In questo quarto volume si tratta di un'«azione» lungamente preparata. Nel primo è stata anzitutto elaborata una precomprensione della categoria del drammatico come introduzione alla comprensione della rivelazione (o «teologia»). Poi occorreva presentare i personaggi del dramma. Ma nella tensione tra la libertà riconosciuta della creatura davanti a Dio (vol. due) e l'inclusione di questa libertà in Cristo, a partire dal quale soltanto si danno personaggi teodrammatici (vol. tre), c'era già l'esca di accensione per qualcosa di così esplosivo che non si poteva cominciare altrimenti che nel «segno dell'Apocalisse». Essa già indica che l'agire della libertà umana non può essere aggirato o sorvolato dal più vasto agire dell'«Agnello come immolato» e ridotto a fattore inoffensivo. Qui il discorso non è quello di una apocatastasi che inserisce l'impegno cristiano tra Dio e l'uomo in un panorama filosofico (alla maniera di Plotino o di Hegel) circa un'emersione e un rientro del mondo nella divinità. Giacché si dà un'insurrezione titanica degli uomini contro la loro inclusione nel mistero della croce. Fin dal tempo di Cristo esiste una passione anticristica: «Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, essi sarebbero senza peccato». Solo là dove si apre il cielo si spalanca anche l'inferno.
«Per questo il cristiano può percorrere il suo cammino nel mondo con una speranza fresca, credibile, creata dall'origine divina, e nella misura in cui permane alla fonte e beve da essa può indirizzarvi anche gli altri, gli assetati: sì, per mezzo suo può far bere anche gli altri a questa origine (Gv 4,14; 7,37ss). Può realizzare attorno a sé un modello di esistenza libero dalle potenze personali e sociali del mondo, e donare al di sopra della morte (in tutte le sue possibili forme) un presentimento di vita di resurrezione: nel nascondimento è vero (Col 3,3), ma con tanta efficienza da cambiare a livello di vita il tessuto della società umana.» (Hans Urs von Balthasar, Einsiedeln 1971) «Il destino e l'intenzione profonda della comunità cristiana è il mondo, "per gli uomini": una dedizione profonda e appassionata agli uomini e al loro destino, una tensione a rendere presente dentro la trama della convivenza solita, in cui gli uomini soffrono, sperano, tentano, negano, attendono il senso ultimo delle cose, il Fatto di Gesù Cristo unica salvezza degli uomini. Il "per gli uomini" è il motivo storicamente esauriente la vita della comunità cristiana. L'apertura incondizionata alla missione è garanzia di verità e di autenticità della vita stessa della comunità cristiana: "Per essi io consacro me stesso, affinché siano anch'essi consacrati in verità"» (Luigi Giussani, Einsiedeln 1971). Prefazione di Julián Carrón.
Teresa di Lisieux ed Elisabetta di Digione hanno considerato l'atto della dedizione totale a Dio uno e trino come il modo più sublime ed efficace per impegnare la propria vita nella salvezza del mondo. Esse sanno bene che una simile vocazione porta al nascondimento, così come le radici affondano nel terreno oscuro. Ma, come von Balthasar mostra magistralmente, è proprio da questo nascondimento che la Chiesa trae nutrimento e forza per le proprie azioni. Sarebbe assurdo strappare le radici dal terreno «affinché anch'esse possano stare all'aria e al sole»; l'albero infatti seccherebbe subito. Teresa ed Elisabetta, unite in un'intuizione fondamentale, si trovano, pur in questa concordanza di vedute, animate da un'opposizione estremamente feconda per il cammino della Chiesa verso la salvezza. Il loro donare la vita alla realtà della fede, infatti, prende corpo nel 'fiat' incondizionato che i loro cuori pronunciano al richiamo della volontà divina, il loro abbandonarsi e lasciarsi condurre è ciò che von Balthasar indica quale esempio di totale adesione alla parola di Dio.
La storia cristiana è la storia di coloro che hanno accolto l'invito a seguire Cristo secondo una molteplicità di applicazioni che testimonia della grande creatività della vocazione cristiana. Hanno avuto così origine gli ordini religiosi, le congregazioni, le associazioni, gli istituti, le confraternite. Tuttavia l'accelerazione temporale, tipica della nostra epoca, ha fatto emergere la relatività delle applicazioni rispetto alla centralità della vocazione. Ma come incarnare la vocazione cristiana ai nostri giorni? Il grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar ha cercato di rispondere con la vita e le opere (di cui la presente rappresenta la riflessione più matura) a questo interrogativo. Per Balthasar le forme, o stati di vita cristiana, sono sostanzialmente due: quella del cristiano chiamato alla santità nella vita familiare e quella della particolare sequela secondo i consigli di povertà, castità e obbedienza. In un periodo in cui la riflessione sulla vita cristiana e religiosa si limita molte volte all'impegno sociale o alla veste da indossare, un'opera che va al cuore della vocazione cristiana.
Al momento della pubblicazione, nel 1985, "Sperare per tutti" e "Breve discorso sull'inferno", i due volumi qui riuniti secondo un espresso desiderio di von Balthasar, fecero molto parlare di sé. Il punto di partenza era la generosità inesauribile del Padre che portò all'origine eterna della Trinità santa, secondo il famoso passo paolino: "Dio non tenne per sé come un tesoro geloso la sua divinità". Questo è il grande dono di Dio, ma nella sua generosità Egli offre al Figlio la creazione. E quando la creatura nella sua libertà finita ricevuta in dono decide di allontanarsi dalla casa del Padre, il Figlio si offre prontamente per discendere nel mondo e riconquistare all'amore quel dono che rischia di andare perduto. Incarnazione, crocifissione e morte sono l'espediente estremo d'amore per convincere la creatura dell'amore di Dio. A questo punto, però, lo sconfitto è il vincitore: il Figlio calato negli inferi viene preso nell'abbraccio del Padre e questa è la resurrezione. La storia del mondo e dell'uomo viene così riorientata verso Dio. È Yapocatastasi, la dottrina della riconciliazione universale, condannata dalla Chiesa? Balthasar nega di giungere a tanto, anche se vuole prendere sul serio le parole del Vangelo, che parlano di Gesù venuto per la salvezza di tutti.
Negli anni '40 von Balthasar fu a lungo in dialogo con Karl Barth (La teologia di Karl Barth, Jaca Book). Dell'autore protestante egli ammirava in particolare la dottrina dell'elezione, «questo geniale superamento di Calvino», per cui in Cristo Dio ha pronunciato il suo sì per il mondo e per ogni uomo. Tuttavia egli intravede anche le obiezioni che si possono avanzare a Barth: che senso ha la storia prima di Cristo? Si può ancora parlare di storia cristiana se tutto dipende dall'evento unico e irripetibile di Cristo? Balthasar aveva già tentato di dare una risposta a questi interrogativi in Teologia della storia, scritto nel 1950. Ritorna sull'argomento nel 1963, quando, pur essendo già iniziata la pubblicazione di Gloria, esce II tutto nel frammento, che ancora una volta si interroga sul significato del tempo di fronte all'eternità. «Come nel mio precedente breve libro Teologia della storia, anche qui non verrà presentata una trattazione globale sulla teologia della storia. Saranno presi in considerazione soltanto alcuni temi principali secondo un movimento di pensiero "ciclico", per cui gli stessi problemi - o altri analoghi - saranno ripresi più di una volta a diversi livelli. Così ci si imbatte pressoché costantemente in temi come il problema del tempo, del centro e della fine del tempo, la questione dell'apertura della ragione e della rivelazione, il problema dei Giudei e dei Pagani e così via. Le questioni sono scelte secondo un preciso riferimento al tema generale indicato nel titolo: dove dobbiamo rivolgere il nostro sguardo per scorgere, nella frammentarietà della nostra esistenza, una tensione verso l'Intero? Ogni frammento di un pezzo di ceramica suggerisce la totalità del vaso, ogni "torso" di marmo viene visto nella luce dell'intera statua. Sarà la nostra esistenza a costituire un'eccezione? Ci lasceremo persuadere forse che quello stesso frammento che è la nostra esistenza costituisce l'intero?» (dalla nota dell'autore)
"'Gloria' è la prima parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato in questa prima parte della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda ( Teodrammatica) della libertà finita e infinita, e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto. Gli scribi e i farisei della nostra epoca, i quali trasformano la bibbia in fredde chiacchiere che uccidono lo spirito e 0 cuore, io non li voglio certo a testimoni della mia fede intima e viva. So bene come costoro sono arrivati a questo punto, e poiché Dio perdona loro di aver ucciso Cristo peggio dei giudei, perché riducono la sua parola a lettera morta e riducono lui, il vivente, a vuota immagine idolatrica, poiché Dio perdona loro, perdono loro anch'io. Solo vorrei esporre me e il mio cuore non là dove viene frainteso, e perciò sto zitto davanti ai teologi di professione... altrettanto volentieri quanto davanti a quelli che non vogliono più saperne di tutto questo per la ragione che, cresciuti fin dall'infanzia nella fede della morta lettera e del terrore, hanno perduto la voglia di ogni religione che pure è il primo e il supremo bisogno dell'uomo... Era necessario che tutto ciò si verificasse nel modo come ora è ovunque e in particolare nella religione, e quanto alla religione le cose stanno quasi al modo come stavano quando Cristo venne al mondo. Ma proprio come dopo l'inverno succede la primavera, è sempre venuta dopo la morte dello spirito nuova vita, e la realtà santa è sempre santa, anche se gli uomini non lo avvertono. E c'è pure qualcuno che nel suo cuore è più religioso di quanto egli voglia o possa dire, e forse anche qualche nostro predicatore dice di più di quanto altri suppongono, perché le parole da lui adoperate vengono comunemente e in mille maniere fraintese." (Hölderlin)
Nel pieno della seconda guerra mondiale, circondato dall'odio delle nazioni e dalle distruzioni della guerra, von Balthasar scriveva un libro appassionato sull'amore di Dio. È un amore inarrestabile che porta alla creazione del mondo e dell'uomo, alla generosità di un Dio che non tiene per sé la divinità ma viene nel mondo in incarnazione, morte e discesa agli inferi. La figura di Dio in Cristo è avvolta in una tenerezza infinita che non vuole e non può fuggire le lance e le frecce dell'uomo tracotante e violento. In una breve nota scritta qualche mese prima della morte, l'autore dedicava il suo libro ai giovani.
Gloria è la prima parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato in questa prima parte della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda (Teodrammatica) della libertà finita ed infinita, e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto.
"Il volume 'Sponsa Verbi', che raccoglie quindici saggi teologici (scritti da Hans Urs von Balthasar tra il 1939 e il 1961), fu pubblicato da Johannes Verlag proprio mentre fervevano i preparativi per la celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, che papa Giovanni XXIII aveva annunciato nel gennaio del 1959. La chiave di lettura autorevole e autorizzata per individuare il cuore di questi saggi (raggruppati in tre parti) sta nell'intenzione dichiarata dall'autore di voler offrire soltanto delle 'pietre di costruzione per una futura ecclesiologia sistematica'. Tuttavia, affinché esse non restassero disperse e slegate tra loro, l'autore si preoccupava subito che venisse prestata un'attenzione sistematica, senza distrazioni, al 'mistero del centro'. Per Hans Urs von Balthasar ogni questione era soltanto una finestra (e sapeva bene che 'si aprono molte finestre'), da cui 'gettare uno sguardo sul centro, che tuttavia resta celato nel recesso più segreto. Nella fede ne abbiamo notizia e siamo indirizzati a interpretare quanto nella Chiesa è manifesto con la luce che proviene da là. Ciò, sotto molti rispetti, dà il risultato di un'immagine della Chiesa diversa da quella che oggi è moderna e in uso'." (Dalla prefazione di Antonio Maria Sicari)
Teodrammatica è la seconda parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato nella prima parte (Gloria) della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda (Teodrammatica) della libertà finita e infinita e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto. "Ciò che qui interessa è questo grande complesso che è il teatro: il fatto che si dà qualcosa che assume struttura di rappresentazione in movimento. Ed interessa in ultima analisi ciò che viene rappresentato. Questo complesso dev'essere reso trasparente in ordine alla teologia, e tutti i suoi elementi devono essere resi utili per essa. Ci sarebbe naturalmente anche una possibilità filosofica di comprendere il teatro, la quale potrebbe iniziare dal fenomeno per cui già il bambino è solito tradurre in situazioni teatrali il mondo della sua esperienza: nella percezione delle cose e delle sue reazioni ad esse, nella lingua e nelle lorme del gioco infantile. A partire di qui il teatrale si può intendere come un istinto primordiale dell'uomo, un istinto di cui è stato detto che è più primitivo dei nostri stessi bisogni estetici." (dalla prefazione)
"Nell'introduzione al primo volume della teodrammatica la "drammatica" è stata situata tra "estetica e logica", e perciò concepita come il centro di una riflessione integrale della rivelazione cristiana". "Il presente secondo volume e il terzo, a cui spetta di presentare i personaggi del dramma, si trovano subito davanti a una grande difficoltà. Chi, all'oscuro dell'azione drammatica e prima che si alzi il sipario, scorre sul programma la lista dei "personaggi" e cerca in qualche modo di immaginarsene le caratteristiche, non sa nulla del dramma e riesce a mala pena ad anticipare qualcosa del contenuto. [...] Noi dobbiamo perciò essere ben consapevoli già in questo volume, come in quello successivo, che delineano i personaggi cioè i centri soggettivi dell'azione, che quanto verrà detto via via - poniamo la fondazione della libertà creata - non potrà essere reso intelligibile se non mediante quanto sarà rivelato in definitiva: il mistero divino trinitario e il mistero soteriologico della Chiesa". (dalla premessa)