"Ma avevo un'altra promessa da mantenere. Sono andato nella casa della vecchia mamma Arciuli. Era sola e stava sfogliando un album di fotografie di altri tempi. Le ho dato sette baci sulla fronte. Uno per me, gli altri per i figli lontani. Sette. Come le stelle dell'Orsa, che stasera sfavillavano vivissime nel pezzo di cielo dove, per venti notti di seguito, ho visto scintillare la Croce del Sud."
C'è un don Tonino inedito, autentico, in queste pagine. Il lettore lo avverte immediatamente perchè imbrigliato e coinvolto dal gioco audace e coraggioso che l'autore sceglie di fare: mettersi a nudo per primo. Senza finzione. Togliere una ad una le foglie di fico che coprono non la vergogna del nostro orgoglio ma il clichè ipocrita dei professionisti della fede: vescovo, preti, fedeli. Con la confidenza del padre che ai suoi figli racconta il suo più grande amore non nascondendo la fatica di conservare autentica e sempre nuova una relazione profonda e con la dolcezza dello sposo che aspetta il crepuscolo per accarezzare la sua sposa, don Tonino ci parla di una comunione che altro non è se non il nostro bisogno nascosto e più vero di non vivere da soli la nostra fragile umanità. Nostra di uomini e donne, ma anche sua di vescovo.
Fino a quando nelle nostre città la costruzione del regno non sarà organizzata dagli amici del cambio, dagli appassionati della rivolta, dai poveri che si ribellano, dai condannati alle piccole croci quotidiane, da chi vi rimane schiacciato sotto, da chi è ingiustamente spogliato di tutto come Cristo, da chi viene abbeverato con l'aceto e il fiele di una vita insostenibile, avremo sempre aurore senza mattino. E i macigni continueranno a ostruire i nostri sepolcri, lasciandoci privi di una memoria spiritualmente eversiva. Queste pagine sono dedicate a loro, pietre scartate dai costruttori che fanno le sorti della Storia. Il loro anelito di vita muta in serbatoio di speranze questa allucinante vallata di tombe che è la terra.