"Lo voglio io, dammelo, dammelo!", "scemo, scemo", "maestra Paola, Luca mi ha dato un morso". "Maestra mi scappa la pipì". È probabile che in un momento di aula simile l'idea non sfiori la loro mente, ma il mestiere di insegnante è uno dei più ricchi, soddisfacenti e importanti che esistano. E richiede anche un fisico robusto, perché se un bambino smonta un adulto in tre ore, 20 bambini contemporaneamente richiedono capacità da Super(wo)man! E gli/le insegnanti di scuola materna le hanno o se le conquistano. È una lotta per la sopravvivenza! L'unico neo è che non possono godere dei risultati di tanto impegno e fatica: i frutti matureranno e saranno visibili solo molti anni dopo che i bambini le avranno lasciate, mentre loro sono occupate ad allacciare scarpette, a creare storie, a giocare con altri bambini, a dotare un progetto di persona di 3 anni del maggior numero possibile di abilità fisiche, mentali ed emotive che gli consentano poi di sviluppare con maggiore o minore pienezza e ricchezza la propria vita. Questo volume offre qualcosa di speciale: supporti linguistici efficaci alla relazione empatica tra il docente e il bambino. Già, perché usare una comunicazione efficace è un po' come essere un abile giocoliere. Bisogna acquisire l'abilità di sapere quale palla lanciare e di prendere quella che l'altro lancia. Come tutti i giochi di abilità anche la comunicazione efficace s'impara un poco per volta, allenandosi su un modello finché diventa automatico, poi sul successivo.
Ci avete mai pensato che la presenza o l'assenza di coccole definisce la qualità della relazione tra il bambino e chi ha cura di lui? Attraverso le coccole l'adulto, più o meno consapevolmente, fa tante cose: rilassa e induce uno stato di benessere nel bambino, lo rassicura, lo stimola, ne facilita il contatto con l'ambiente, gli propone cose nuove, nutre il loro legame affettivo. Un'interazione "coccolante" fatta di carezze, mani che si toccano e si intrecciano, giochi da inventare, parole dolci o divertenti sussurrate o cantate, pelle, occhi stupiti e sorridenti, pappe buone, piedini da solleticare, baci... stimola i sensi, attiva la mente e dà luogo a sensazioni che il piccolo interpreta con un "mi fanno stare bene". Coccole non come smanceria o superflua sdolcinatezza, ma come nutrimento, sono dunque indispensabili per far crescere bene il bambino a casa come al nido. Ecco allora questo scrigno di giochi e suggerimenti da aprire e da usare creativamente, mettendoci un pizzico di fantasia e tanta passione. Perché far crescere un bambino, in fondo, è come cambiare il mondo intero.
"Non toccare" ripetiamo continuamente. E, invece, i bambini toccano, sono curiosi di "sentire" come sia fatto tutto ciò che li circonda, nonostante siano frenati da noi adulti. Saper usare le mani vuol dire saper creare fisicamente qualcosa, "saper fare", l'abilità nelle dita si costruisce lentamente, ma deve essere stimolata e incentivata. I nostri nonni non erano tutti falegnami o muratori, ma la maggior parte di loro si è costruito casa e arredi da solo o con l'aiuto di familiari o vicini di casa. Ecco allora questo libro, per trasformare il cibo e la cucina in un gioco educativo in grado di stimolare lo sviluppo psico-fisico del bambino, la sua autonomia e la sua crescita. Non sarà poi difficile passare dall'impasto dei biscotti alla creazione di un orto. Ma attenti: per cogliere questi obiettivi educativi non necessariamente servono una cucina o un parco. Come suggeriscono queste pagine, che integrano percorsi articolati e ricette semplici, bastano la disposizione giusta con un pizzico di creatività. Il nido è un luogo di grandi sperimentazioni sia per gli adulti che per i bambini. Questo libro non è rivolto solo a chi lavora nel Nido o nella Scuola dell'Infanzia, ma a tutti coloro che si occupano di bambini: genitori, nonni, ma anche zii o baby sitter, perché non c'è attività proposta nei servizi per l'infanzia che non si possa sperimentare anche a casa e ad ogni età.
“La prossimità attiva è un valore universale, rintracciabile in tutte le culture e le tradizioni, perché sostenuta da un radicato codice antropologico, ma scegliere di diventare più solidali significa percorrere un vero e proprio cammino iniziatico.
La ragione ci mostra impietosamente quanto ingiusto sia il mondo e ci rende consapevoli del male disseminato dall’uomo. La spiritualità che alberga in ognuno di noi alimenta la speranza attiva che il mondo possa cambiare. La ragione e la passione, le due vele dell’anima umana, come le chiama il poeta libanese Gibran, ci aprono il passaggio verso il futuro, ci indicano che la sola attesa è vana, che occorre assumere in prima persona l’iniziativa per inverare la speranza.
Il Buon Samaritano ci insegna che, dopo il soccorso del momento, occorre prendersi cura in modo responsabile dell’Altro, dare respiro e sviluppo all’azione solidale.
Benefici inaspettati sgorgano dall’azione solidale. Il bene fatto non va mai perduto, ma frutta altro bene, come ci dicono i Vangeli cristiani, i canoni buddhisti, la Baghavad Gita induista. Il bene compiuto senza attendersi nulla in cambio, con un agire disinteressato, ritorna a vantaggio di chi l’ha elargito. Ci si ritrova con una visione più profonda della vita, si accede a mondi nuovi, si è illuminati da bagliori sapienziali.
E poi i nuovi legami che si istituiscono ci fanno riconoscere la nostra interdipendenza come esseri umani. Rafforzano il senso di comune appartenenza all’umanità. E ad un potere più grande.”
A casa di Camilla nascono 2 pulcini. L'imbranato Budino e il terribile Uovosbattuto che, appena nato, ruba la rosa posata sui capelli di Camilla e fugge via. Dove se ne è volato come un forsennato? Sono tutti sbalorditi dalla fuga e solo il mica-tanto-terribile pirata Caravaggio è capace di individuare la pista da seguire. Il pulcino va pazzo per gli odori e i colori di piante e fiori e quindi vola di giardino in giardino. Senza perdersi in chiacchiere si raccolgono tracce e ci si organizza per un viaggio nelle varie tipologie di giardino: romantico, zen, reale, mediterraneo. La ricerca svela le caratteristiche dei diversi giardini, oltre che, far assomigliare l'intera avventura a una caccia al tesoro che coinvolge tutti i sensi. Un racconto per sviluppare un sentimento di responsabilità e amore verso la natura ed entrare in contatto con la parte più profonda di noi stessi. Età di lettura: da 3 anni.
Perché la Chiesa cattolica italiana è oggi poco profetica? Dove nasce il rifiuto della profezia? Quali gli spazi di discernimento personale e comunitario per distinguere le false profezie dalle vere?
Da Mosè ai nostri giorni, i profeti, non sono mai mancati. E non mancheranno mai. Eppure c’è scarsa accoglienza e, spesso, ostilità e rifiuto nei loro confronti.
Per essere espliciti: perché la Chiesa cattolica italiana è oggi poco profetica? Dove nasce il rifiuto della profezia?
Le dinamica che determina l’oscuramento della profezia è tipica delle istituzioni in crisi. È un grave sintomo del loro disagio non accogliere le voci profetiche, proprio perché queste puntano il dito su zone d’ombra, quali la gestione del potere, la facoltà di scelta dei responsabili, l’amministrazione delle risorse finanziarie. Si tratta di aspetti di vita comunitaria su cui la resistenza al cambiamento delle istituzioni è massima.
Si potrebbe facilmente obiettare che, da sempre, non solo nella Chiesa cattolica, ma in tutte le comunità di fede o nelle istituzioni umane di qualsiasi genere, i profeti hanno incontrato difficoltà. Quindi, nulla di nuovo oggi: profezia e profeti hanno poco spazio in istituzioni, poteri e affari.
Tuttavia questa risposta sta un po’ stretta.
Infatti, l’impegno affidato dal Cristo ai suoi discepoli di testimoniare il Vangelo, sempre, dovunque e a qualsiasi costo, non è rivolto solo ad alcuni di essi ma a tutti. Dunque, la profezia deve essere atteggiamento proprio di tutti i cristiani.
L’approfondimento contenuto in queste pagine lucide ed essenziali rappresenta una coraggiosa analisi dello stallo nel rinnovamento ecclesiale, ossia nella ricerca di un modo più autenticamente evangelico di vivere la missione nel mondo, senza diventare del mondo.
Il racconto di una vocazione, di una Chiesa conciliare del sud e di una straordinaria esperienza sociale.
"Insomma il mio posto nella Chiesa è questo cantuccio insignificante di Foggia, dove vivo con gioia e libertà la mia fede. Non adoro il diritto canonico, ma ne comprendo l'utilità come è utile uno scheletro per un bel corpo. Ascolto con rispetto e attenzione i pronunciamenti dell'Autorità ecclesiastica, ma non rinuncio al giudizio e all'analisi della mia coscienza. Non posso fare a meno di dissentire, quando mi sembra che essa stia barattando la profezia con un po' più di potere; quando si chiude in silenzi colpevoli, nei momenti in cui bisognerebbe alzare la voce contro i potenti di turno. Ma non me ne scandalizzo, perché questa è stata sempre una tentazione ricorrente per tutte le chiese. Devo ricordarti le allucinanti ambizioni di Innocenzo III? Ma Dio gli fece nascere accanto San Francesco. Vogliamo ricordare la Chiesa d'Inghilterra che si vendette ai capricci di Enrico VIII? Ma Dio le mise accanto Tommaso Moro. E' stato così sempre, dai tempi di Costantino in poi."
Questo manuale, rivolto agli insegnanti e, in generale, agli animatori di gruppo, contiene due strumenti. Il primo propone un modello di lavoro per leggere e raccontare un testo teatrale. Il secondo suggerisce un modello di lavoro per svolgere in classe, nelle biblioteche e nei teatri un laboratorio di drammaturgia. Costruire un cerchio di racconti che protegga e che, nello stesso tempo, consenta a ciascuno di narrare "la propria versione dei fatti" filtrata dalla propria emozione - permette il recupero dell'unicità, mantenendo però la forza del gruppo. La voce fatta di suono esce da un corpo. Il corpo, testimonianza di vita, raccontando si presenta come unico, particolare, irripetibile; si stacca dal "branco" e si dà un'identità, dice: "Io sono e vi racconto una storia che solo io conosco in questo modo particolare in cui io la racconto". Attraverso il lavoro del drammaturgo, dell'attore, del regista, le storie nate dal cerchio, possono diventare teatro, permettendo così ad altri di venirne a conoscenza. Questo manuale vuole offrire strumenti essenziali e semplici, tecniche, esercizi, verifiche attraverso cui rintracciare "i bottoni" che fanno risuonare le storie e ne permettono la comunicazione.
Si inizia così: con gioco e movimento. Si prosegue con lo sport. Ad attraversare il tutto, la vita nella sua principale rappresentazione, evidente ed indubitabile: il corpo, anche perché, ormai, il dualismo corpo/mente non regge più. Materialisti, fiscalisti, cartesiani e compagnia, le hanno prese di santa ragione. La persona è unità di corpo-anima-spirito. Ma la persona si può scrutare con diverse lenti. Queste pagine una scelta la fanno dall'inizio e la mantengono. Scelgono d'indossare le lenti dell'antropologia cristiana (ammettendo subito, però, i limiti conoscitivi e di intelligenza) e provano a guardare. Propongono un'osservazione, anzi avanzano una descrizione. Sperando di educare attraverso lo sport: questo è l'interesse, lo dicono in molti, dai presidenti federali ai parroci e direttori di oratorio. Lo sport, però, come suggerisce questo volume, è strumento delicato e vigoroso: va padroneggiato, immaginato, progettato, amato e conosciuto. Possiede articolazioni che richiedono approfondimento non per diventare specialisti, ma per non cadere negli stereotipi che, pur necessari per vivere, uccidono la voglia di cercare e capire.
"Non chiudiamoci in difesa inventandoci complotti contro la Chiesa. O riducendo a chiacchiericcio le voci che denunziano le nostre mancanze di fedeltà al Vangelo. Non si tratta solo della pedofilia.
Non è tempo per battaglie di retroguardia. Bisogna uscire in campo aperto e camminare insieme con tutti gli uomini e le donne di buona volontà.”
Nelle parole aperte, franche, coraggiose di un vescovo conciliare, tutti i temi irrisolti di una Chiesa che teme il mondo perché ha paura di cambiare.
“Non è la raccolta di quanto ho scritto nei lunghi anni del mio servizio pastorale. Spesso, noi vescovi, cediamo al narcisismo di rileggerci e pensiamo che altri trovino utile leggere i nostri interventi.
Non intendo, quasi al termine del mio viaggio, rivolgere lo sguardo al passato.
Non credo che il Vangelo possa prescindere dalla logica della Croce e ridursi a passeggero entusiasmo. Però non bisogna eludere le domande che la società ci pone. Il Concilio ha avviato un confronto che va continuato. Non chiudiamoci in difesa inventandoci complotti contro la Chiesa. O, riducendo a chiacchiericcio le voci che denunziano le nostre mancanze di fedeltà al Vangelo. Non si tratta solo della pedofilia. L’umanità, che prende sempre più coscienza delle sue grandi potenzialità, tecniche e scientifiche, avverte il bisogno di un supplemento d’anima. Se la Chiesa non è pronta a svolgere questa missione con grande attenzione al nuovo che matura, perde l’appuntamento con la storia. Con la storia della salvezza, che si compie nella vicenda umana. E, viene meno al suo compito.
Non è tempo per battaglie di retroguardia. Bisogna uscire in campo aperto e camminare insieme con tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.
Ho capito cosa vuol dire testimoniare oggi la fede. Lasciarsi penetrare da una Parola e permettere che questa diventi evidenza senza quasi volerlo, testimonianza senza volere testimoniare niente, semplicemente tentativo di vivere amando appassionatamente ogni traccia di vita che Dio ci regala. Stare sempre dalla parte della vita, testimoniare è solo raccontare. “Abbiamo fatto della Scrittura uno scrigno di verità dogmatiche mentre, prima di tutto, è la storia di Dio che cerca l’uomo, lo “per-seguita”, lo assedia fino a quando questi non accoglie lo splendore della sua dignità. La Scrittura non è un libro, è Dio in azione. Noi cattolici dimentichiamo con troppa facilità che c’è uno Spirito di Dio in azione nel mondo, che parla al singolo, a ciascuno di noi, come alla Chiesa intera. C’è nella vita del popolo di Dio un elemento dinamico che rinnova e sconvolge, difficilmente riconducibile a schemi di razionalità o di legalismo canonico. Non c’è da meravigliarci allora se le parole decisive nella nostra vita non sono poi tante, e se solo a partire da esse ci pare di conoscere ‘tutto’ e di avere la chiave per accogliere ogni pagina di Vangelo ed ogni mistero dell’esistenza. Si tratta di quelle pagine della Scrittura che sembrano proprio scritte per la persona che legge, che coinvolgono e fanno sentire l’individuo parte viva della vicenda raccontata o della ‘Parola’ ascoltata. Pagine che riscaldano il cuore quasi nostro malgrado, scaraventandoci d’un colpo fuori da questa epoca di passioni fredde, di odi razionalizzati, per indicarci sentieri ‘altri’ di ben altra vita.”