Ghiotto, anzi, ingordo. Non si sapeva controllare Jules Verne di fronte alle delizie della tavola. Ed era altrettanto avido di conoscenza scientifica: lo interessava tutto ciò che poteva alimentare le trame dei suoi romanzi. Le sue avventure permettono di tracciare un atlante dei sapori del mondo, di spezie e intingoli che oggi non stupiscono più, perché scrittori come Verne ci hanno accompagnato a capire che il viaggio è conoscenza, anche del gusto.
Noto gourmet e appassionato di cucina baiana, Jorge Amado ha dato ampio spazio al cibo nelle sue opere, e non soltanto per semplice amore della buona tavola. Nei suoi libri, la sua Bahia, magica, colorata e sensuale, è evocata con meravigliosa vivacità nella cultura, nella spiritualità, nella presenza pervasiva del Candomblé, ma anche nei dettagli quotidiani, i colori, i suoni, i profumi: a completare il quadro non potevano certo mancare i sapori. Sullo sfondo, con un abile dosaggio di ironia e lucidità, cruda denuncia e vette liriche, Amado racconta le profonde contraddizioni di un Paese affascinante e complesso come il Brasile attraverso le storie delle sue straordinarie eroine, grandi donne, belle, sensuali e coraggiose, oltre che ottime cuoche. A lui dobbiamo l'invenzione di personaggi indimenticabili come la splendida cuoca mulatta Gabriella e la sensuale maestra di cucina Dona Flor e la (ri)scoperta della cucina baiana, un crocevia di influenze africane, indigene ed europee di grande fascino.
Rivolto a tutti gli appassionati della saga di Twilight, questo libro ci svela i segreti dei vampiri e degli umani che li amano: scopriremo una Bella Swan appassionata di cucina e un Edward Cullen cuoco impeccabile. I vampiri di Twilight "mangiano" o si "nutrono" come i loro crudeli predecessori? Questa la domanda principale, che ci accompagna fin dalle prime pagine. Edward è il nuovo Dracula? Bella la moderna Biancaneve delle favole? O qualcosa è cambiato nell'immaginario collettivo... I personaggi della serie che ha reinterpretato la figura secolare del vampiro sono un ponte proteso tra la tradizione letteraria e la contemporaneità.
Il cinema di Tim Burton come non lo avete mai gustato. Un viaggio nell'opera del talentuoso regista californiano visto da un punto di osservazione particolare: i piatti amati dai personaggi. Se è vero che siamo quello che mangiamo, "Zuppe, zucche e pan di zenzero" è un viaggio appassionante fra bambini malinconici, adolescenti poetici, figure incantate, fragili ed escluse, e creature mostruose più spaventate che spaventose, a partire dalla tavola. Il cibo diventa così il fil rouge di un'idea di cinema, e di una visione del mondo, che miscela con sapienza due ingredienti fondamentali: crudeltà e tenerezza, caratteristiche dei fanciulli di ogni età. I film di Tim Burton sono capolavori visionari da godere con i sensi spalancati: gli occhi, le orecchie ma anche e soprattutto la pancia, pronta a vivere ogni emozione. L'indice è un menù: zuppe vellutate e ambigue, polli arrosto dorati e croccanti, fiumi di cioccolato, caramelle colorate, pan di zenzero e pozioni magiche. Il viaggio cine-gastronomico esplora anche le bevande, gli alimenti preparati da macchine strampalate quanto ingegnose, i riti sociali come il barbecue, i piatti simbolici, ricchi di riferimenti critici.
"Ossessione", "Senso", "Bellissima", "Il Gattopardo", "La caduta degli dei", "Morte a Venezia", "Ludwig2, sono alcuni dei film di uno dei più grandi registi del cinema italiano: Luchino Visconti. Aristocratico e comunista, fu definito il primo dei neorealisti ma anche l'ultimo dei decadenti; nei suoi film raccontò storie stritolate nella Storia, scandalizzò, al cinema e a teatro, innovando e lavorando con i grandi attori del suo tempo - nella lirica fu lui a creare la diva Maria Callas. Lascia un corpus importantissimo di opere e di insegnamenti che oggi sono patrimonio della civiltà italiana. Attraverso i suoi film - e con un occhio al ruolo che il cibo ha in essi - si rileggono grandi romanzi e momenti della storia europea, si esaminano diverse situazioni sociali e culturali e si apprezza l'abilità descrittiva,l'amore per il particolare e per le psicologie umane di un grande uomo di cultura.
Il cibo occupa un posto importante nell'opera di Colette, nata Gabrielle Simonie, diventata madame Willy, poi baronessa di Juvenel des Ursins, e infine semplicemente Colette. Gli alimenti, il modo di cucinarli, il piacere provato nel gustarli sono una fonte d'ispirazione importante nella scrittura di questa donna gaudente e golosa, che ha saputo elevare la propria ghiottoneria trasformandola in una componente essenziale del suo genio creativo. Danzatrice, attrice di mimo, giornalista, oltre che scrittrice, Colette è una donna ambigua dalla personalità ricca e controversa, dotata di un'energia infaticabile, il cui merito lei attribuisce al cioccolato, consumato in grande quantità e considerato "un filtro che abolisce gli anni". Appassionata della natura e degli animali, lo è ancora di più della buona tavola e il suo potere verbale nel comunicare gli aromi e i piaceri del cibo, insieme a quello di risvegliare l'immaginario dei sensi del lettore, sono fuori del comune.
Un'indagine sull'universo gastronomico di Andrea Camilleri, espresso attraverso il suo illustre personaggio: il commissario Montalbano, goloso e continuamente affetto da un "pititto" smisurato. Ne viene fuori un'antologia gustosa come una tavolata ben imbandita, con rievocazioni di alimenti e pietanze tratte dai suoi ricordi dell'infanzia in Sicilia. Il cibo diventa protagonista trasversale di tutte le storie, e acquista una valenza affettiva molto forte, sinonimo di materializzazione dell'amore materno. Da qui si deduce l'importanza che questa passione ha per il commissario, così prepotente da prevaricare anche la passione amorosa. Per lui, il cibo è l'oggetto del desiderio, più importante degli altri piaceri e deve essere conquistato a tutti i costi; ma i segreti delle gustose pietanze sono custoditi da altri, la "cammarera" Adelina, Calogero, Enzo. Le ricette sono svelate in queste gustose pagine da assaporare in silenzio e solitudine, con animo lieto e mente sgombra, una per volta, come quando Montalbano si siede a degustare i suoi piatti preferiti.