camicie rosse. È l'ultimo tentativo, infruttuoso, prima della presa di Porta Pia, per fare di Roma la capitale del Regno d'Italia. Il piano verrà attuato grazie alla determinazione del deputato bergamasco Francesco Cucchi, che organizzerà la rivolta con l'aiuto dei gruppi liberali romani. Il vecchio leone garibaldino, Francesco Crispi, riuscirà ad ottenere l'appoggio (clandestino) del governo Rattazzi. Ed ancora una volta, il sessantenne Garibaldi, fuggito dall'esilio di Caprera, compatterà il movimento e gli darà una guida, fino alla sconfitta di Mentana. Anche se fallì, l'insurrezione dell'autunno 1867 verrà ricordata per alcuni episodi drammatici passati alla storia: l'esplosione, in Borgo, della caserma "Serristori"; l'esecuzione capitale dei due responsabili Monti e Tognetti, l'ultima prima dell'annessione, che tanto scalpore ed indignazione provocò nell'Europa di allora; la strage del lanificio Ajani ed il sacrifìcio di Giuditta Tavani Arquati, come ancora oggi ricorda la targa commemorativa sul palazzo. Forse fu a causa di un'organizzazione non perfetta, per colpa di qualche tradimento e per l'illusione che il popolo romano fosse pronto per il grande salto verso l'Italia, che l'insurrezione fallì. Alcuni municipi della provincia resistettero più a lungo, come quello di Cori, che resse una settimana intera, fino alla sconfitta di Mentana.
Questo denso e agile volumetto spiega in maniera chiara e divulgativa quanto sappiamo sulla struttura della comunità ebraica di Roma, illustrando allo stesso tempo il contesto storico e politico in cui essa si sviluppò. Impresa non facile, a causa della carenza dei dati che ci sono pervenuti; con grande onestà Elsa Laurenzi non nasconde questo problema, né presenta ricostruzioni "facili" ma infondate. Accompagna invece il lettore alla scoperta di una società che mantiene i propri costumi e la propria cultura vivendo all'interni di un'altra più vasta società, tanto profondamente diversa quanto tollerante, che seppe integrare realtà varie e contrastanti. Si basa sulle varie fonti disponibili, gli scrittori antichi, i testi epigrafici, le testimonianze archeologiche e fornisce, mediante un glossario distribuito all'interno del testo, utili e puntuali spiegazioni di termini non a tutti noti.
Il volume è il catalogo della mostra di Roma (Archivio di Stato, 2 maggio - 4 giugno 2005). La mostra illustra, attraverso un ricco corredo iconografico e documentale, le trasformazioni subite dal paesaggio naturale ed urbano del litorale laziale, nel periodo compreso tra il XVI e il XIX secolo. Un'area di estrema importanza storica che ricomprende le più importanti città marinare della provincia di Roma: Civitavecchia, Fiumicino, Anzio, Nettuno, cui si aggiungono altri centri di consolidata vocazione turistica, quali Ladispoli e Santa Marinella.
Tra storia e invenzione, questo libro racconta vicende e uomini che hanno animato il concludersi del Secondo Millennio. Una narrazione documentata del tempo generazionale che va dagli inizi della Seconda guerra mondiale alle attuali attese i tempi che ognuno spera nuovi.