Israele stava già attraversando un periodo di crisi drammatica prima del criminale attacco del 7 ottobre 2023. Grandi manifestazioni chiedevano a gran voce le dimissioni di Netanyahu e del suo governo e il paese era praticamente bloccato. La risposta al gesto terroristico di Hamas con la guerra di Gaza rischia però di essere un vero e proprio suicidio per Israele. Da un lato, infatti, abbiamo l'involuzione del sionismo, o meglio dei sionismi: da quello originario della fine del XIX secolo, passando per quello liberale e favorevole alla pace con gli arabi, fino alla crescita del movimento oltranzista dei coloni e all'assassinio di Rabin. Dall'altro, il resto del mondo ebraico - la diaspora americana e quella europea - si confronta oggi con un crescente antisemitismo che, contrariamente alla propaganda di Netanyahu, non è la stessa cosa dell'antisionismo, ma che certo dalle vicende della guerra di Gaza trae spunto e alimento. Per salvare Israele è necessario contrapporre al suprematismo ebraico, proprio dell'attuale governo Netanyahu, l'idea che lo Stato di Israele deve esercitare l'uguaglianza dei diritti verso tutti i suoi cittadini e deve porre fine all'occupazione favorendo la creazione di uno Stato palestinese. Qualunque sostegno ai diritti di Israele - esistenza, sicurezza - non può prescindere da quello dei diritti dei palestinesi. Senza una diversa politica verso i palestinesi Hamas non potrà essere sconfitta ma continuerà a risorgere dalle sue ceneri. Non saranno le armi a sconfiggere Hamas, ma la politica.
È vero, la scuola è in crisi, ma non è detto che questo debba comportare una resa. Questo libro nasce da una presa di coscienza: la scuola democratica ha una storia luminosa in Italia che passa per il metodo montessoriano, la scuola media unica, l'eliminazione delle classi differenziali, le riforme dell'inclusione, Barbiana e le mille sperimentazioni di scuole attive, un'editoria dedicata di valore internazionale. Una storia che va conosciuta e che soprattutto va rinnovata. Con questo scopo Christian Raimo ha riunito un gruppo di intellettuali, maestri, professoresse, pedagogiste, educatori che vivono, lavorano e studiano il mondo della scuola - dai nidi all'università, dai licei di periferia ai professionali di provincia - per disegnare la mappa di temi essenziali quali l'inclusione, la diversità, i sistemi di valutazione, le necessità educative dei bambini in età prescolare e molto ancora. Con loro ha disegnato una costellazione di storie, prospettive, proposte, metodologie, per una scuola nuova che assomigli ai nostri desideri e ai nostri bisogni. Contributi di Giulia Addazi, Fabio Bocci, Raffaele Cariati, Pietro Causarano, Cristiano Corsini, Michele Dal Lago, Simone Giusti, Franco Lorenzoni, Federica Lucchesini, Giusi Marchetta, Rahma Nur, Laura Parigi, Roberta Passoni, Fabio Poroli, Claudia Ricci, Marco Romito, Pietro Savastio.
Un manuale di geografia finalmente all'altezza dei tempi in cui viviamo. Un testo che si propone di superare le impostazioni ottocentesche di una disciplina che è tornata a essere di grande attualità nell'epoca delle paure e delle incertezze globali. Negli ultimi trenta anni il nostro pianeta ha attraversato un vorticoso processo di trasformazione che ha modificato radicalmente i tradizionali rapporti di forza tra i continenti. In tutto questo, la geografia, ovvero la disciplina che studia il rapporto tra l'uomo e lo spazio che lo circonda, è tornata ad avere un ruolo centrale. Da umile ancella al servizio dello Stato moderno e delle sue vocazioni imperiali, forse per prima ha cercato di interpretare i mutamenti epocali che stiamo vivendo. Grazie ai suoi metodi e ai suoi strumenti, ha compreso che il potere, ovvero il rapporto tra società e spazio, ha assunto un carattere frastagliato e molteplice. Dunque, a differenza di altri strumenti didattici che hanno scelto un approccio più tradizionale, questo manuale ha scelto di compiere una scelta innovativa. Ovvero di trattare assieme aspetti politici e geopolitici, economici e demografici proprio per dare meglio conto di questa nuova fase. Migrazioni, cambiamenti climatici, sostenibilità ambientale, guerre: temi e concetti fino a ora poco affrontati dalla geografia, vengono presentati in forma originale e didatticamente efficace.
Le economie dei paesi sviluppati devono affrontare problemi profondi e interconnessi: città inquinate, gravi diseguaglianze, marginalizzazione di larghe fasce di popolazione, crescita lenta, un disastroso cambiamento climatico. Per affrontare questi problemi le politiche economiche devono cambiare radicalmente. Il che vuol dire che dobbiamo capire fino in fondo come funziona il sistema capitalista contemporaneo. In questo libro, alcuni tra i massimi economisti a livello internazionale affrontano le questioni chiave dell'economia contemporanea - la politica fiscale e monetaria, il mercato finanziario, la diseguaglianza, le privatizzazioni, l'innovazione e il cambiamento climatico. Con una convinzione: il capitalismo deve essere riformato e reinterpretato per evitare i fallimenti che tuttora abbiamo davanti agli occhi.
La disobbedienza civile e la non-violenza hanno una storia lunga e gloriosa: pensiamo a chi si è opposto con coraggio al nazifascismo o a figure come quelle di Gandhi e di Martin Luther King. Negli ultimi anni si sono aggiunte nuove pratiche di disobbedienza: quella climatica, l'animalismo radicale, i passeurs che fanno attraversare i confini ai migranti, l'abbattimento o l'imbrattamento di statue di personaggi controversi, e tante altre. L'opinione pubblica ha spesso faticato a comprendere le ragioni e la specificità di queste iniziative, riducendole a un generico bisogno di visibilità. Certo, gli stati liberali e democratici, seppur imperfetti, meritano il rispetto delle leggi. Ma è innegabile che ci sono leggi e pratiche ingiuste, e da questa constatazione è necessario partire per capire le ragioni di chi decide di andare contro gli ordinamenti per reclamare la necessità di un cambiamento. Lungi dall'esprimersi in un bisogno di radicalismo fine a sé stesso, il senso morale della disobbedienza va inteso come un modo, a volte estremo, di fare politica in una democrazia. Quando le normali forme di rivendicazione democratica non funzionano, la disobbedienza può essere moralmente giustificabile.
Da oltre trent'anni l'Italia vede attuarsi periodicamente soluzioni 'irregolari' delle crisi politiche. Ciampi, Monti, Draghi. Da tempo i presidenti della Repubblica si regolano come se fosse in vigore da noi la Costituzione della Quinta Repubblica francese, o forse pensano che sia ritornato lo Statuto Albertino: convocano 'qualcuno' che metta le cose a posto. Non possiamo non chiederci se, tra le cause immediate di questa deriva, non ci sia il disinvolto e reiterato ricorso alla cosiddetta 'unità nazionale' e al conseguente assembramento di formazioni politiche ritenute antitetiche ma destinate a perdere, nel corso di tali esperienze, larga parte dei loro connotati. È probabile che tutto questo si sia verificato sotto la pressione incalzante di costringenti strutture extranazionali in grado di imprimere una accelerazione. Ma il problema ineludibile che abbiamo di fronte è: a quale prezzo e con quale riassetto del nostro ruolo internazionale si sia prodotta una tale mutazione, e se essa sia irreversibile.
Uno dei problemi principali affrontati nel corso dei secoli dai filosofi politici è la differenza tra l'agire politico e l'agire in modo moralmente giusto. Per la filosofia politica contemporanea la giustizia globale è il principale rompicapo da risolvere, e il compito dei filosofi politici coincide con l'elaborazione di una teoria che tenga insieme le diverse esigenze. È un dovere tanto ineludibile quanto difficile. Serve una teoria che risponda alla domanda a proposito del 'mondo giusto' e che si misuri con l'ingiustizia della terra. Salvatore Veca, che è stato uno dei maggiori filosofi politici contemporanei, con questo libro ci offre una guida alla filosofia politica contemporanea.
Nel 1964 Norberto Bobbio decide di dedicare le sue lezioni di filosofia del diritto al tema della guerra e della pace. Un tema - non nuovo nella riflessione dei giuristi e dei politologi ma poco frequentato nei corsi universitari - che a Bobbio pare meritevole di essere trattato, non solo perché adatto a una ricostruzione storica e teorica di ampio respiro ma soprattutto perché reso urgente dal pericolo della guerra atomica, nel pieno della crisi dei missili di Cuba. Il libro espone e discute le varie teorie con cui nella storia si è tentato di giustificare la guerra e le diverse correnti pacifiste che hanno cercato di superarla, di ciascuna mettendo in luce gli argomenti, le incongruenze, i punti di forza e gli elementi di debolezza. Qui Bobbio avanza la sua celebre tesi circa l'impossibilità di giustificare la guerra in un'epoca in cui l'uso di armi così potenti rischia di mettere in questione la stessa sopravvivenza del genere umano. Un testo destinato a diventare imprescindibile rispetto a un dibattito contemporaneo spesso non all'altezza della drammaticità dei tempi che viviamo.
I poteri visibili e quelli invisibili che governano il nostro Paese nell'analisi e nel racconto di un protagonista della vita pubblica italiana.
Quando crollò il cosiddetto 'socialismo reale', Gabriel García Márquez lanciò un allarme. Paventò lo sprigionarsi di un 'fondamentalismo democratico', fondato sul presupposto che ciò che non è come noi è 'il male'. Gli effetti di tale svolta, impressa al pianeta, sono sotto i nostri occhi. Ma il fenomeno viene da molto lontano: si tratta dell'esito deludente della grande speranza, durata secoli, di portare le società umane ad inverare la democrazia. Questo libro racconta questa storia.
Parlare dei costituzionalisti è come parlare di costituzione. Se essere costituzionalisti significa sfornare 'pareri', la costituzione anch'essa diventa un parere, anzi una somma di pareri. E diventa un parere persino che ci sia questa Costituzione e non un'altra. Un tempo, almeno su questo i costituzionalisti erano uniti: quella Costituzione alla quale hanno promesso di dedicare studi ed energie deve essere difesa e promossa. Oggi, un'epoca sembra tramontata e molti lavorano allo scopo opposto: cambiarla, renderla irriconoscibile. Naturalmente, si dice, lo scopo è sempre quello di migliorarla. Sono ancora costituzionalisti? La domanda è lecita. Talora sembrano ideologhi, altre volte politici, se non anche politicanti che usano la Costituzione come un mezzo e non come il fine, il fine ultimo che è la convivenza senza sopraffazione e senza violenza. «Che cosa stiamo diventando?» si chiede un costituzionalista che viene da tempi ormai lontani. È un destino finire tra gli 'opinionisti' da cui si pescano quelli più congeniali a questa o quella area politica, a questa o quella tesi? C'è un'Associazione dei costituzionalisti che riunisce circa 500 persone con il compito di «promuovere e difendere le peculiarità della cultura costituzionalistica». Che cosa sono queste peculiarità? Se c'erano, dove sono finite? Forse un tempo si sarebbe potuto rispondere. Oggi è difficile. «Sia chiaro - si dice in questo libro -, questa non è una critica, ma una constatazione e, insieme, una delusione, un dispiacere e, forse, un rimorso».