Maggio 1936. Con la fine della guerra d'Etiopia nasce l'impero fascista. E Fulvio Semola, segretario bellanese del Partito, non ha intenzione di lasciarsi scappare l'occasione per celebrare degnamente l'evento. Astuto come una faina, ha avuto un'idea da fare invidia alle sezioni del lago intero, riva di qui e riva di là, e anche oltre: un concerto di campane che coinvolge tutti i campanili di chiese e chiesette del comune, dalla prepositurale alla cappelletta del cimitero fino all'ultima frazione su per la montagna. Un colpo da maestro per rendere sacra la vittoria militare. Ma l'euforia bellica e l'orgoglio imperiale si stemperano presto in questioni ben più urgenti per le sorti del suo mandato politico. In casa del potente e temutissimo ispettore di produzione del cotonificio locale, Eudilio Malversati, si sta consumando una tragedia. Dopo un'aggressione notturna ai danni dell'ispettore medesimo, spariscono in modo del tutto incomprensibile alcune paia di mutande della signora. Uno è già stato rinvenuto nella tasca della giacca del Malversati. Domanda: chi ce l'ha messo? E perché? Il problema vero, però, non è questo, bensì che fine abbiano fatto le altre. Dove potrebbero saltar fuori mettendo in ridicolo i Malversati, marito e moglie? Non essendo il caso di coinvolgere i carabinieri, per non mettere in giro voci incontrollabili, il Semola viene incaricato di risolvere l'enigma.
Fuori, Città del Messico splende delle luci della notte e il rumore della città si leva alto. Lupita non vuole sentire. Ha chiuso tutte le finestre, ha abbassato tutte le tende. Vuole stare sola e cercare di non pensare. E l'unico modo in cui riesce a farlo è stirare. Il gorgogliare dell'acqua che si scalda, il vapore denso che offusca la vista, il profumo dei panni puliti che si intensifica nell'aria hanno il potere di calmarla. Perché le ricordano sua madre e la felicità di quando era bambina. Ma quei tempi sono ormai lontani, Lupita è diventata una poliziotta e oggi ha fallito nel compito che le era stato affidato, proteggere un politico durante un trasferimento. Le sue mani tremano ancora e questo la riporta a una notte di tanti anni prima, quando la sua vita si è interrotta. Perché Lupita è una donna spezzata e il suo cuore è chiuso in un nodo di dolore che nasconde un segreto del suo passato che non può dimenticare. Ma adesso la sua vita è in pericolo, perché durante la missione Lupita ha visto qualcosa che non doveva vedere. Per salvarsi deve indagare e trovare i reali colpevoli, anche se questo rischia di riaprire le ferite del suo cuore. Ma solo così, forse, potrà riaffacciarsi alla vita e all'amore...
Scritte tra il 1955 e il luglio del 1960 e pubblicate per la prima volta nel 1961, le poesie di "La religione del mio tempo" raccontano in versi un'intera società in fermento. Usando la frusta quando lo ritiene necessario, Pasolini non retrocede di fronte a nulla e utilizza ogni possibile materiale argomentativo: da quello metafisico a quello polemico, dal giornalistico al profetico, proponendo schemi e ideologie che - come spiegherà sul settimanale "Vie nuove" - "non sono solo opinioni politiche, ma sono, insieme, poetiche; hanno cioè subito quella trasformazione radicale di qualità che è il processo stilistico". In questa raccolta Pasolini riesce così a mettere poeticamente in azione tutta la sua incontenibile passione civile, un'insaziabile fame di vita e un irresistibile desiderio di capire e sentire. Prefazione di Franco Marcoaldi.
È quasi sera quando all'improvviso il cielo si fa livido, mentre enormi nuvole nere galoppano a oscurare gli ultimi raggi di sole. Da sempre, la prima cosa da fare è rintanarsi in casa, coprire gli specchi e pregare che il temporale svanisca presto. Eppure la piccola Nora, undici anni e il coraggio più scellerato che la gente di Monte Narba abbia mai conosciuto, non ha nessuna intenzione di mettersi al riparo. Nora vuole sfidare il vento che soffia sempre più forte e correre sulla cima della collina. È appena arrivata sotto una grande quercia quando un fulmine la colpisce sbalzandola lontano, esanime. Per tutto il piccolo villaggio sardo dove è cresciuta, la bambina è morta. Ma non è quello il suo destino. Nora riapre i suoi enormi occhi verdi, torna alla vita. Il fulmine le ha lasciato il segno di un fiore rosso sulla pelle bianca e la capacità di vedere quello che gli altri non vedono. Nella sua famiglia nessuno la riconosce più. Non sua madre, con cui amava ricamare la sera alla luce fioca di una candela, né i suoi fratelli, adorati compagni di scorribande nei boschi. C'è un nome per quelle come lei, "bidemortos", coloro che vedono i morti, e tutti ne hanno paura. Nel piccolo paese non c'è più posto per lei. La sua nuova casa è Cagliari, in un istituto per orfanelle, dove Nora chiude la sua anima in un guscio di dolore, mentre aspetta invano che qualcuno venga a prenderla.
A volte un paio di stivali rossi può aiutare ad affrontare il mondo e le proprie paure. Così è per Millie, che quando li indossa si sente forte e sicura. Ha sette anni ed è curiosa di tutto. Ha tanta voglia di fare domande, di conoscere, di scoprire. Per questo quando un giorno, al centro commerciale, sua madre sembra sparita, non si perde d'animo, ma cerca qualcuno che possa darle una mano a trovarla. E proprio allora che si imbatte in Karl, un anziano un po' speciale che, mentre parla, digita nell'aria le parole. Solo in questo modo riesce a sentire ancora vicina sua moglie a cui un tempo scriveva lettere d'amore sulla schiena. Millie si fida subito di lui e la corazza di diffidenza che Karl si è costruito intorno si scioglie grazie agli occhi sperduti e sinceri della bambina. Gli stessi occhi davanti ai quali Agatha sente nascere dentro una tenerezza ormai dimenticata. A ottant'anni non esce più di casa, dopo la morte del marito, e passa le sue giornate alla finestra a spiare i vicini. Ma appena scorge Millie e Karl, c'è qualcosa che la spinge a parlare con quei due sconosciuti. Perché Millie ha il dono unico di raggiungere il cuore delle persone. Perché il suo sorriso ingenuo e solare è capace di portare la felicità. Li dove non ci si aspettava più di trovarla. Grazie a lei Karl e Agatha scoprono che non è mai troppo tardi per vivere appieno la vita, per permettere all'amore di meravigliare ancora.
Non si è mai letto tanto come in questi anni di rivoluzioni tecnologiche: email, siti web, sms, tweet. Siamo costantemente circondati da testi scritti, eppure mai prima d'ora la lettura è stata così rapida, superficiale, affrettata. Scorriamo sempre più velocemente le parole sui nostri schermi, saltando da una pagina all'altra al ritmo incessante della modernità, continuamente distratti da nuovi stimoli digitali. Slow Reading ci riporta invece a un modo diverso di leggere, capace di far comprendere la profondità della parola scritta e di apprezzarne la sua bellezza. Grazie ai quattordici semplici consigli dell'autore, la lettura paziente e appassionata di un libro può così diventare l'opportunità per reimpossessarsi del proprio tempo, per conoscersi e migliorarsi. Slow Reading è un viaggio tra le pagine più belle della letteratura del mondo; una mappa per potersi orientare, senza fretta, tra grandi classici e romanzi contemporanei, nei versi di una poesia e nell'intreccio di un racconto; un invito a trasformare ogni libro che si incontra in un'occasione per liberare la nostra intelligenza e la nostra fantasia.
Dietro un ciuffo di capelli neri e vestiti altrettanto scuri, Vani nasconde un viso da ragazzina e una innata antipatia verso il resto del mondo. Eppure proprio la vita degli altri è il suo pane quotidiano. Perché Vani ha un dono speciale: coglie l'essenza di una persona da piccoli indizi e riesce a pensare e reagire come avrebbe fatto lei. Un'empatia profonda e un intuito raffinato sono le sue caratteristiche. E di queste caratteristiche ha fatto il suo mestiere: Vani è una ghostwriter per un'importante casa editrice. Scrive libri per altri. L'autore le consegna la sua idea, e lei riempie le pagine delle stesse parole che lui avrebbe utilizzato. Un lavoro svolto nell'ombra. E a Vani sta bene cosi. Anzi, preferisce non incontrare gli scrittori per cui lavora. Fino al giorno in cui il suo editore non la obbliga a fare due chiacchiere con Riccardo, autore di successo in preda a una crisi di ispirazione. I due si capiscono al volo e tra loro nasce una sintonia inaspettata fatta di citazioni tratte da Hemingway, Fitzgerald, Steinbeck. Una sintonia che Vani non credeva più possibile con nessuno. Per questo sa di doversi proteggere, perché, dopo aver creato insieme un libro che diventa un fenomeno editoriale senza paragoni, Riccardo sembra essersi dimenticato di lei. E quando il destino fa incrociare di nuovo le loro strade, Vani scopre che le relazioni, come i libri, spesso nascondono retroscena insospettabili.
Jack ha quattordici anni e una smisurata passione per la scienza. Trascorre interi pomeriggi nel seminterrato di casa a fare esperimenti, a inventare, a costruire. Ma quando per un tumore al pancreas perde improvvisamente un caro amico di famiglia, con la sorprendente incoscienza tipica dei più giovani si pone un obiettivo: trovare una cura per questa malattia. Migliaia i tentativi andati vuoto, centinaia le lettere di rifiuto dalle università e dai laboratori a cui chiede supporto, infinite le ore di ricerca e i dubbi di chi sostiene sia un'impresa troppo grande per un ragazzo della sua età. Eppure Jack non si dà mai per vinto, e riesce a mettere a punto un sistema rivoluzionario, economico e straordinariamente preciso per individuare sul nascere questo tipo di tumore, quando ancora le possibilità di sopravvivenza sono altissime. "Basta un ragazzo" è il racconto di uno studente brillante che tra le indecisioni degli adulti e il bullismo dei suoi coetanei non ha smesso di credere nella realizzazione di un sogno. È la storia di un adolescente omosessuale che trova la forza di lottare per esser rispettato. È il libro di un'intera generazione in grado di cambiare il mondo, e che in queste pagine può trovare davvero il coraggio di provare a farlo.
Viviamo alla continua ricerca della felicità, e nella corsa senza sosta per raggiungerla non ci accorgiamo delle straordinarie meraviglie di cui è già ricco il mondo attorno a noi. Ogni giorno, ogni ora, ogni istante la bellezza ci chiama, ma raramente ci poniamo in ascolto. Perché per avvertire la sua voce e poterle rispondere è necessaria una condizione divenuta rara: il silenzio. In questo piccolo libro, il monaco buddhista Thich Nhat Hanh ci mostra il percorso da intraprendere per superare la gabbia di rumore che ci circonda privandoci della libertà, e ci indica un sentiero di pace tra i luoghi più confusi e caotici della nostra mente. "Il dono del silenzio" ci permette così di ristabilire, dentro di noi, quell'ordine e quella serenità in grado di farci guardare in profondo ciò che ci circonda, per comprendere chi siamo realmente e cosa davvero vogliamo dalla nostra vita.
È notte e la nebbia è illuminata a tratti dai fari delle macchine che sfrecciano accanto a lei. Letty si asciuga l'ennesima lacrima e preme ancora più forte il piede sull'acceleratore. Deve correre il più lontano possibile, fuggire da tutti i suoi sbagli, è la cosa migliore per tutti. Perché la sua vita è stata difficile, ha inanellato una serie di errori uno dietro l'altro e adesso tutte le sue paure sono tornate a tormentarla, senza lasciarle una via di scampo. Intanto, ormai molte miglia lontano, i suoi due figli, Alex e la piccola Luna, stanno dormendo serenamente. Non sanno che la mamma li ha lasciati da soli nel loro letto, schiacciata dal terrore di non essere una buona madre. Convinta che senza di lei Alex e Luna saranno più felici. Quando Alex si sveglia e si accorge che Letty non c'è più, capisce che non deve farsi prendere dal panico. Deve occuparsi della sorellina e seguire le regole. Perché Alex ha quindici anni ed è solo un ragazzino, ma è dovuto crescere in fretta per aiutare sua madre Letty e i suoi occhi troppo spesso tristi. A volte guarda verso il cielo e sogna di volare via, in un posto dove l'azzurro del cielo li possa di nuovo colorare di felicità. La sua passione sono la matematica e lo studio delle rotte migratorie degli uccelli. Da loro ha imparato che non importa quanto voli lontano, c'è sempre un modo per tornare a casa. Alex sa che deve trovare il modo di far tornare anche la sua mamma.
L'erba selvatica profuma di salvia e lambisce il sentiero che porta al mare. Teresa è solo una bambina, ma sa già cosa urlare al vento: "Io non me ne voglio andare". Per nessuna ragione vuole lasciare quella terra di cui conosce ogni particolare: la Basilicata. Ama tutto di quella regione, la magia dei sassi di Matera e il calore della costa. Lì sogna di costruire il suo futuro. E il suo desiderio si è realizzato. Ora invece Caterina, sua nipote, non vede l'ora di lasciare il paesino in cui è cresciuta, dove le tradizioni regnano immutate. Vuole sapere cosa significhi sentirsi straniera, persa in una grande città. Vuole staccarsi dalla sua famiglia che adora, ma che nello stesso tempo è come un albero in cui i singoli rami perdono la loro identità. Quella famiglia il cui punto di riferimento è la nonna Teresa. Sua nonna che ha la sua stessa forza di seguire il proprio istinto. Caterina sa che quello che le unisce è un legame speciale. Cosi quando si trasferisce a Roma la cosa più importante che porta con sé è l'agenda in cui la nonna le ha dettato le sue ricette. In un'estate che la ragazza non dimenticherà mai, le ha insegnato a cucinare mentre i ricordi riaffioravano preziosi: la sua infanzia, il suo amore per don Mimi, il suo dono segreto di prevedere il futuro, l'attaccamento alla sua terra. E Caterina inizia a guardare la sua vita con occhi nuovi.
"Si può essere a casa propria dappertutto. Datemi un tavolo da lavoro, sarà la mia patria." George Steiner, rispondendo alle domande della giornalista Laure Adler, racconta in queste pagine le numerose patrie della sua vita affascinante: quelle reali, con la fuga della famiglia da Parigi e dal fervore nazista che stava esplodendo in Europa, le esperienze giovanili a New York e le cattedre nei più prestigiosi atenei del mondo. E quelle ideali, con l'orgogliosa rivendicazione di appartenere a un popolo - quello ebraico - a cui riconosce il nucleo vitale della sua eccellenza intellettuale senza tuttavia risparmiare critiche alla politica di quel "miracolo necessario" che è lo stato di Israele. Nelle riflessioni preziose di uno dei giganti del nostro tempo, memorie e rimpianti si intrecciano alle idee su cui da sempre si è interrogato: Steiner torna così a esprimere con forza la dedizione avvincente e pericolosa per la letteratura e il libro; continua il confronto con le grandi mitologie del Novecento, confermando il giudizio inflessibile su Freud e la psicoanalisi; e dedica parole di amore puro alla sua passione più grande e profonda, quell'"esperanto delle emozioni che è la musica". Ma la ricerca di senso non può mai considerarsi giunta a destinazione e per questo, invitato a dare una definizione di sé stesso, forse con un pizzico della sua tipica ironia, Steiner può affermare orgoglioso: "Mi piace essere discepolo".