Tra opulenza e penuria, ripercorrendo le vicende dell'affascinante Rossella O'Hara, si snoda una ricognizione nella cucina di Via col vento, che è anche un viaggio nella tradizione gastronomica del vecchio fascinoso Sud degli Stati Uniti. Margaret Mitchell, autrice di quello che resta uno dei romanzi più famosi e più amati dalle donne di ogni tempo, con il suo gusto per i dettagli storici e realistici, ha offerto infatti indicazioni molto accurate e precise sui cibi e le pietanze che i suoi personaggi mangiano o cucinano. E il lettore ne troverà qui le relative ricette.
Cesare Pavese è diventato un'icona del turismo enogastronomico. Il suo nome, insieme a quello di Fenoglio, viene utilizzato come sostegno per molte presentazioni di quell'eden di cibi e di vini che sono diventate le Langhe. Citazioni tratte dalle sue opere le ritroviamo accostate a ristoranti, vini, tartufi, inserite in tante promozioni turistiche. In buona parte della sua opera c'è un forte radicamento verso quest'area piemontese, che si è manifestato attraverso pagine notissime con rappresentazioni di paesaggi, riti, persone, stagioni di un mondo rurale così com'era più di cinquant'anni fa. Pavese pur immerso in questo specifico microcosmo geografico e sociale appare a prima vista carente come narratore delle abitudini alimentari del mondo contadino. Il cibo fa capolino solo in modo occasionale. I suoi personaggi, soli o in compagnia, mangiano, certo, però è pressoché assente una loro precisa caratterizzazione gastronomica. Una attenta ricognizione delle sue pagine dimostra invece che la presenza del cibo ha un ruolo niente affatto marginale.
Alice è una bambina curiosa, ed è la sua insaziabile curiosità a guidarla in quel labirinto di parole, paradossi e deliziose pietanze animate che è il Paese delle Meraviglie. Qui il cibo non è mai un dettaglio, o una pausa tra un'avventura e l'altra: è un'avventura di per sé. Si mangia per diventare grandi, oppure piccoli, il cibo è gratificante ma anche minaccioso e cela un lato aggressivo e cannibalesco, perché chi mangia può a sua volta apparire molto appetitoso. Spesso il cibo è una tortura, una ripetizione ossessiva degli stessi gesti all'infinito, come il tè del Cappellaio Matto che non conosce tregue, neppure per lavare le tazze.
La parità di diritti tra i due sessi, la libertà della donna di lavorare fuori casa e di vestirsi come vuole sono dati ormai del tutto scontati e indiscussi, talmente radicati da escludere qualsiasi voce di dissenso. A pensarla diversamente possono essere solo gli ambienti del fondamentalismo islamico "fanatico"; oppure possono essere i Padri della Chiesa che, come si ritiene oggi, non avevano ancora sviluppato la consapevolezza della vera dignità della donna. Ebbene, questo libro si presenta come una voce di dissenso, anzi come un totale ribaltamento di prospettiva: non più dare per scontato che l'emancipazione femminile sia una conquista della civiltà, bensì ripensare la questione, tornando ad ascoltare la voce proprio di coloro (i Padri della Chiesa) che furono i più tenaci sostenitori della concezione patriarcale: si propone cioè di capire le ragioni di chi non la pensa come noi. Si offre al lettore la possibilità di accostarsi alla presuna "misoginia" dei Padri non con i solti schemi mentali di ogggi, per i quali "sottomissione", "clausura", "velo", "obbedienza al marito" sono cose necessariamente negative, ma con uno spirito di umiltà e rispetto.
Dopo " Bésame mucho" e "Il mio bambino non mi mangia", Carlos González torna con una delle sue grandi passioni: la difesa dell'allattamento materno. Suo obiettivo non è convincere le madri ad allattare, né dimostrare che al seno "è meglio", bensì offrire informazioni pratiche per aiutare le madri che desiderano allattare a farlo senza stress e con soddisfazione. Nel seno, oltre al cibo, il bimbo cerca e trova affetto, consolazione, calore, sicurezza e attenzione. Non è solo una questione di alimento; il bimbo reclama il seno perché vuole il calore di sua madre, la persona che conosce di più. Per questo motivo la cosa importante non è contare le ore e i minuti o calcolare i millilitri di latte, ma il vincolo che si stabilisce tra i due e che è una sorta di continuazione del cordone ombelicale. L'allattamento è parte del ciclo sessuale della donna; per molte madri è un momento di pace, di soddisfazione profonda, in cui riconosce di essere insostituibile e si sente adorata. È un dono, sebbene sia difficile stabilire chi dà e chi riceve.
Una rilettura dell'opera verghiana attraverso la cucina dei suoi protagonisti:i contadini siciliani. Una cucina semplice, quasi archetipica in cui il principale condimento é la fame. Una fame atavica. Pensiamo a quel pane reso "verde" dalla muffa che consuma il povero Jeli al seguito di un gregge che non é il suo. Pensiamo alla mitica zuppa di fave, il cui profumo pervade non soltanto le novelle "rusticane", ma anche i due romanzi" I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo.
Che cosa è meglio per un bebè: essere allattato ad orari o a richiesta? Dormire da solo in una culla o a fianco della mamma nel lettone? Essere portato in giro in carrozzina o in un marsupio? E ancora, che legame c'è tra biologia e cultura? Quali sono i motivi che stanno alla base delle nostre scelte in fatto di "accudimento" dei bambini? Le pratiche di puericultura occidentali poggiano sempre su reali basi scientifiche? La nostra puericultura è la sola valida o non è piuttosto una tra le tante e forse neanche la migliore? Per rispondere a tutte queste domande - ma non solo - è nato questo libro.
"L'ultima volta che sono venuto a Praga, caro signore, ci sono arrivato per dimenticare. Praga è una città talmente gravida di personalità e vicende da raccontare, che non ne conosco una migliore per scordarsi le proprie". E di vicende, Luca Ragagnin, in questo volume, ne infila decine e decine, attingendo alla letteratura e alla poesia di un paese, l'ex Cecoslovacchia, che nella sua piccola estensione geografica è riuscito a produrre una messe abbondante e importante di autori. Ragagnin ne ha scelti 53: li ha introdotti, antologizzati e cucinati, creando per ognuno di loro, con la sua penna agrodolce e tragicomica, una ricetta per il palato e per la memoria.