«L'aspetto più impressionante del 25 luglio non è quello delle folle scese, all'annuncio della radio, in piazza per acclamare la caduta del duce e del fascismo. È piuttosto quello dell'assenza di qualsiasi opposizione o almeno di rammarico, o anche semplicemente di dubbio, di perplessità, di sorpresa [...]. Nessuno si meraviglia della sua liquidazione improvvisa: veramente un tale regime era maturo per la sua fine, anzi era già "passatoµ» (Luigi Salvatorelli). Sappiamo veramente tutto sulla fine del regime fascista, innescata dalla seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943? Questo saggio ne propone una nuova ricostruzione, concentrandosi sui sei mesi precedenti, a partire dal rimpasto di governo con cui a febbraio Mussolini si liberò di alcuni gerarchi scomodi. Seguendo passo passo, sulla base anche di documentazione inedita, le iniziative e le manovre di quanti furono a vario titolo implicati - le «congiure parallele» dei generali e dei gerarchi frondisti, il sovrano e la corte, il Vaticano, gli industriali, gli antifascisti, e anche probabilmente la massoneria - Cacace mostra come infine l'operato di Grandi e la seduta del Gran Consiglio siano stati marginali: il vero protagonista fu il re che pressato dagli eventi bellici decise di arrestare Mussolini e sostituirlo con Badoglio.
Il volume è il risultato di una ricerca che ha indagato, dalla prima metà dell'Ottocento al secondo dopoguerra, la continuità delle logiche coloniali con le politiche europee in Africa e nell'area del Mediterraneo. Nella prima parte, l'analisi del diritto coloniale fa risaltare il «lato oscuro» del pensiero occidentale, che ammetteva i diritti dell'uomo e del cittadino, proclamati dalla Dichiarazione della Rivoluzione francese, solo per i coloni nelle terre d'oltremare, ma li negava alla popolazione indigena. Al tempo stesso emerge l'ideologia, racchiusa nel diritto coloniale, di una «missione civilizzatrice» che rinviava in un futuro lontano e ipotetico la possibilità di un'«assimilazione» tra colonizzati e colonizzatori. Non è sorprendente ritrovare questa stessa dottrina al fondamento delle attuali politiche migratorie francesi. Di grandissimo rilievo si è rivelata la considerazione della pluralità degli «sguardi» - del colonizzatore e del colonizzato - che hanno consentito di cogliere la contraddizione fra la tradizione europea del liberalismo e dell'illuminismo e la durezza del «fatto coloniale» o, meglio, del «capitalismo coloniale», che emerge particolarmente attraverso l'analisi del pensiero di alcuni classici della storia delle dottrine politiche, da Locke a Diderot, a Kant, a Tocqueville, a J.S. Mill. Il volume approfondisce poi la dottrina dell'«Eurafrica», elaborata nel corso degli anni Trenta del secolo scorso, che enunciava la tesi della complementarietà tra Europa e Africa. Essa fu anche al fondamento - sulla base di una concezione neo-coloniale - della costituzione della Comunità Economica Europea del 1957. Sono infine considerati gli sviluppi di questa politica neo-coloniale, che si è tradotta nelle relazioni asimmetriche e nelle politiche protezionistiche dell'Europa rispetto ai paesi africani e ai paesi della «riva sud» del Mediterraneo. Solo la consapevolezza del proprio passato potrà dare all'Europa l'identità di una «potenza civile» portatrice dei diritti e dei principi della democrazia.
Come sta cambiando la partecipazione degli italiani alla vita pubblica e alla vita sociale del Paese? Che cosa ha determinato la profonda crisi che realtà quali enti del Terzo settore, associazionismo, soggetti di rappresentanza, autonomie funzionali, affrontano da tempo in Italia? Quale impatto ha avuto la pandemia sul desiderio di aggregarsi in comunità di base e corpi intermedi? La ricerca, alla quale hanno lavorato alcuni dei più autorevoli esperti italiani, propone una mappatura inedita del vasto e differenziato arcipelago delle comunità intermedie, per capirne l'identità, il ruolo e le prospettive. Sullo sfondo le radicali trasformazioni che investono il contesto mondiale, con la frammentazione, la precarizzazione, l'atomizzazione che lo caratterizza. Il tutto, unito alla pervasività delle nuove tecnologie, favorisce rapporti immediati e diretti tra individui, e tra individui e poteri, abolendo le barriere spazio-temporali e scavalcando le tradizionali forme di aggregazione e di intermediazione. La ricerca si interroga inoltre sul ruolo che, in questo contesto, le comunità intermedie saranno chiamate a giocare in un prossimo futuro. Emergono nitide le ragioni per ritenere che la rivitalizzazione e il rilancio della complessa trama dei corpi intermedi siano condizioni indispensabili per superare la crisi di legittimazione e rappresentatività del nostro sistema politico-istituzionale e per fare fronte alle esigenze di sostenibilità che il sistema globale sta ponendo in modo sempre più incalzante.
Punto a capo. L'economia mondiale scrive una nuova pagina. La posta in gioco è molto alta. Che ruolo avranno l'Europa e l'Italia nel capitolo che sta per cominciare? Dopo l'epoca d'oro della globalizzazione durata fino alla crisi economico-finanziaria del 2008-2009, il futuro dell'economia del mondo è oggi incerto, segnato da disuguaglianze crescenti e soprattutto dal mutare degli equilibri globali, con l'ascesa dell'Asia del Pacifico e con le nuove sfide poste dalla Cina. Lo shock pandemico ha ulteriormente accentuato difficoltà e disordine. L'Europa, grazie alla storica svolta in risposta alla crisi, potrebbe avere un ruolo fondamentale per il futuro dell'economia mondiale. Anche l'Italia ha davanti a sé una grande opportunità di riforme e investimenti, se solo saprà utilizzare al meglio le ingenti risorse dell'Europa. Quali dunque i nuovi scenari? Quale ruolo avrà l'America di Biden? In queste pagine una guida per orientarsi negli eventi che caratterizzano il quadro economico internazionale.
«La manifestazione non era autorizzata... cantavamo e distribuivamo volantini fermandoci ai semafori..., poi ci siamo ricordate che in genere una manifestazione non rispetta i semafori. Due poliziotti in motocicletta si sono messi a seguirci e commentavano tra loro: "Mo' ce se so' messe pure le donne... La gente era sconvolta. Non aveva mai visto tante donne insieme». Il libro tratteggia sedici ritratti biografici di donne che hanno partecipato, anche senza essere militanti, a quel grande passaggio d'epoca che va sotto il nome di Sessantotto. Così Franca Viola che si ribellò agli arcaici costumi siciliani e rifiutò il matrimonio riparatore, così Mara Cagol che pagò con la vita la scelta del terrorismo brigatista. Due ribellioni diverse, una pacifica e una violenta, emblematiche di quegli anni. E in mezzo ci sono le altre, Amelia Rosselli, Carla Accardi, Patty Pravo, Giovanna Marini, Perla Peragallo, Krizia, Emma Bonino, Rossana Rossanda, Carla Lonzi, Letizia Battaglia, Annabella Miscuglio, Mira Furlani, Elena Gianini Belotti, Tina Lagostena Bassi: ogni «scatto» disegna un percorso, politico, artistico, culturale, civile, ora luminoso ora tormentato, sullo sfondo di quella rivoluzione femminile, che - come ha scritto Eric Hobsbawm - è stata l'unica rivoluzione riuscita del Novecento.
Il libro analizza le tendenze dei fenomeni demografici italiani negli ultimi vent'anni, dall'inizio del millennio, attraverso la Grande Recessione 2007-2013 e fino al tempo del Covid-19. Nell'inquadrare la situazione italiana nel panorama europeo e nel focalizzare l'attenzione sulle diseguaglianze, il rapporto esplora i possibili scenari demografici per il futuro, sottolineando le sfide principali e le opzioni politiche con cui l'Italia è chiamata a cimentarsi nel campo della famiglia, della transizione allo stato adulto, della fecondità, delle migrazioni, della salute, della sopravvivenza, dei divari educativi e delle diseguaglianze tra territori.
Chi mai sensatamente vorrebbe un'innocenza inconsapevole, che dia il nome ai viventi senza conoscerne il mistero? Dov'è Eva? In quali pieghe della storia e delle storie è stata confinata? Seducente come una Venere, audace nel desiderio di conoscenza, insidiosa come un serpente, disperata nella cacciata e potente nella maternità. Eva sin dal Libro della Genesi si sdoppia, si dissolve, si mescola nelle riletture e si affaccia ad altre narrazioni. Cristina Simonelli ci guida sulle sue tracce, evocandola dal labirinto dei testi, mostrandocela nella sua complessità e liberandola dai fraintendimenti. Eva è l'incarnazione dell'armonia perduta e promessa all'umanità in cammino. L'eredità di Eva è oggi motivo di forza per le donne, di riflessione per gli uomini e un ulteriore tassello alla decostruzione degli stereotipi e delle proiezioni sui generi.
Presagi, presentimenti, intuizioni e delusioni: indovinare il futuro è una pretesa impossibile o è una facoltà reale, capace di sorprenderci e turbarci? Divinità classiche, eroine della tragedia greca, indovini di antiche dinastie cinesi, saggi dalla millenaria sapienza indiana, visionari dell'Israele antico o contemporaneo, ma anche personaggi della storia recente o del nostro quotidiano, saranno i nostri compagni di viaggio, protagonisti enigmatici di vere e proprie sedute divinatorie, di misteriosi incontri con l'inesplicabile. Certo, di ciarlatani è pieno il mondo e la nostra età disillusa è abituata ad avvicinarsi al destino senza grandi pretese; ma dietro a una profezia, anche una sola, che si avvera, c'è unicamente il caso oppure si spalanca una dimensione insondata dell'animo umano?
"Con un approccio originale al tema del popolarismo, Lino Prenna risale alle radici filosofiche e teologiche che ne hanno segnato il percorso, quale declinazione storica del cattolicesimo democratico. Ma in questo bel libro c'è anche il tentativo, altrettanto ambizioso, di indicare una ipotesi di attualizzazione (il «nuovo popolarismo», appunto) su cui è prevedibile che si apra una qualche discussione. Il professor Prenna ci offre poi un'ulteriore suggestione, quella di intrecciare il discorso con il pensiero di papa Francesco, un Papa apparentemente non politico, perché non mostra alcun interesse ai partiti, mentre lo è profondamente nella sostanza del suo insegnamento, perché aiuta la politica e i politici a vedere ciò che da soli non riescono a fare. I cattolici democratici, popolari o neopopolari, sono sollecitati da queste pagine a trasformare in progetto politico il suo magistero sociale: un magistero declinato in modo comprensibile e convincente anche per i non credenti e, soprattutto, per chi fa politica, spesso vivendo il proprio tempo nel più assoluto smarrimento culturale." (dalla Prefazione di Pierluigi Castagnetti)
Un diario di bordo per addentrarsi nella giungla della nostra epoca. Massini raccoglie e amplia i pensieri di due anni - raccolti nell'omonima rubrica del supplemento culturale «Robinson» di «Repubblica» - prima ispirati alle contraddizioni del nostro vivere, successivamente sollecitati dal dramma del virus di Wuhan, destinato a mutare non solo la percezione del presente ma il valore stesso del verbo sopravvivere. Parole come quarantena o coprifuoco diventano d'un tratto limiti reali del quotidiano di ognuno, entrando a far parte di un nuovo dizionario emotivo, tanto imprevisto quanto difficile da declinare. Massini tenta la sfida, stilando un sismografo del comune sentire: squarci esistenziali e letterari svolgono così il ruolo di periscopio sugli umori e le paure di un paese prima sconvolto, poi sempre più provato dal lungo tunnel della pandemia.
Si è scritto molto sulle grandi scoperte geografiche dell'età di Colombo, assai meno sull'esperienza che quei primi viaggiatori europei fecero incontrando le popolazioni native. Questi incontri cominciarono in realtà un secolo prima, quando i primi spagnoli arrivarono alle Canarie, continuarono sulle coste africane e infine nelle isole caraibiche in cui approdò Colombo. Gli europei scoprirono che il genere umano era più vasto e differenziato di quanto avessero saputo fin lì. Ma quei «selvaggi» nudi, licenziosi, magari anche cannibali, erano uomini davvero? E se lo erano per l'aspetto, lo erano per l'anima? Perché non conoscevano la parola di Cristo? E potevano riceverla? Abulafia racconta come quegli incontri si svolsero, e quali effetti ebbero sia sull'idea europea di genere umano sia sul destino, tragico, di quei popoli sconosciuti.
Il volume si propone di illustrare l'impatto delle leggi antiebraiche sul corpo docente dell'Università di Bari. I singoli contributi ricostruiscono, con ricchezza di dettagli e sulla base di fonti edite e inedite, l'applicazione della legislazione razziale fascista nell'ateneo pugliese. Ne emerge con nettezza un quadro accademico complesso e vivace in cui i conformismi e le supine adesioni sono compensati dalla più o meno esplicita resilienza alle politiche imposte dal regime. Attraverso le storie interrotte dei docenti ebrei Ladislao Brüll, Bruno Foà, Renzo Fubini e Giorgio Tesoro - a cui il Magnifico Rettore Antonio Felice Uricchio ha ufficialmente intitolato nel 2019 aule dell'ateneo - è possibile leggere un'intera stagione della giovane università barese, pomposamente intitolata nel 1925 a Benito Mussolini.