"Per essere educatori c'è bisogno di fare un passaggio molto intimo, personale, umanizzante, che non ha a che fare con le capacità organizzative, ma con la capacità di guardarsi e di scoprire che in ognuno di noi, nella nostra vita più intima e profonda, non siamo degli angeli caduti magari per sbaglio sulla Terra: per "annunciare a tutti la Salvezza" dobbiamo imparare a guardare che anche in noi c'è qualcosa che andrebbe "evangelizzato" ancora, di nuovo, forse per la prima volta. Questo è un libro tenero e allo stesso tempo molto duro. È un libro che potrà accompagnare ogni giovane o ogni adulto che sentirà dentro la voglia di donarsi per annunciare la bellezza della proposta del Vangelo. Questo libro aiuta a guardarsi dentro, a essere speleologi della più profonda vita e a considerare con delicatezza le cose (anche nostre) più strambe per provare ad abbracciarle. E poi... non lasciarle."
Chiudi le pagine di questo racconto, che leggi liberando lo sguardo e trattenendo il fiato, e capisci che, in realtà, Yakouba è una felice metafora dell'Africa e delle sue sofferti stagioni di vita. Le chiudi queste pagine e capisci che sono rivolte a noi come un invito delicato e intimo. Accogliere l'Africa che è in noi significa sentire che il tempo che ci attende è fondato sulla relazione e non sul possesso. E per sentire la relazione più che la ragione serve il cuore. Come mi disse una volta Yakouba: "una vita non è vissuta invano se lascia qualcosa di sé agli altri, siamo particelle in un tutto sconfinato, eppure abbiamo il potere immenso di rendere il mondo un posto migliore". Ecco l'invito. Da ruminare. Dentro dentro. Con lentezza.
"La Creazione è un cerchio. Un cerchio formato da tanti cerchi. Sfere, spirali, ellissi, anelli. Lo spazio si curva, le galassie girano, le stelle e i pianeti ruotano seguendo delle orbite. Dalla nostra Terra che ruota guardiamo un universo che gira. Giriamo e giriamo, nella nostra danza circolare senza fine. I nostri anziani ci hanno insegnato che per essere in armonia con la Creazione dobbiamo pensare e agire in modo circolare. Quando ci ritroviamo insieme in un cerchio ci sentiamo nel posto giusto e in armonia con la nostra natura. Quando invece ci ritroviamo in un auditorio e tutta la nostra attenzione è rivolta verso un punto di fronte a noi, un palco, una piattaforma o una tribuna, si percepisce un senso di costrizione, di artificio. Si ha la sensazione che viene richiesta la nostra attenzione ma che non siamo veramente presenti. A parte quelli che stanno sul palco, non vediamo nessun volto ma solo le spalle delle altre persone e nessuno vede noi. Quando siamo in cerchio è come tornare a casa e quando cominciamo a farne esperienza, a relazionarci in cerchio, condividendo i pensieri, le emozioni, i sogni, le decisioni, il lavoro, il gioco e la creatività, ci rendiamo conto che rende la nostra vita più ricca, appagante, piena. L'essenza di un cerchio è l'eguaglianza, non c'è alto e basso, nessuna gerarchia di potere o ricchezza. Le azioni di un cerchio non sono coercitive, ma prese di comune accordo, la modalità è la cooperazione, non il dominio.
Luigi Gedda (1902-2000) costituisce una pietra miliare nella storia dello "sport cattolico". A lui si deve il merito della rifondazione dell'associazionismo sportivo, dopo il secondo conflitto mondiale, non come un mondo isolato e impermeabile ma come azione per contagiare l'intero mondo dello sport con i valori cristiani, al cui centro è persona umana. Queste pagine rappresentano un primo prezioso ed essenziale sforzo di ricostruzione del lungo intreccio con cui la storia dello sport di ispirazione cattolica e la vicenda nazionale si sono intersecati ma anche reciprocamente influenzati. Dall'unità d'Italia al trauma delle due guerre mondiali, ma soprattutto dalla lunga cesura del ventennio fascista e del suo modello sportivo totalitario, emerge un filo di lettura che, attraverso i molteplici contributi di ricostruzione storiografica, conduce fino alla lettura del fenomeno sportivo dei giorni d'oggi. Oggi, sul solco delle intuizioni di Gedda, il Centro Sportivo Italiano considera lo sport un fattore di educazione e promozione umana, strumento di crescita civile, aperto a tutti i cittadini senza confini di censo, in massima parte rivolto ai bambini e ai giovani come supporto alla loro crescita personale. È sport sociale, il cui fine principale non è primariamente il conseguimento di record o prestazioni, ma la promozione della persona umana.
"Vedete, vi dico una cosa. Se noi dovessimo lasciare la croce su cui siamo confitti (non sconfitti), il mondo si scompenserebbe. È come se venisse a mancare l'ossigeno nell'aria, il sangue nelle vene, il sonno nella notte. La sofferenza tiene spiritualmente in piedi il mondo."