Il discernimento è riproposto nell’attuale cammino ecclesiale come dinamica necessaria dell’esistenza credente e metodo nella prassi pastorale. Si pensi alle Assemblee sinodali sulla famiglia e sui giovani; al Magistero di papa Francesco. Tuttavia, sebbene già dal Vaticano II sia auspicato un ritorno all’esercizio della coscienza personale ed ecclesiale, permangono riserve circa l’autonomia morale, quale costitutivo dell’agire etico. Di conseguenza appare il pericolo di una fallacia: in linea teorica si riconosce la possibilità razionale dell’uomo, ma sotto il profilo morale ci si limita a valutare la correttezza di un’azione dalla giustezza del procedimento e dalla conformità alle norme. Riflettere sull’agire intenzionale, dunque, colloca la riflessione sugli atti umani tra l’ordine morale, la serietà del capire/decidere in coscienza e il ruolo di Dio in questo impegno di responsabilità. È chiamata in causa l’identità stessa del discernimento, che rischia di ridursi a espediente sofistico per dilazionare situazioni complesse o per differire decisioni spigolose. Discernere è attraversare la decisione per giungere alla scelta; si tratta di un presupposto e non di un correlato. Nel testo si analizzano diverse prospettive argomentative con il supporto di J. M. Aubert ed E. Chiavacci e di altri teologi post-conciliari. L’enciclica Veritatis splendor afferma che «la legge di Dio non attenua né tanto meno elimina la libertà dell’uomo, al contrario la garantisce e la promuove» (n. 35), la vera autonomia è dono creazionale ed effetto della redenzione. L’uomo, pertanto, è creato capace di partecipare alla sapienza divina e in questa relazione, razionale e storica, è abilitata la sua creatività nel mondo.
Il libro raccoglie testi scritti lungo un decennio aventi come tema il pensiero di Ignacio Ellacuría non da un punto di vista prettamente specialistico né semplicemente d'occasione, ma che volutamente intrecciano la riflessione del gesuita basco con altre prospettive (Papa Francesco, gli altri martiri dell'UCA ed il maestro Zubiri, il dibattito sul realismo, l'umanesimo delle vittime e degli oppressi, la cristologia). Da ciò emerge sia una rigorosa enucleazione dei temi pivotali del pensiero di Ellacuría - la salvezza nella/della storia, il popolo crocifisso, la realtà storica, le periferie, la civiltà della povertà - sia la possibilità che essi possano essere giocati nei centri nevralgici del presente - il rapporto tra etica e prassi e la metafisica. Ne sorge una riflessione che siamo convinti sia originale non solo per la teologia o per la filosofia, ma per il pensiero tout court grazie alla straordinaria e, a propria volta, originalissima saldatura tra filosofia e teologia che emerge dal pensiero del gesuita basco.
La presente opera è una parabola di riflessione sul paradigma della pienezza di vita, come modello di riferimento unitario e trasversale a tutta la riflessione etico-teologica. Movendo da una iniziale descrizione degli assi portanti del paradigma, che sostanzialmente rappresenta il terreno di incontro tra l'etica filosofica e la teologia morale, si intende leggere in questa direzione il contributo della rivelazione biblica, che ne costituisce un orizzonte definito.la morale estetica e teofanica e quella teologale vengono individuate come importanti modulazioni del paradigma, che rileggono la più accreditata tradizione e proiettano prospetticamente la riflessione etico-teologica. per la declinazione del paradigma si considerano tre ambiti rappresentativi ed eticamente "sensibili", nei quali si dispiega la vita morale del credente: la morale sacramentale, la morale sociale e la bioetica, approfondendo la necessaria circolarità del rapporto tra fede professata/celebrata e vissuta.