La relazione tra Spirito e istituzione, ministero pastorale e disciplina ecclesiastica, giustizia e misericordia ha alimentato e ancora tiene viva una discussione che attraversa l'intera storia della chiesa. Che cosa sono la pietas o la compassione se non un sinonimo della misericordia? Cos'è l'aequitas se non la giustizia «dulcore misericordiae temperata»? I saggi qui raccolti invitano a una riflessione profonda sul significato e sui limiti del diritto nella chiesa, su alcuni nodi di una giustizia che deve misurarsi con il delicato equilibrio fra la chiesa della legge e la chiesa dell'amore. L'esperienza giuridica della chiesa deve da un lato contemplare il principio di legalità, dall'altro garantirne un'osservanza equa e giusta per raggiungere lo scopo ultimo della sua funzione: la salvezza delle anime. Solo coniugando legittimità e legalità e nel rigoroso rispetto delle garanzie, l'ordinamento canonico può restare fedele alla sua natura giuridica e alle sue peculiarità, che rispondono a quella realtà umano-divina che è la chiesa.
Tra le più importanti matrici intellettuali dell'Europa L'eredità romana non consiste solo in grandi monumenti, anfiteatri, acquedotti o strade, ma soprattutto nel suo diritto, un contributo originale, da cui si sviluppò la scienza giuridica, ancora oggi una grammatica condivisa, trama e ordito delle società e del potere. Essa si dispiega dall'universo medievale, il suo apogeo, alla rivoluzione americana e francese, al trionfo del capitalismo borghese fino al primo Novecento. Da Roma e Bisanzio (con Giustiniano), a Bologna, la prima facoltà di diritto, che lo diffuse in tutta l'Europa cristiana, il diritto romano è rimasto la principale fonte d'ispirazione dell'Europa continentale, dalla Francia di Napoleone alla Germania, dove ha vissuto una ennesima giovinezza nella temperie romantica della scuola storica di von Savigny.
I beni ecclesiastici rappresentano la componente più significativa del patrimonio culturale italiano. Un capitale immenso, che però deve fare i conti con la sfida della secolarizzazione e con la complessità istituzionale e organizzativa degli enti ecclesiastici. In mancanza di interventi efficaci, i suoi tesori rischiano soluzioni improprie o, peggio ancora, di cadere in rovina. La posta in gioco è altissima: in che modo la società civile, il volontariato e gli enti pubblici possono concorrere a proteggere e valorizzare questo patrimonio? Dopo un primo volume dedicato al quadro normativo sui beni culturali ecclesiastici e alle attività svolte dalle Fondazioni per individuare le situazioni più critiche e stabilire un insieme di buone prassi, questa seconda tappa della ricerca offre un quadro organico utile a meglio individuare i problemi in gioco e le possibili soluzioni, oltre che a riflettere sul ruolo di stimolo e supporto che le Fondazioni, in ragione della propria esperienza e della prossimità con le comunità di riferimento, possono svolgere presso i principali attori istituzionali, in particolare le autorità ecclesiastiche e il sistema pubblico statale, regionale e locale.
La storiografia sulla carità ha tradizionalmente ricondotto la grande diffusione in ambito controriformistico dei legati pii di origine testamentaria alla questione della salvezza delle anime del Purgatorio. I legati, tuttavia, sono stati scarsamente indagati dal punto di vista socio-economico, nonostante questo aspetto e quello religioso fossero strettamente collegati. Ne sono state poco studiate anche le origini e la lunga storia, passata attraverso trasformazioni della loro forma giuridica, delle loro finalità e del loro funzionamento. Al centro del volume è il legato pio inteso come dispositivo, espressione di uno scambio singolare, anche perché asimmetrico, tra individuo e istituzione. Al tempo stesso, i legati sono analizzati quali creatori di contesto sociale: ancora oggi, abbiamo di fronte un panorama di ospedali, istituzioni assistenziali, opere pie che rappresentano il risultato storico di lasciti testamentari che si sono evoluti e arricchiti. Grazie ai contributi di diversi studiosi il volume getta dunque luce su un tema di cruciale importanza per comprendere la storia della Chiesa, della società e dell'economia.
Perché le opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide vengono tutt'oggi rappresentate e continuano ad appassionarci? Perché la loro messa in scena suscita sempre emozioni viscerali, che ci fanno inabissare nel profondo di noi stessi? In questo libro la tragedia greca viene letta come un inquieto laboratorio della coscienza civile - quindi anche giuridica e politica - dell'Occidente, ove l'intreccio fra mito e attualità del V secolo a.C. solleva questioni con cui ancora dobbiamo misurarci, come uomini e cittadini: dalla natura ambivalente del potere, sempre sul punto di degenerare in tirannide o di dar corpo all'incubo della guerra civile, alle irrisolte criticità della democrazia e dell'uso della parola - in grado di persuadere e conciliare, ma anche soverchiare e irretire - ; dal fondo cupo di violenza e terrore in cui talvolta si specchiano gli assetti istituzionali, alla ricerca di criteri che definiscano la responsabilità dell'individuo.
I media hanno trasformato la giustizia in spettacolo, portando nelle nostre case notizie di indagini e processi attraverso giornali e telegiornali, salotti televisivi e talk show. E non si tratta purtroppo solo di informazione o di cronaca giudiziaria, bensì di una rappresentazione spettacolarizzata dove la corretta descrizione dei fatti viene sacrificata all'impatto sull'audience. Si dà vita in tal modo a una sorta di processo parallelo incurante delle regole e delle garanzie individuali, facendo leva sull'indignazione morale del pubblico e generando scandali. Nel tribunale mediatico il diritto rischia di rimanere imbrigliato nel giudizio dell'opinione pubblica, che trasforma automaticamente l'indagato in colpevole, negandogli il diritto alla presunzione d'innocenza, e travolgendo molti altri diritti fondamentali. Questo libro agile e penetrante mette in rilievo gli «effetti perversi» di tali dinamiche sull'esito del processo e indica le vie da seguire per far sì che la giustizia non rischi di perdere autonomia e credibilità.
Il volume raccoglie, in versioni opportunamente aggiornate, scritti che si estendono dal 1960 al 2021 e che riguardano prevalentemente le molteplici relazioni tra ebraismo e ordinamento giuridico italiano. I primi capitoli trattano della posizione degli ebrei in Italia, dall'Unità alla Costituzione repubblicana, passando attraverso le persecuzioni e la Shoah; dell'evoluzione dei rapporti con la Chiesa cattolica; dell'intesa costituzionale tra ebraismo e Stato del 1987 e la sua attuazione. Lo sguardo si allarga poi alla tutela della libertà religiosa e delle minoranze in genere, al contrasto delle discriminazioni, del razzismo e dell'antisemitismo in Italia e in Europa, concludendo con questioni attuali di diritto internazionale relative a Israele e alla lotta al terrorismo. Attraverso le riflessioni di un protagonista da sempre impegnato nel mondo ebraico e in quello del diritto, il volume ripercorre la non facile evoluzione dell'ordinamento italiano verso il pieno riconoscimento del pluralismo della società negli ultimi decenni e il contributo dell'ebraismo al riguardo. Le autorevoli prefazioni di Giuliano Amato e Riccardo Di Segni ne sottolineano il contributo alle discussioni attuali in tema di libertà religiosa in genere. Un libro, inoltre, che «non è solo una raccolta di scritti giuridici autorevoli ma una sorta di storia dell'ebraismo italiano nell'ultimo secolo, analizzato dalla prospettiva dei suoi problemi organizzativi, istituzionali, di rapporti con la società».
La storia dell'Università di Bologna tra gli ultimi decenni del Duecento e il Trecento - se si escludono ricerche pregevoli, ma settoriali - non è stata studiata come pur meriterebbe, per responsabilità, principalmente, di Friederich Karl von Savigny, che nella sua «Geschichte des Römischen Rechts im Mittelalter» a metà Ottocento bollò quell'età come un periodo di decadenza rispetto all'altra che, da Irnerio ad Accursio, l'aveva preceduta. In realtà, la scuola dei postaccursiani e poi dei commentatori sviluppò un pensiero di alto profilo che, nel confronto con le scuole contemporanee dei logici, dei medici e filosofi bolognesi, si segnala per un'approfondita riflessione sul metodo esegetico che, sotto alcuni aspetti, già annuncia la rivoluzione scientifica del mondo moderno.
Negli ultimi decenni il volto dell'Europa si è fatto sempre più plurale, non solo sul versante etnico ma anche su quello religioso. È tornato così in primo piano il tema della libertà, inclusa quella religiosa, intesa quale diritto umano. Il volume analizza il complesso intreccio tra religioni e diritti umani nel contesto italiano, muovendo dal caso storico di due importanti minoranze come quella ebraica e quella valdese, fino agli attuali flussi migratori e, nello specifico, alla loro componente musulmana. Attraverso una prospettiva sociologica, che si avvale anche di competenze storico-politiche e storico-sociali, il testo mette in risalto come il concreto riconoscimento della libertà religiosa possa essere un mezzo per costruire una convivenza pacifica e rispettosa dell'altro in un paese multiculturale.
Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, strumento di repressione politica, fu creato dal fascismo perché, si è sostenuto, non aveva fiducia nella magistratura ordinaria. Ma cosa è stato quest'organo e che ruolo ha avuto nell'assetto istituzionale del regime? In realtà l'obiettivo era una riforma in senso fascista dell'intero sistema della giustizia; il Tribunale speciale voleva essere una specie di prova generale. Alla sua attività contribuirono, insieme ai magistrati militari e ai membri della Milizia, proprio i magistrati ordinari, con le prassi tipiche della magistratura, la loro cultura, ma anche il loro zelo repressivo. Basato su documenti inediti, lo studio indaga il concreto funzionamento del Tribunale e gli esiti, spesso contraddittori, della sua azione, senza trascurare la personalità dei giudici dei quali traccia un penetrante ritratto di gruppo.
I giorni dell’idillio fra le religioni e i diritti umani sembrano finiti: i dibattiti interni alle stesse religioni, attraversate da identità e sensibilità diverse, anche radicali, così come le implicazioni ideologiche e geopolitiche che connotano l’impatto pubblico delle fedi, nonché il ruolo non secondario delle migrazioni che sfidano le categorie del multiculturalismo, hanno causato, in questi anni, una moltiplicazione di ricorsi davanti alle Corti nazionali e sovranazionali caratterizzati da una inedita tensione fra i diritti umani e le ragioni di chi crede. Ma perché è così frequente che le religioni ricorrano ai giudici per affermare la propria idea di diritti umani? E in quale modo la dottrina dei diritti umani potrebbe favorire un dialogo con la «verità» delle religioni? Questo libro è un tentativo di ripensare l’interazione fra religione e diritti umani: dall’analisi di alcuni casi giudiziari che hanno coinvolto le tre religioni globali e dalla ricostruzione dell’essenza giuridica dei diritti umani, affiora la complessità di questo rapporto, fra dimensione privata e ruolo pubblico della fede, secolarizzazione e confessionalità, giudici e organizzazioni non governative. Ne deriva che i diritti umani non dovrebbero essere solo una creazione del diritto, interna al diritto, e immutabile, ma uno strumento in continua evoluzione, alla ricerca di una protezione sempre più universale della dignità dell’uomo.
Christopher McCrudden insegna Human Rights and Equality Law alla Queen’s University Belfast ed è William W. Cook Global Law Professor alla Michigan Law School. Fino al 2011 è stato Fellow al Lincoln College dell’Università di Oxford, dove ha insegnato Human Rights Law. È anche Fellow della British Academy e, dal 2018, della Royal Irish Academy. Membro dei comitati editoriali di prestigiose riviste accademiche come l’«Oxford Journal of Legal Studies», è membro della rete di esperti presso la Commissione dell’Unione europea per l’applicazione delle direttive in materia di uguaglianza di genere. È anche barrister presso le Blackstone Chambers di Londra e autore di decine di pubblicazioni, fra cui «Buying Social Justice» (2007) e «Understanding Human Dignity» (2013).
Il manuale offre un panorama completo della giustizia costituzionale. Nel primo volume se ne ricostruisce la storia concettuale e politica, si descrive l'uso giudiziario della costituzione e si fornisce una interpretazione della attuale fase critica del diritto costituzionale e delle sue prospettive. Il secondo volume è dedicato al sistema di giustizia costituzionale vigente in Italia e tratta della struttura e del funzionamento della Corte, nonché delle sue singole competenze: oggetti, procedimenti e decisioni.