Il genocidio non è prerogativa dei soli Stati autoritari. Tenendo costantemente in tensione analisi concettuale e indagine storiografica, "I dannati senza terra" ricostruisce, nelle sue inquietanti sfaccettature, la storia della catastrofe indigena perpetrata dalle "democrazie" occidentali: dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia alla Nuova Zelanda. Veri e propri genocidi, realizzati per mezzo di politiche eliminazioniste di natura fisica, biologica e culturale: dal massacro all'assimilazione coatta, passando per la sterilizzazione eugenetica. Ne emerge un quadro al tempo stesso commosso, provocatorio e rigoroso, che intende restituire dignità alle vittime dimenticate e rispondere alla sfida lanciata dal revisionismo storico e al suo tentativo di cancellare i crimini più efferati dell'Occidente.
"Cari zingari, cari nomadi, cari gitani, venuti da ogni parte d'Europa, a voi il nostro saluto." Con queste parole il 26 settembre 1965 papa Paolo VI inizia il suo discorso in un grande raduno che viene considerato oggi il punto di partenza per nuove strategie pastorali verso rom e sinti. Il libro analizza il modo in cui la Chiesa cattolica contribuisce alla metamorfosi dei "nomadi" nell'Italia (e in parte nell'Europa) della seconda metà del Novecento attraverso quelle nuove strategie pastorali. Si tratta di strategie che portarono decine di preti, suore e laici a vivere con i "nomadi" in nome della condivisione in Cristo, che svilupparono un'editoria cattolica rivolta ai "nomadi" o riguardante i "nomadi", che favorirono la traduzione in romanes di testi ezvangelici e liturgici e che portarono agli onori degli altari, per la prima volta nella storia, un "nomade". Ma le strategie pastorali non appaiono sempre omogenee e concordi all'interno della Chiesa, né nei rapporti con i "nomadi", né nei rapporti con le autorità diocesane e parrocchiali. Partendo dalle esperienze etnografiche dell'autore, il volume analizza tali rapporti, tenendo in considerazione le storie di vita di singoli missionari e attivisti religiosi che hanno vissuto per decenni nei campi nomadi o nei quartieri rom della Penisola.
Il volume, attraverso un caso di ricerca-azione, illustra i temi dell'etnografia della scuola, dell'approccio interdisciplinare all'educazione alla complessità e allo sviluppo delle competenze individuali, e offre strumenti teorici e metodologici per affrontare le questioni della diversità e dei processi interculturali, così centrali nella scuola di oggi. Con preciso riferimento alla recente normativa ministeriale, il volume intende servire da strumento di formazione per i docenti di tutte le classi di insegnamento, fornendo conoscenze e competenze metodologiche per la promozione della cittadinanza attiva e dell'interculturalità come esperienza di relazione. Il libro racconta come, attraverso strumenti quali l'antropologia applicata, il design partecipativo, le tecnologie digitali e le "geografi e del quotidiano", i partecipanti al progetto di ricerca-azione Sguardi Oltre abbiano potuto considerare in modo nuovo e trasformativo il problema pressante e ubiquo delle discriminazioni multiple e del bullismo, e comprendere i processi relazionali, affettivi e socioculturali che li sottendono.
In questo libro Jeffrey C. Alexander sviluppa un'originale teoria sociale del trauma, utile a comprendere i processi culturali e simbolici che generano il dolore collettivo e i conflitti attorno alla sua interpretazione. Gli eventi, anche i più nefasti, non sono traumatici in sé: lo diventano attraverso sofisticati processi di interpretazione e rappresentazione collettiva che - a partire dalle vittime e, nei casi più riusciti, fino all'intera umanità - costruiscono culturalmente i traumi. Attraverso l'analisi di casi emblematici come quello dell'Olocausto e casi meno noti come le battaglie per la spartizione di India e Pakistan o il massacro di Nanchino, Alexander mette in evidenza come ogni trauma sia costantemente mediato dalla capacità persuasiva degli attori e dalle strutture di potere in cui gli eventi accadono.
Quali interessi si muovono dentro al macromondo della beneficenza in Italia? È possibile descrivere quei meccanismi che legano il lavoratore al proprio posto di lavoro in un rapporto di fidelizzazione perversa, a fronte di guadagni e tutele quasi inesistenti? Zoe Vicentini, con questa coraggiosa ricerca, ci mostra il funzionamento della piramide del dono; ci mostra dove vanno davvero a finire i soldi raccolti nei quartieri così detti "qualificati" della città e attraverso quali trucchi di marketing i dialogatori riescono a convincere migliaia di persone a sostenere un progetto umanitario. Frutto dell'esperienza diretta dell'autrice (per diverso tempo collaboratrice di una onlus), "Viaggio al termine delle onlus", senza rinunciare al rigore della ricerca etnografica, seziona il business della beneficenza, svelandone le ipocrisie e le logiche di sfruttamento.
"L'artista [...] è incaricato del compito di creare un'immagine atemporale e distaccata, in contatto con il cielo piuttosto che con l'umanità, un'immagine in grado di rispecchiare, come attraverso un riflesso diretto, il suo divino o santo archetipo e, inoltre, di servire come veicolo di forze divine, come ricettacolo della divina sostanza. Autosufficiente in relazione allo spettatore, l'immagine deve allo stesso tempo configurarsi in modo "aperto" nei confronti del cielo. Ciò che l'artista è chiamato a creare è un guscio, privo di forma e di senso in quanto tale, pronto a ricevere potenza • vita dall'alto, dallo Spirito Santo che lo coprirà della sua ombra, dalle entità celesti che vi eleggeranno la propria dimora."
"Islam" e "musulmani" sono temi ormai sempre più attuali nei dibattiti pubblici in Europa, in grado di generare un forte impatto emotivo, anche e soprattutto in Italia. L'autore in questa ricerca propone un'analisi ragionata sull'impatto e sul significato della presenza delle comunità islamiche nella città di Roma, cercando di rispondere ad alcune domande: da quali Paesi provengono i musulmani presenti nella Capitale? Quanti sono? Come si ridistribuiscono all'interno del territorio romano? Quale impatto socio-urbano produce la minoranza religiosa islamica sulla città? Il quadro che ne emerge è quello di un "piccolo" Islam su scala, multietnico e multinazionale, composto da oltre centomila soggetti e quaranta nazioni: una comunità di fedeli, la "umma", molto eterogenea a causa di fattori etnici e culturali. La presente ricerca mira a fornire al lettore una "bussola" su un tema complesso, che coinvolge aspetti sociali, urbanistici, religiosi e identitari.
"Telmo Pievani, con grande capacità, racconta la meravigliosa storia dell'evoluzione umana, mostrando come l'evoluzione della nostra stessa specie, Homo sapiens, e dei nostri più vicini antenati, abbia seguito le stesse regole evolutive di tutti gli altri esseri viventi. Lo fa con estremo rigore intellettuale, ma senza quell'inutile gergo pedante così tipico dei testi scientifici formali." (dalla prefazione di Niles Eldredge)
Pubblicato la prima volta in Francia nel 1962 "Lo spirito del tempo" è stato il primo studio apparso in Europa sulla cultura di massa. Nelle due parti in cui si articola l'opera Morin analizza forme, contenuti, meccanismi ed effetti della cultura di massa riuscendo a dimostrare come questa non sia solo un nuovo strumento per fughe immaginarie dal mondo, ma anche produzione di precise modalità di partecipazione alla realtà del XX secolo.
"Le false libertà" è un'antropologia del presente; analizza la realtà attuale, approfondisce e indaga la ricaduta che la cosiddetta globalizzazione, con le sue credenze illusorie, ha sulla vita delle persone. Sì, perché è soprattutto di persone che si parla qui, anzi di storie: i bengalesi a New York, i pachistani a Londra, fino alla straordinaria storia di un emigrato o alla folle dichiarazione d'amore a una città mai vista. Ma c'è anche chi mangia cani morti e chi utilizza la cucina etnica per sedare i conflitti, e poi padri senza figli e figli senza padre... Storie vere, nate dalla ricerca sul campo. Per lo scienziato sociale la bellezza delle storie sta anche nel fatto che raccontano pezzi di vita e, proprio perché soggettive e parziali, ciascuna offre un punto di vista "esclusivo". E sono tutte queste prospettive a fornire sguardi inediti che si intrecciano alle interpretazioni per disegnare il panorama di una realtà che viaggia verso la postglobalizzazione.
"L'opinione pubblica" non è solo un'espressione ricorrente nel linguaggio quotidiano politico e giornalistico, ma un fenomeno vivo che attraversa la storia del genere umano, dalla polis ateniese alle democrazie occidentali mediatiche. Elisabeth Noelle-Neumann - che in queste pagine ne ricostruisce la genesi e l'evoluzione - la definisce "la nostra pelle sociale", la superficie del nostro senso di appartenenza alla comunità che esalta o comprime le possibilità di esprimerci liberamente. Opera di una vita, questo volume è stato costantemente arricchito e aggiornato dall'autrice, sensibile sia allo scandiglio "archeologico" del concetto (il cui uso viene fatto risalire a Cicerone) sia alle novità determinate dalla presenza forte e pervasiva dei mezzi di comunicazione di massa nell'arena della comunicazione globale.
"Outsìders" è un classico, forse il classico, della sociologia della devianza. Ma anche molto altro: una lettura appassionante, una descrizione di mondi, di pratiche, di interazioni. In "Outsider" non si troveranno teorie sulle cause e l'origine del crimi ne ma resoconti etnografici su come ci si costruisce una "carriera" da deviante, apprendendo codici e routine, nel corso del tempo e in continua interazione con le rappresentazioni proiettate da istitu zioni e contesti sociali. Si tratta della co siddetta "teoria dell'etichettamento". Ma il campo di osservazione di Becker non si limita agli stigmatizzati, coinvolge anche gli stigmatizzatori, coloro a cui è deputata l'applicazione della norma: poliziotti, giu dici o assistenti sociali, ma anche gli "im prenditori morali", ossìa coloro per i quali, con un fulminante jeux de mots, "il lavoro non è una preoccupazione ma la preoccu pazione è un lavoro".