"Nelle esperienze di play therapy, grazie alla relazione con lo psicoterapeuta, si dà al bambino l'opportunità di conoscere se stesso. Lo psicoterapeuta si comporta in modo tale da comunicare al bambino che questa esperienza gli offre la sicurezza e la possibilità di esplorare liberamente, non solo la playroom con i suoi giocattoli, ma anche l'esplorazione di se stesso nell'ambito della relazione terapeutica. Qui il bambino avrà l'opportunità di misurarsi con se stesso. Il bambino come risultato di questa esperienza di autoesplorazione di sé in relazione con gli altri, di autoespansione e autoespressione imparerà non solo ad accettare e rispettare se stesso ma anche gli altri e a utilizzare la libertà con senso di responsabilità." (dall'introduzione dell'autrice) Un classico della letteratura internazionale che ha aperto la terapia al gioco come strumento di autoesplorazione dei bambini.
“Elisa crede di poter tenere tutto per sé un babbo dall’irresistibile fascino. Giorgia si distrugge e strugge per salvare l’immagine che ha di lui. Sandra rimane invischiata in un corpo a corpo. Niccolò ha paura dell’altro sesso. Giacomo cerca inutilmente di differenziarsi dal genitore.”
Il poliziotto e la maschera, versione italiana del Theatre de l'opprimé, non è un libro sulle tecniche teatrali ma sugli strumenti per trasformare la realtà. Può servire, quindi, ad animatori, insegnanti, militanti, educatori, conduttori di gruppi, volontari, operatori culturali, sociali e sanitari, persone qualsiasi... a quanti vogliono liberare se stessi e gli altri, da soli e con gli altri, dalle oppressioni che tutti noi subiamo senza sapere come reagirvi... Non è un testo per specialisti, ma una proposta di strumenti (giochi, esercizi, tecniche, linguaggi...) per affrontare, capire e trasformare, le nostre oppressioni... a livello corporeo, psicologico e socio-politico. Nel Teatro dell'Oppresso, infatti, lo spettatore generico viene aiutato a liberarsi della sua passività, dai suoi freni - dal suo poliziotto - per divenire, tramite il teatro - la maschera -, soggetto-protagonista non solo del presente ma anche del futuro. Lo spettatore capace di un atto liberatorio durante una seduta di "teatro-immagine" sarà così pronto a liberarsi della passività anche nella vita reale. Il Teatro degli Oppressi, sebbene nato nella realtà latinoamericana, si è evoluto continuamente anche rispetto a contesti diversi. Boal riesce in queste pagine ad adattare gli stessi strumenti teatrali a realtà tipiche del mondo occidentale in cui l'oppressione si fa più sottile e sofisticata, più fragile è la frontiera tra l'oppresso e l'oppressore e meno manifeste...
Cinquantatre giochi di logica, parole, numeri, intuito e immaginazione.
Molte parrocchie e gruppi di fedeli non hanno più a disposizione un prete ordinato. E nel futuro questo fenomeno si accentuerà.
Le autorità della Chiesa stanno affrontando la crescente diminuizione di preti importandone di stranieri, oppure accorpando le parrocchie di una stessa area con un unico prete.
La gerarchia, pur di proteggere l'attuale forma di ministero presbiterale, riduce il diritto delle comunità a celebrare l'eucaristia. Secondo il punto di vista ufficiale, utilizzare le preghiere eucaristiche approvate e soprattutto pronunciare le parole della consacrazione, resta un potere esclusivo dei preti ordinati.
Questo straordinario documento, frutto di un'intensa analisi dell'ordine dei domenicani olandesi, e il dibattito che ne è scaturito provano ad aprire la discussione non solo sulla situazione di fatto ma anche sui cambiamenti circa la concezione dell'eucaristia introdotti dal Concilio Vaticano II.
L'eucaristia non è qualcosa che "possediamo". Nella celebrazione dell'eucaristia esprimiamo la nostra fiducia, rappresentiamo e celebriamo la consapevolezza che la vita è, nel fondo, condivisione, proprio come ha testimoniato nella vita e nelle opere Gesù di Nazareth. Ci promette che nel futuro, seppure incerto, possiamo sempre contare su Dio, che è amore.
Allora, se ci si libera dall'idea dell'eucaristia come sacrificio, in realtà ciò che dall'attuale autorità ecclesiastica viene percepito come una minaccia può trasformarsi in autentica grazia: i "laici" attivi in molte comunità ecclesiali locali rappresentano una sfida. La loro creatività di fede riceverà ulteriore ispirazione se realmente incoraggiata.
"Sì, verrò di nuovo. Anzi, perchè non vieni tu, Signore, a trovarmi? Io nel deserto ci sto da sempre. Ma se arrivi tu diverrà un giardino, e germoglieranno i fiori tra le rocce. Ecco, vedi, sotto i tuoi piedi è già spuntata una ginestra. La colgo, perchè voglio portarmela come presagio di una imminente primavera che già incombe sulla storia."
" Eccomi qui, con un fascio di carte in mano ed una miriade di storie e di volti che si affastellano dentro e a cui dovrò dare un ordine e un nome. Fredde carte che parlano il noioso linguaggio della burocrazia, quello che non interessa a nessuno. Ma io, dietro ognuno di questi fogli, vedo un volto e una storia."
Martedì 7 settembre 1943. Sul vagone n. 12 Etty parte per Birkenau. Su quel treno ci sono 170 bambini, 602 adulti, 215 anziani. Morirà il 30 novembre 1943. In 83 giorni Etty ha forse scritto qualcosa. Ci piace immaginare il suo dodicesimo quaderno. L'ultimo di una giovane che ha conosciuto una straordinaria pienezza di vita."
"Si è fatto tardi, Giuseppe. Nella piazza non c'è più nessuno. I grilli cantano sul cedro del tuo giardino. Nelle case, le famiglie recitano lo 'Shemà Israel'. E tra poco Nazareth si addormenterà sotto la luna. Di là, vicino al fuoco, la cena è pronta. Cena di povera gente. L'acqua della fonte, il pane di giornata, e il vino di Engaddi. E poi c'è Maria che ti aspetta. Ti prego: quando entri da lei, sfiorala con un bacio. Falle una carezza pure per me. E dille che anch'io le voglio bene. Da morire. Buona notte, Giuseppe!"