Una ricerca di storia della filosofia sui classici greci che diventa immediatamente una riflessione filosofica e politica sulla modernità, soprattutto sul Novecento dei liberalismi e dei totalitarismi: è questa la struttura delle opere di Leo Strauss, in particolare del presente volume dedicato all'analisi del pensiero politico di Aristotele, Platone e Tucidide in cui è celato il cuore della tensione dialettica, irrisolta e irrisolvibile, tra filosofia e politica. Agli occhi di Strauss, infatti, solo il recupero di una prospettiva premoderna rende possibile rispondere a domande fondamentali per l'esistenza umana - quali "che cos'è la legge?" o "che cos'è la giustizia?" - rese incomprensibili dalla deriva relativistica e nichilistica della cultura contemporanea.
L’incontro con la bellezza può lasciarci incolumi? La sua gioia novella può sbocciare senza frantumare all'istante dentro di noi ciò che era troppo vecchio per lei, attraverso quella ferita che solo l’invulnerabile sa infliggere? La sua sovrabbondanza su tutti i nostri possibili annuncia nella prossimità l’offerta della lontananza. Ciò che ci afferra resta inafferrabile e, come per altri, lo è tanto più quanto più si avvicina. Così Platone fa dello sgomento il primo regalo della bellezza, mentre per Dostoevskij e Rilke essa altro non è che l’inizio del terribile. Questa gioia dolorosa, smisurata come ogni amore, è la dimensione dimenticata dall’estetica, che la relega nel sublime, distinta dal bello. Il saggio, indaga lo choc provocato dall’incontro con la bellezza quando essa si manifesta all’uomo. L’uomo ne resta trafitto, sgomento, cambiato irrimediabilmente, ma tale ferita lo rivela a se stesso, aprendolo a ciò che lo eccede. Colpito da questa gioia dolorosa, l’uomo non può che celebrare la bellezza. Nel saggio vi è un’indagine quasi carnale e corporea dell’incontro, dell’abbraccio, della rivelazione dell’Essere, considerato l’evento nel quale l’uomo è attratto dalla bellezza e ne esce sublimato e sgomento.
Due tendenze hanno segnato profondamente l’era contemporanea: da un lato la richiesta pressante di una patria, di un’appartenenza collettiva nella quale “sentirsi a casa”; d’altro lato, il fatto che proprio questa richiesta ha portato non solo alle guerre del Novecento, ma alla distruzione stessa dello spazio, com’era sino ad allora conosciuto. Questa distruzione si è rivelata in tutta la sua gravità nella creazione dei campi di concentramento e di sterminio, veri spazi d’eccezione nel cuore dell’Europa. In questo saggio vengono chiamate a raccolta le riflessioni filosofiche di Benjamin, Schmitt, Heidegger, ma anche i contributi poetici di autori come Hölderlin, Celan e Bachmann, per provare ad analizzare per la prima volta l’irreparabile trauma che da allora segna lo spazio del nostro abitare sulla terra.
Alcune personalità del mondo accademico, artistico, imprenditoriale e sociale si interrogano sul significato vero dell'essere protagonisti nella loro esperienza umana e professionale.
Il volume raccoglie le conversazioni tenute durante l'anno accademico 2008-2009 nei Collegi della Fondazione C.E.U.R., network Camplus, con alcuni studenti universitari, all'interno di un ciclo di incontri culturali dal titolo "Essere protagonisti: desiderio realizzabile?". Su questo interrogativo apre una finestra il sottotitolo chestertoniano: "La vita è la più straordinaria delle avventure, ma solo l'avventuriero lo scopre".
Il percorso culturale ha inteso mettere in luce quanto l'uomo-protagonista possa guadagnare impegnandosi con la realtà, con tutte le difficoltà che implica l'impatto con essa. Il primo modo per essere protagonista della propria vita è viverla, ovvero avventurarsi in essa. Avendo la capacità di rischiare, il coraggio di sbagliare e di decidere. Imparando in primis dall'esperienza.
Atene e Gerusalemme rappresentano, fin dalla tarda antichità, le cifre emblematiche di due universi spirituali – la cultura greca e il messaggio biblico – profondamente differenti e distanti. La storia, com’è noto, li condusse ad incontrarsi, a scontrarsi e – talora loro malgrado – ad interagire in modalità riccamente articolate. Il presente volume si propone di ricostruire la comprensione che il «nuovo pensiero» di Franz Rosenzweig (1886-1929) elaborò del profilo complessivo dei due universi e di una loro possibile, feconda connessione reciproca. L’indagine si sviluppa su uno scenario tematico e problematico riccamente articolato, sullo sfondo del quale si stagliano diverse questioni di scottante attualità, come, ad esempio, quella dell’identità dell’Europa nello scenario della globalizzazione planetaria, quella del destino della religione e delle religioni nell’odierna cultura post-secolare e post-moderna, e infine quella del confronto e del dialogo fra culture profondamente differenti.
L’uomo postmoderno emerge al crocevia di tecnica, religione e politica. Incontrando la persona, la tecnica rimedia ai mali che ne minacciano la salute, non a quelli derivanti dalla sua volontà di potenza. La politica, che per Platone è la ‘tecnica regia’, è necessaria per con-vivere. Si profila oggi un rapporto positivo fra vita civile e religione dopo la lunga privatizzazione di quest’ultima. Impegnata in nuove urgenze (laicità, nichilismo giuridico, libertà religiosa), la teologia politica non è liquidata, né la persona è antiquata, ma da educare: un compito che deve fare i conti con un annoso deficit educativo in Occidente. La tensione pedagogica sviluppatasi nella prima metà del ‘900 è stata dissipata e attende una ripresa.
Alcuni protagonisti del mondo culturale, accademico, professionale affrontano un grande ed appassionante tema: la verità, non intesa astrattamente, ma cercata e sperimentata nel proprio percorso di uomini e professionisti. Il volume raccoglie le conversazioni tenute durante l'anno accademico 2007-2008 nei Camplus e nei Collegi della Fondazione C.E.U.R. che aderiscono al network Camplus, con alcuni studenti universitari.
Con gli interventi di: Fiorenzo Facchini, Marco Maltoni, Antonio Catricalà, Pasquale Ferrara, Ubaldo Casotto, Davide Rondoni
Il saggio mette a confronto i fondamenti filosofici del pensiero di Hegel e di Severino. A differenza di altri studi che hanno confrontato il pensiero hegeliano e quello severiniano sotto particolari punti di vista, questo è il primo studio sistematico che fa i conti con le opere dei due pensatori nella loro interezza. Benché non sia stato trascurato l'aspetto filologico e storico-critico del dialogo filosofico, questo studio ha voluto entrare nell’essenza della riflessione portata avanti dai due pensatori. L'hegelismo viene considerato come la forma di epistéme più coerente e rigorosa dell'idealismo tedesco e, conseguenzialmente, il compimento di tutto il pensiero filosofico occidentale a partire dalla sua origine greca. Ciò malgrado l'hegelismo viene ad imbattersi in contraddizioni insolubili, in particolare la non conciliabilità tra dimensione ontologica fondativa e quella storicistica del divenire, cioè il tempo: l’essere e il tempo. Hegel naufraga proprio nel tentativo di pensare rigorosamente l'identità e la non-contraddizione. La filosofia severiniana, invece, oltrepassato il divenire in senso occidentale, rimane fedele al proprio canone della incontradditorietà e si dimostra in grado di rispondere alle incoerenze hegeliane. Prefazione di Emanuele Severino
Nella sua scrittura María Zambrano ha sempre dato rilievo all’educazione nel significato più vasto della parola, mettendo anche l’accento su figure di maestri esemplari quale per lei fu il filosofo José Ortega y Gasset e Miguel de Unamuno. In questa raccolta di saggi, alcuni dei quali finora inediti, giunge ad ampliare il tema, mettendo in luce ’educazione nel suo più intimo significato. Si alternano meditazioni sulla pedagogia e il suo legame con la società; sull’importanza del maestro in un mondo in rapido cambiamento; su una giovinezza irrequieta, disorientata e bisognosa diguide che ne sorreggano il cammino.
La genesi e gli sviluppi della modernità sono segnati dal grande tema della libertà culturale e politica del soggetto; Augusto Del Noce (1910-1989) lo afferma già nei suoi primi studi, subito intuendo il rischio implicito nell’identificare libertà e creatività. Una particolare interpretazione filosofica della nozione ebraico-cristiana di creazione ha innescato un processo che si condensa nella formula: non c’è Dio se non è creatore; non c’è creatore che non sia persona; non c’è persona se non sono io. Si giunge così al solipsismo, affermazione teoreticamente insostenibile dell’io come unica realtà, ma traducibile esistenzialmente in solipsismo vissuto, in egocentrismo attivistico, ossia nella forma di degenerazione dei rapporti interpersonali che corrode dall’interno la società occidentale. L’intuizione di Del Noce, che risale agli anni Trenta, è qui presa come chiave per interpretare la realtà contemporanea e per rileggere uno dei più discussi e stimolanti pensatori del Novecento.
GLI AUTORI
ANDREA PARIS ha conseguito il dottorato in Storia delle dottrine politiche e filosofia politica presso l’università “La Sapienza” di Roma. Ha affiancato all’insegnamento di storia e filosofia nei licei statali le collaborazioni con la cattedra di Filosofia politica e con la Fondazione Ugo Spirito. Ha curato alcuni volumi di storia per Laterza e pubblicato diversi saggi sul pensiero di Del Noce e sulla filosofia italiana contemporanea.
Il testo raccoglie interventi di diversi studiosi, professori e professionisti chiamati a confrontarsi col tema della bellezza. Sono lezioni e più spesso testimonianze di personaggi come Santo Versace, Lucio Dalla, Claudia Cardinale, Pasquale Squitieri, Alessandro D’Alatri, Maurizio Schmidt, e di professori di chiara fama come Marco Bona Castellotti, Vincenzo Balzani, Marco Bersanelli, Maria Cristina Treu e Roberto Filippetti. I testi presenti nel libro sono quelli che gli autori hanno presentato ad un pubblico costituito perlopiù da giovani universitari, studenti delle residenze e dei collegi della Fondazione C.E.U.R. Il tema è quello della bellezza affrontato da diversi punti di vista: la moda, il cinema, la musica, il teatro, la chimica, l’architettura, l’astronomia e l’arte. Per il contesto in cui le lezioni hanno avuto luogo, esse si rivelano come un dialogo informale, intrattenuto con il reciproco desiderio, degli autori e del pubblico, di appressarsi al mistero della bellezza, per lasciarsene salvare.
Testimonianza di una nobile e sincera amicizia, il libro è il generoso omaggio di un grande filosofo a un filosofo più giovane che da principio ne ha seguito le tracce, per imporsi poi con un’opera originale. Omaggio filosofico, ovviamente: per quanto non manchino pagine intensamente affettuose che conferiscono un caldo colorito alle ricorrenti riflessioni sull’amicizia, il volume è dedicato a una lettura del pensiero di Jean-Luc Nancy (ben noto anche in Italia), considerato sotto una particolare angolazione, la questione del tatto, in tutti i significati che la parola ha assunto nella cultura occidentale, da quello erotico a quello religioso, da quello gnoseologico a quello etico. In un serrato dialogo con una tradizione che muove dall’antichità, ma con particolare attenzione a quella che Derrida chiama una linea filosofica «franco-tedesca», il libro, pur incentrato su Nancy, ne mette a confronto la scrittura con le tesi classiche in numerose digressioni che muovono da Aristotele per toccare Descartes e S. Giovanni della Croce, il Nuovo Testamento e Kant, il problema di Molineux e Maine de Biran, Husserl e Merleau-Ponty, Lévinas e Heidegger. Derrida tuttavia non elabora un trattato, e meno che mai si preoccupa di tracciare un capitolo della storia della filosofia occidentale, ma, secondo lo stile che caratterizza la sua splendida maturità, affida a un scrittura straordinariamente affascinante, benché non facile, il compito di cercare «nel solco di Heidegger, la specificità di un pensiero che non si riduca né alla poesia, né alla filosofia né alla scienza».
Accompagnato dai lavori di Simon Hantai
GLI AUTORI
JACQUES DERRIDA nasce il 15 luglio 1930 a El Biar, nei pressi di Algeri. Ha insegnato prevalentemente a Parigi e negli Stati Uniti, e ha ottenuto lauree e dottorati honoris causa in molte Università presenti nel mondo. Riconosciuto come uno dei maggiori filosofi del nostro tempo, ha prodotto lavori che sono stati tradotti in una decina di lingue e che sono stati oggetto di convegni e incontri in Francia, Italia, Germania, Inghilterra, Canada, Stati Uniti e Giappone. Muore a Parigi il 9 ottobre 2004.