Questo testo, infuocato e veemente “libello” composto nel vivo degli eventi della Rivoluzione d’ottobre, è certamente una delle opere più discusse di Berdjaev, e costituisce un deciso richiamo anche per l’uomo contemporaneo, invischiato nella crisi e propenso a vedere nella politica l’unica via d’uscita dai mali presenti.
Nell’opporsi ai rivoluzionari che tentano di riorganizzare la società con un’azione dall’alto, che esaltano il valore dell’uguaglianza come antidoto all’ingiustizia sociale e sperano così di fondare il paradiso sulla terra, Berdjaev ci ricorda che nessun sistema politico, per quanto giusto, è in grado di esaurire la domanda di significato dell’uomo, e che l’origine e il fondamento della vera politica non stanno in un progetto ma nella persona, nella sua “disuguale” unicità, nella libera risposta della creatura all’amore del proprio Creatore, unico motore in grado di trasfigurare veramente la società.
L’AUTORE
Nikolaj Berdjaev (1874-1948), filosofo religioso russo. Dopo un’iniziale fase marxista si riavvicinò all’esperienza ecclesiale ortodossa. Espulso dalla Russia nel ‘22, si stabilì a Parigi, dove diede forma ad un suo originale personalismo esistenziale cristiano. Tra le sue opere: Il senso della creazione (1916), La concezione di Dostoevskij (1924), Spirito e libertà (1927), L’io e il mondo (1932), Schiavitù e libertà dell’uomo (1939), Autobiografia spirituale (1948).
Il nostro è un tempo di scarsa incidenza della fede e dell’annuncio cristiano sulla società. Un mondo «dopo Gesù, senza Gesù», che influenza anche i cristiani. La fede, soggettivisticamente intesa, è spesso ridotta a un insieme di idee, a principi o valori, a forme spiritualizzate; si rischia di dimenticare che l’oggettiva contemporaneità di Cristo ne è il fondamento irrinunciabile.
L’Autore, alla scuola dei Padri e in particolare di sant’Ambrogio, offre un itinerario che porta a riconoscere la divinità di Cristo attraverso la fede nella Sua umanità. Diventando uomo, Cristo è entrato in comunione con la fragilità e la debolezza della nostra umanità, per risanarla e farla come la Sua: luogo di reale comunione con il Padre e di pieno affidamento a Lui. Così la Sua vittoria può trasformare anche la nostra povera umanità, permettendole di camminare
in una vita nuova.
La seconda parte del testo è incentrata sull’Eucaristia: luogo e forma dell’oggettiva presenza di Cristo. Con l’aiuto di numerosi testi della liturgia orientale, si propone un cammino teso a riscoprire la liturgia eucaristica come luogo essenziale della presenza «qui e ora» di Cristo, che trasforma e configura a sé chi celebra la sua Pasqua.
Un testo per i fedeli e i sacerdoti che desiderano vivere l’Eucaristia come reale presenza di Cristo, «che dà origine alla fede e la porta a compimento».
Perché rileggere oggi Il potere dei senza potere, un testo scritto nel 1978 quando il blocco sovietico era ben saldo e Havel un «dissidente» tenuto sotto stretto controllo dalla polizia?
Nel contesto di crisi e di crisi di identità che da anni affligge l’Italia e l’Europa, quest’opera sollecita a interrogarsi sul rapporto tra l’uomo e la politica, tra l’«io» e il potere.
Descrivendo un sistema post-totalitario, in cui l’«io» sembrerebbe condannato all’irrilevanza, sorprendentemente Havel ne fa invece il perno e il protagonista della vita pubblica perché «tutti coloro che vivono nella menzogna ad ogni momento possono essere folgorati dalla forza della verità» con esiti imprevedibili sul piano sociale: «nessuno sa quando una qualsiasi palla di neve può provocare una valanga».
La vita stessa di Havel mostra che un «io» non de-moralizzato, cioè non rassegnato alla menzogna, può diventare attore della trasformazione della storia di un Paese e dell’intera Europa: «Solo con una vita migliore si può costruire anche un sistema migliore».
In appendice sono proposti al lettore altri scritti di Havel: il primo storico discorso di Capodanno (1990); il discorso dedicato «alla speranza e alla morte» tenuto a Hiroshima nel 1995, così personale e così poco di circostanza; il discorso pronunciato a Parigi il 22 ottobre 2009, sul mistero della storia e le sorti del mondo; e infine alcuni brani dall’ultimo colloquio, per Havel così faticoso, registrato con il cardinal Duka nel novembre 2011 per la Televisione ceca, a meno di un mese dalla morte.
Prefazione di Marta Cartabia
Nel 1957 un prete trentino sbarca a Milano, dopo gli studi al Russicum a Roma, e comincia un’avventura di incontri e di amicizia con la Russia che continua ancor oggi. «Russia Cristiana», fondata allora da padre Romano Scalfi, sarà per decenni uno dei canali attraverso cui persone, gruppi, riviste, comunità in URSS, costretti alla clandestinità, possono far udire la propria voce nel mondo. La propria testimonianza civile, cristiana e culturale.
Una giornata con padre Scalfi, per ripercorrere alcune pagine di storia e santità del popolo russo che si intrecciano con il lavoro svolto da «Russia Cristiana» in Italia, per far conoscere l’icona, il canto liturgico bizantino, la fede dei martiri del XX secolo, il dissenso, il samizdat (coraggiosa voce dell’editoria clandestina). Una storia appassionante di incontri e amicizie, che oggi fioriscono nel dialogo a tutto campo con la società russa, attraverso il Centro culturale «Biblioteca dello Spirito» a Mosca.
Documentario audio-video
Durata: 33minuti
Regia e montaggio: Marco Gandolfo
formato: Video PAL 16:9 colore