«Il titolo del presente contributo può suscitare immediatamente una domanda: non è improprio utilizzare una categoria di origine religiosa come l'idolatria nel parlare dell'ansia? Non si stanno confondendo i piani? Non si perde il rigore del ragionamento?». Gli autori in questo libro propongono di utilizzare il termine idolatria, che è categoria di origine biblica e di alta potenza simbolica, come chiave interpretativa dell'ansia contemporanea e come valore narrativo e non solo simbolico. Nel loro percorso attraverso la crisi dell'attuale società post-moderna, illustrano come vi sia un uso dell'ansia legato alla paura del non riconoscimento ed al terrore dell'incontro con l'altro. Il cuore dell'opera è dato dalla possibilità di riscoprire, anche attraverso il racconto di casi clinici, la bellezza della realtà intesa come dono verso il quale porsi "semplicemente" per come si è. Il concetto di limite acquista così nel corso dell'opera un significato sempre più positivo, sino ad arrivare alla conclusione che è da qui che si debba passare per avvicinarsi sempre più alla costituzione della propria identità attraverso un incontro di fragilità. Con una prefazione di Luca Doninelli.
La vicenda filosofica che è stata delineata nel libro è incentrata sul trinomio di «attualismo», «problematicismo» e «metafisica» e si presta a essere narrata nella forma di un «romanzo filosofico». La trama di questo singolare romanzo sarà sviluppata intorno all'intenzione di andare oltre il problematicismo che aveva accomunato il già maturo Bontadini e l'ancora giovane Severino. Ma numerosi altri personaggi contribuiranno ad ampliarne significativamente il contenuto.
Quest'opera corrisponde a una tappa decisiva del percorso di Jean-Luc Marion: il nesso tra fenomenologia della donazione e rivelazione non è più affrontato definendo le competenze della filosofia e della teologia, ma tramite l'abbandono al campo aperto della speculazione, senza ulteriori caratterizzazioni. L'autore intesse un serrato dialogo con la Scrittura e con la storia del pensiero filosofico e teologico, fino a determinare la fenomenicità della rivelazione quale modalità privilegiata del fenomeno, caratterizzata come adveniente da altrove. L'abbandono delle categorie elaborate dalla metafisica è definitivo: la rivelazione è s-coperta (apokalypsis) e non mero disvelamento (aletheia), di conseguenza anche i concetti classici di Dio, essere, tempo, storia e soggetto vengono riconsiderati. La fenomenologia della donazione dispiega tutta la sua forza speculativa definendo la plausibilità della manifestazione trinitaria del divino e la forma testimoniale dell'umano che vi si lega. Radicalizzando i temi grazie ai quali si è inserito nel dibattito contemporaneo, Marion si conferma un autore capace di contribuire al pensiero interpellandolo con nuovi e decisivi motivi di riflessione.
«Credo proprio che la cosa che conta di più sia questo cogliere il cuore, il desiderio, dell'altro, non occupandosi di ciò che appare, di quello che risulta essere il ruolo che l'altro ha assunto, chissà poi per quale strada o per quale ragione, nel mondo. Quello che conta è arrivare dritti al cuore: solo questo permette l'incontro e quindi il cambiamento attraverso il perdono». Ripercorrendo la propria storia e l'incontro con il maestro, Cesare Maria Cornaggia, psicoterapeuta e docente universitario, rilegge il proprio mestiere come un cammino che lo ha reso sempre più compagno dei pazienti che gli si facevano incontro. La scoperta dell'umano sotto la diagnosi, la curiosità stringente, la prassi sfidante del maestro che non permetteva a nessuno dei suoi allievi di ridurre la persona ad una malattia. Si compone così una galleria di ricordi e relazioni: ogni paziente, con il suo insegnamento, segna una via di amicizia e stima tra maestro e autore, che li lega per la vita.
Il presente studio intende approfondire le coerenze per le quali, nella proposta filosofica personalistica di Luigi Stefanini, l'affermazione dell'irriducibilità della persona e la tematizzazione di una identità forte siano inseparabili dall'apertura e dalla relazionalità, ovvero tenta di mettere in risalto le ragioni per le quali è possibile affermare che «La monade spirituale è tutta porte e tutta finestre». Mentre i primi due capitoli, più ricostruttivi, si concentrano sulla definizione del personalismo e sulle peculiarità del concetto di persona, negli altri due l'accento è posto sulle aperture che tale concetto implica, a partire dalla formulazione di una estetica come scienza della parola assoluta e dall'elaborazione di un personalismo morale come presupposto per intendere e affermare la necessità della socialità.
"Con simili strategie, infatti, si pensa ancora che ci sia qualcosa da fare, che il pensiero debba aprirsi strenuamente un cammino, che vi sia magari qualcosa contro cui esso urta e che perciò dia a pensare. Si dà forza al pensiero rendendo ardua la sua meta, perché - si dice - «come potrebbe accadere che la salvezza fosse trascurata quasi da tutti se fosse a portata di mano e la si potesse trovare senza grande fatica»? Se ciò non può accadere, tuttavia, è forse perché questo è veramente il più difficile da dire e pensare: che la salvezza stia qui, semplicemente accanto: a portata di mano."
Antonio Rosmini (1797-1855) si profila come una delle vette filosofiche della prima metà dell'Ottocento europeo. La presente edizione di alcuni suoi inediti giovanili del 1813 (Delle laudi dell'amistà e il Dialogo tra Cieco e Lucillo), consente di gettare nuova luce sulla formazione di un intellettuale dell'epoca e sulla sua nascente sensibilità filosofico-letteraria: dalla ricerca dello stile linguistico all'esposizione delle numerose opere consultate, dal desiderio di condividere con gli altri le proprie passioni al conseguente riflettere sul senso dell'amore e dell'amicizia. Come nota Fulvio De Giorgi nella Prefazione, «grazie a questa importante e accurata edizione di manoscritti giovanili rosminiani, gli storici del pensiero possono disporre di una nuova e significativa documentazione, che indubbiamente entrerà nella bibliografia essenziale delle fonti primarie per lo studio di quella grande figura della cultura italiana contemporanea che è stata Antonio Rosmini».
Agli "ideali ascetici" Friedrich Nietzsche ha notoriamente dedicato una durissima requisitoria nella terza dissertazione della sua Genealogia della morale. Eppure, ad un'analisi più dettagliata, non è possibile ritrovare, in questo testo, neanche una singola occorrenza della parola "ascesi". È davvero possibile che il filosofo (e filologo classico) di Röcken abbia omesso casualmente una parola come askesis, tanto centrale per il pensiero filosofico greco, dal suo scritto polemico? Oppure il concetto di ascesi va interpretato in maniera differente rispetto a quello di "ideale ascetico", andando così a creare una costellazione teorica più complessa rispetto a quella che sembra configurarsi in un primo momento? Il presente lavoro si ripropone di effettuare una ricostruzione e discussione critica delle molte declinazioni dell'ascetismo presenti nel pensiero di Friedrich Nietzsche, tanto nelle opere a stampa quanto nei frammenti postumi: dall'ascesi greca di Pitagora e Orfeo, passando per quella (talvolta valorizzata, talvolta criticata) di Schopenhauer, fino ad arrivare alla decostruzione dell'ideale ascetico nella Genealogia della morale verranno prese in considerazione quelle che andranno a configurarsi come le molte ascesi di Nietzsche.
«Questo foglio, questa penna, questa stanza, questi colori, suoni e sfumature e ombre delle cose e dell'animo sono eterni». Questa affermazione del filosofo Emanuele Severino si fonda sulla pura ragione, libera dall'ottundimento nichilistico in cui versa l'Occidente. Il tentativo di questo libro è di illustrare quanto possa essere affascinante pensare ciò che nessuno mai oserebbe pensare, e cioè che ciascuna cosa è connessa a tutte le altre, e che proprio grazie a tale intreccio è possibile trovare un nuovo significato del tempo e dell'eternità. È appunto in questa tesi dell'eternità di tutte le cose, dell'impossibilità di ogni cosa di venire dal nulla e finire nel nulla - perché semplicemente il nulla non è - il fascino inconfondibile dell'opera di Severino. Questo libro cerca di restituirlo, pur tenendo vivo il vaglio critico che temi di così alta levatura filosofica, e di grande bellezza, necessariamente richiedono.
«Penso a tutti i libri che non sono stati scritti, alla grande storia della letteratura invisibile, rimasta ferma e muta in una morsa di stomaco, in uno struggimento che di colpo si fa paura, e poi solitudine, e poi corpi da abbracciare senza dire nemmeno niente». Un diario intimo, tanto più personale quanto condiviso e universale. Un memoriale nel quale lo scrittore lucano mette a nudo, senza veli, i suoi drammi e le sue gioie. Frammenti di una vita vissuta ad alta intensità emotiva che si ricompongono in un bilancio umano in cui la letteratura spinge il dito nella piaga dell'esistenza e diviene rivelazione del mondo.
Misterioso ed estremamente, eloquente, il sorriso col suo fascino ha stregato poeti, musicisti, scultori e pittori di ogni tempo, ispirando alcune delle opere più straordinarie della cultura mondiale: dalle molte rappresentazioni orientali del Buddha all'etrusco Apollo di Veio; dai ritratti in affresco dell'antichità alla ineguagliabile Gioconda, per sedurre infine l'arte relativamente giovane della fotografia. Al contempo, la sua spontanea insorgenza - talora apparentemente inconsapevole, talaltra pregna della massima concentrazione raziocinante - ha incuriosito scienziati e psicologi. Solitamente viene accostato al riso, come sua forma diminutiva o contenuta. Secondo Plessner, invece, il sorriso appartiene a una specie sui generis di espressione che, proprio per la sua polivalente performatività, non ha nulla a che vedere con il significato antropologico del riso e denota la straordinaria capacità dell'essere umano di allontanarsi da se stesso e assumere maschere.
Il volume, partendo metodologicamente dal concetto agambeniano di «potenza di non», propone una ricognizione del tema della negatività nell'estetica di Schopenhauer, in particolare in Die Welt als Wille und Vorstellung. La tesi che accompagna il presente studio è che la tensione tra la kantiana «conformità a scopi senza scopo» e la negatività del Wille schopenhaueriano costituisca la radice di una modalità riflessiva, che vede nell'arte il paradigma negativo di un uso e di una tecnica liberati dalla presa finalistica della conformità a scopi e capaci di far emergere la dimensione del possibile, il fondamento ineludibile di ogni operari.