«Un ragazzo sale su di un albero, si arrampica tra i rami, passa da una pianta all'altra, decide che non scenderà più. L'Autore di questo libro non ha fatto che sviluppare questa semplice immagine e portarla alle estreme conseguenze: il protagonista trascorre l'intera vita sugli alberi, una vita tutt'altro che monotona, anzi: piena d'avventure, e tutt'altro che da eremita, però sempre mantenendo tra sé e i suoi simili questa minima ma invalicabile distanza. Ne è nato un libro, Il barone rampante, piuttosto insolito nella letteratura contemporanea, scritto nel 1956-57 da un autore che aveva allora trentatré anni; un libro che sfugge a ogni definizione precisa, così come il protagonista salta da un ramo di leccio a quello d'un carrubo e resta più inafferrabile d'un animale selvatico. Il vero modo d'accostarci a questo libro è quindi quello di considerarlo una specie di Alice nel paese delle meraviglie o di Peter Pan o di Barone di Münchhausen, cioè di riconoscerne la filiazione da quei classici dell'umorismo poetico e fantastico».
Ogni casa nasconde dei misteri... Lo sa bene Mortina, che ha scoperto nella biblioteca di Villa Decadente un passaggio segreto che conduce a una porta chiusa da una bizzarra serratura. Per svelare cosa si cela là dietro, Mortina intraprenderà insieme al cugino Dilbert e al fedele levriero Mesto un viaggio ricco di sorprese e colpi di scena. Dietro a quella porta, infatti, troverà la risposta all'unica vera domanda: perché la sua... è una famiglia zombie? Una nuova avventura della bambina zombie che sta facendo morire dal ridere il mondo intero. Età di lettura: da 6 anni.
"Personaggio buffo e melanconico, Marcovaldo è il protagonista d'una serie di favole moderne" scrisse Italo Calvino, segnando, come in un suo bloc-notes, avvenimenti impercettibili nella vita di una grande città industriale, quali possono essere il passaggio di una nuvola carica di pioggia o l'arrivo mattutino di uno sbuffo di vento. Un'edizione illustrata da Sto che vuole essere un omaggio a due grandi del nostro Novecento. Età di lettura: da 9 anni.
Chi è, veramente, Gesù? Sappiamo cosa è diventato dopo la sua morte, in duemila anni di fede cristiana. Ma come lo considerano i contemporanei? Cosa pensano quando lo ascoltano parlare e mentre lo vedono agire? Poco prima della fine, egli pronuncia su di sé parole enigmatiche: «Io so da dove vengo, e dove vado. Voi, invece, non sapete da dove vengo e dove vado» (Gv 8,14). Può questo messaggio di un «re» ebreo illuminare anche l'origine e la meta della nostra vita? Attraverso un fitto e appassionato dialogo con i Vangeli, Giulio Busi traccia il profilo di un Gesù ribelle, assai diverso dall'immagine del buon pastore, mite e mansueto, trasmessa da gran parte della tradizione cristiana. È il Gesù della polemica e dell'invettiva. E, insieme, il Gesù visionario che sovverte e trascende ogni limite di spazio e di tempo, in continuo movimento tra il «qui» della sofferenza e della sopraffazione e il «là» della pace e della vita spirituale. A delinearsi con chiarezza in queste pagine è, in particolare, una «storia ebraica» del maestro di Nazaret. Per lui, infatti, gli ebrei non sono mai «loro» ma «noi». E se la sua ribellione s'indirizza anche contro l'élite religiosa giudaica, è pur sempre la ribellione di un ebreo, orgoglioso della propria appartenenza, che sa interpretare la Torah in modo straordinariamente raffinato, eppure libero, nuovo, creativo. Alla fine, Gesù è un re proscritto, su cui pende un ordine di arresto. Un rabbi itinerante braccato e costretto a nascondersi. Quando sale a Gerusalemme per l'ultima Pasqua, sa che verrà tradito, catturato, percosso, ucciso. I suoi si sbandano, rinnegano. Solo un gruppo di donne non lo lascia nell'ora più oscura. E soltanto una donna cerca il proprio maestro e per prima lo trova, all'alba, in un giardino, al di là della morte. Il giudaismo ha rifiutato il regno senza potere impersonato da Gesù. Il cristianesimo ha trasformato la missione errante dei primi discepoli ebrei, senza famiglia e senza averi, senza bagaglio e senza armi, in una realtà solida, ben costruita, capace di durare per millenni. Ma la ribellione di Gesù ancora continua.
Questa è la storia di due amici, di due madri, di due mogli. Siamo fra Sciacca e Pertuso Piccione, nella Sicilia occidentale. Giovanni e Santino hanno sognato entrambi un dolce riscatto, fra il volo di Gagarin, il cinema americano e la bellezza del paese in cui vivono. Giovanni deve soddisfare le ambizioni sociali della madre Cettina, Santino vuole salvare la madre Assunta dal destino equivoco al quale si è esposta per mantenere la famiglia. Cosa ci succederà da grandi? E cosa vuol dire diventare grandi? Che masculi saremo? Non hanno tempo di darsi delle risposte: sono assorbiti progressivamente da accordi chiusi sopra le loro teste. Santino diventa un principe del calcestruzzo, che accetta commesse sempre più ricche e sempre più manovrate. Giovanni, avvocato, raccomandato da personaggi ambigui e potenti, mette la sua abilità di uomo di legge al servizio di chi la legge la usa per nascondere il vantaggio di pochi contro il bisogno di molti. Fanno entrambi ottimi matrimoni e trionfano nei cupi anni Ottanta, gli anni terribili delle guerre di mafia. Anna, avvocatessa impegnata, specializzata nel diritto delle acque, vorrebbe "salvare" Giovanni, sposato alla ricca Veronica. Margherita, moglie devota, assicura a Santino una vita famigliare che sembra al riparo dal sangue e dalla violenza. Ma l'edilizia, pubblica e privata, non consente trasparenze né giustizia e i due amici vengono risucchiati in una spirale senza scampo. Resistono solo i barbagli dell'adolescenza e la smagliante bellezza di Assunta, incarnazioni di una Sicilia sognata, che non smette di sognare il proprio bene. Quello di Simonetta Agnello Hornby non è solo un romanzo su una mafia che magari non spara ma governa l'economia dell'isola, è soprattutto una storia sul potere feroce della famiglia e sul desiderio struggente di tornare alla terra in cui sono radicate identità e speranza.
Il primo appuntamento con Chichita, a Parigi nell'aprile 1962, è uno dei momenti che Calvino identificava come cruciali nella propria parabola esistenziale, insieme alla partecipazione alla Resistenza e all'ingresso nella casa editrice Einaudi. Argentina di nascita, di professione traduttrice presso l'Unesco e l'International Atomic Energy Agency, colta, estrosa e brillante, Esther Judith Singer, detta Chichita, diventerà nel 1964 la moglie di Calvino. Il carteggio ha inizio subito, quando i due sono ancora praticamente estranei l'uno all'altra. Le lettere sono quindi per Calvino il modo di presentarsi, elaborando nei mesi un autoritratto intimo per la sua interlocutrice ideale. Ritrovate dalla figlia Giovanna, quelle missive del 1962-1963 sono qui pubblicate per la prima volta assieme a un testo inedito coevo, Sulla natura degli angeli, e a una delle risposte di Chichita. Se ne ricava l'affresco di una quotidianità ricca e sfaccettata: oltre alle immancabili incomprensioni della comunicazione a distanza, l'attesa degli incontri con la donna amata, le complicazioni logistiche degli spostamenti (Sanremo-Torino-Roma-Parigi), le luci e le ombre del lavoro editoriale, l'irresistibile richiamo della vocazione letteraria.
Il nostro futuro si giocherà in Africa. Il mondo la osserva con un'attenzione nuova. È il baricentro demografico del pianeta: lì si concentrerà la crescita della popolazione in questo secolo, mentre la denatalità avanza altrove. Un'altra sfida riguarda le materie prime, in particolare materiali strategici nella transizione verso un'economia sostenibile: molti dei minerali e metalli rari indispensabili per i pannelli solari o le auto elettriche vengono estratti in Africa. Del continente gli italiani conoscono solo una narrazione pauperistica e catastrofista. L'Africa è descritta come l'origine della «bomba migratoria» che si abbatterà su di noi. Viene compianta come la vittima di tutti gli appetiti imperialisti e neocoloniali: quelli occidentali o la nuova invasione da parte della Cina. Fa notizia solo come luogo di sciagure e sofferenze: conflitti, siccità e carestie, sfruttamento e saccheggio di risorse, profughi che muoiono attraversando il Mediterraneo. Dagli anni Settanta, quando si spensero le prime speranze di rinascita nell'epoca dell'indipendenza post-coloniale, l'Occidente ha mescolato la sindrome della pietà, i complessi di colpa e una «cultura degli aiuti umanitari» destinata a creare dipendenza e corruzione. Contro gli stereotipi s'impone una nuova narrazione. Ce la chiedono autorevoli personalità africane, che si riprendono il diritto di raccontare l'Africa così com'è davvero, senza piangersi addosso, ribellandosi ai luoghi comuni occidentali. L'Africa non è una nazione, è un continente immenso con diversità enormi, dal Cairo a Johannesburg, da Addis Abeba a Lagos. Non è solo sofferenza e fuga, come dimostra la sua straordinaria vitalità culturale. A New York, Londra e Parigi siamo invasi da romanzi, musica, film, pittura e mode creati da nuove generazioni di artisti africani. La diaspora brilla per le eccellenze: negli Stati Uniti i recenti immigrati dall'Africa hanno dato vita a una delle comunità etniche di maggior successo. Esiste un protagonismo africano. Sbagliamo quando descriviamo il continente soltanto come «oggetto» di manovre altrui (America, Cina, Russia, Europa). Senza ricadere nelle illusioni dell'Afro-ottimismo che già si sono accese e spente nei decenni passati, questo saggio è una provocazione contro la pigrizia intellettuale e un antidoto contro le lobby che usano l'Africa per i propri scopi. Il nostro sguardo deve cambiare perché lo sguardo degli africani su se stessi sta cambiando. Fallito il modello degli aiuti, fallite le dittature e gli statalismi, mentre c'è chi tenta di importarvi il «modello asiatico», noi europei dobbiamo uscire dalla nostra passività. Quasi un ventennio fa, Federico Rampini fece scoprire agli italiani un'Asia nuova, in vorticoso cambiamento, con Il secolo cinese e L'impero di Cindia. Oggi affronta con lo stesso approccio spregiudicato il Grande Sud globale, guidandoci nella sua riscoperta senza paraocchi, da testimone in presa diretta, attraverso reportage di viaggio e dando la voce a personaggi che fanno la storia.
Il quinto capitolo della saga di Kingsbridge. "Le armi della luce" si svolge tra il 1792 e il 1824, un'epoca di grandissimi cambiamenti in cui il progresso si scontra con le tradizioni del vecchio mondo rurale e il governo dispotico è determinato a fare dell'Inghilterra un potente impero commerciale. A Kingsbridge l'industrializzazione si fa rapidamente strada riducendo alla miseria la maggior parte della popolazione dedita alla manifattura tessile, la principale fonte di reddito della città. La vita di un gruppo di famiglie collegate tra loro viene stravolta dalla nuova era delle macchine, mentre imperversa la guerra con la vicina Francia di Napoleone Bonaparte che giunge alla sua epocale conclusione con la battaglia di Waterloo. Scoppiano le rivolte del pane, gli scioperi e la ribellione contro l'arruolamento forzato nell'esercito. Una coraggiosa filatrice, un ragazzo geniale, una giovane idealista che fonda una scuola per bambini disagiati, un commerciante di tessuti travolto dai debiti del padre, una moglie infedele, un operaio ribelle, un artigiano intraprendente, un vescovo inetto, un ricco imprenditore senza scrupoli sono solo alcuni dei personaggi che animano questa storia indimenticabile. Eroine ed eroi carismatici combattono per un futuro libero dall'oppressione, personaggi cattivi e perversi cercano di mantenere ad ogni costo i loro privilegi in un complesso intreccio ricco di dettagli storici accuratamente documentati.
È sabato, poco dopo la mezzanotte, e una fitta nebbia avvolge The Narrows, il quartiere di una piccola cittadina del Connecticut, sulle rive del fiume Wye. Link, un afroamericano di bell'aspetto, è sul molo che costeggia il fiume e si imbatte improvvisamente in Camilo, una giovane donna inseguita da un malintenzionato. Link la mette in salvo e poco dopo, alla luce soffusa di un bar lì vicino, scopre che Camilo è un'affascinante donna bianca, ricca e sposata, che ha deciso di visitare il quartiere per ingannare la noia della sua vita privilegiata. I due iniziano a incontrarsi furtivamente violando i rigidi codici sociali e alimentando una passione travolgente: una relazione clandestina tra due persone che, agli occhi della società americana dell'epoca, non si sarebbero mai dovute frequentare. Siamo infatti nei primi anni Cinquanta e The Narrows è abitato dalla comunità afroamericana, insediatasi nelle sue casette di legno e mattoni, tra i bar pieni di fumo gestiti dal boss Bill Hod: un luogo popolato quasi esclusivamente da neri, confinati in una vera e propria "strettoia", che li priva di un futuro libero dalla mancanza di prospettive e dai conflitti derivati dall'odio razziale. A The Narrows abitano anche la settantenne Abbie e il figlio adottivo Link, che nonostante la laurea e un passato in marina ha deciso di lavorare in uno dei locali di Bill. Una storia appassionante e dolorosa, che racconta la società americana del tempo, l'opera più matura di una scrittrice immeritatamente dimenticata. "La strettoia", romanzo pubblicato nel 1953 e inedito fino a oggi in Italia, è una preziosa e importante riscoperta letteraria che i temi trattati rendono incredibilmente attuale.
Dall'autore di "Steve Jobs" e altre biografie di successo, il ritratto sorprendentemente intimo dell'innovatore più affascinante e controverso della nostra epoca: un visionario che ha infranto le regole e portato il mondo in un'era di veicoli elettrici, missioni spaziali private e intelligenza artificiale. E ha anche acquistato Twitter. Quando Elon Musk era ragazzino, in Sud Africa, veniva picchiato regolarmente dai bulli. Un giorno un gruppo lo spinse giù per una scalinata di cemento e lo prese a calci fino a ridurgli la faccia gonfia come un pallone. Elon rimase in ospedale per una settimana. Ma le cicatrici fisiche non furono paragonabili a quelle emotive inflitte poi dal padre - ingegnere, disonesto e carismatico. L'influenza del padre sarebbe durata a lungo. Musk è diventato un uomo-bambino duro e vulnerabile al tempo stesso, incline a bruschi sbalzi d'umore alla dottor Jekyll e mister Hyde, con un'elevata propensione al rischio e un senso epico per le missioni che intraprende e porta avanti con intensità maniacale e talvolta distruttiva. Agli inizi del 2022 - dopo un anno segnato da trentun razzi lanciati in orbita dalla sua azienda, SpaceX, dalla vendita di quasi un milione di auto da parte di Tesla, e dalla sua ascesa come uomo più ricco della Terra - Musk ha parlato con amarezza della sua inclinazione a suscitare drammi. «Devo allontanare la mia mentalità dalla modalità di crisi, in cui si trova da circa quattordici anni, o forse da quasi tutta la vita» ha detto. Era un commento malinconico, non un proposito per l'anno nuovo. Ma già mentre faceva questa promessa, comprava in gran segreto quote di Twitter, il parco giochi per definizione. Nel corso degli anni, ogni volta che si è trovato in un momento buio, è tornato agli orrori di quando veniva bullizzato al parco giochi. Lo stesso che ora ha la possibilità di possedere. Per due anni, Isaacson ha seguito Musk, partecipando alle sue riunioni, l'ha accompagnato nelle sue aziende, e ha passato ore a intervistare lui, la sua famiglia, gli amici, i colleghi e gli avversari. Il risultato è una storia intima, colma di racconti straordinari di trionfi e turbolenze, che risponde alla domanda: i demoni che spingono Musk sono anche ciò che serve per guidare l'innovazione e il progresso?
Siamo nel 1976, in una città di provincia come tante: Anna e Amos sono molto innamorati, hanno due bambine e, inseguendo la loro passione per le storie e la poesia, hanno aperto una libreria. È domenica e stanno facendo colazione quando Amos, all'improvviso, appare smarrito, non riconosce più Anna, sembra aver dimenticato tutto, persino di avere due figlie. Pochi minuti prima ha citato una poesia a memoria, ora non sa più nemmeno chi è. Ha avuto un episodio di amnesia. Amos torna presto in sé, ma pochi giorni dopo, mentre lui e Anna sono a Roma per consultare uno specialista, insiste per uscire da solo a fare due passi: "Non preoccuparti, sto bene, arrivo a Trinità dei Monti e rientro". Da quella passeggiata non farà mai più ritorno. Di lui si perderà ogni traccia. Cos'è successo? Ha avuto un'altra amnesia e si è perso? Oppure ha deciso di andarsene, di abbandonare lei e le bambine? Anna se lo chiederà fino quasi a perdere la ragione. Amos aveva dei segreti? E la domanda successiva è sempre: tornerà? Anna ripercorre la sua vita con Amos alla ricerca di una crepa, di "un anello che non tiene", tenta di sbrogliare il filo del passato di lui a partire da quel poco che sa, e intanto rimanda ogni giorno l'addio, sposta la speranza sempre più in là, e cresce le bambine dentro questo tempo sospeso, il tempo dell'abbandono, che non è un atto, ma un divenire. L'attesa diventa la sua postura nel mondo, il lento rito di cui ha bisogno per prepararsi all'addio. Finché gli amici le rivelano un segreto che hanno custodito a lungo, un dettaglio che getta una nuova luce sulla scomparsa di Amos. Roberto Cotroneo ha frequentato molti generi nella sua avventura letteraria, e ha cambiato spesso veste: nella "Cerimonia dell'addio", scritto nell'arco di parecchi anni, si compie una sintesi prodigiosa di alcune delle sue anime - il romanziere, il poeta, il grande lettore, il critico letterario - e si producono diverse magie narrative: il presente di chi legge sembra dilatarsi, come quello di Anna, nel limbo dolce dell'attesa, mentre i personaggi si fanno carne e voce, raggiungono il lettore nelle sue stanze e vanno a occupare un posto nei suoi ricordi, come se fossero amici di lunga data: Amos, Emma e Cecilia, Francesco e Irene; ma sopra tutti Anna, che è Penelope, è Orfeo, è l'autore. E siamo tutti noi.
Nel marzo del 2022, dopo mesi di temperature elevate e precipitazioni sotto la norma, un carro armato è spuntato dalle secche del Po. Poco più di un anno dopo, i fiumi della Romagna hanno rotto gli argini sommergendo case, aziende e coltivazioni. L'Italia sta affrontando un cambiamento climatico tra i più difficili in Europa. Siccità e ondate di caldo ogni anno più soffocanti si alternano a piogge monsoniche e alluvioni imprevedibili. Non stiamo vivendo una tragica e sfortunata sequenza di eventi catastrofici, ma la statistica di una nuova normalità. Il clima sta cambiando e ci sono scelte importanti da fare. Eppure, il dibattito pubblico e politico sembra concentrarsi su questioni marginali. Il risultato? Poca chiarezza sui problemi raramente produce soluzioni efficaci. Tra i massimi esperti di sicurezza ambientale e risorse naturali, Giulio Boccaletti affronta luci e ombre di una questione urgente e attuale, mostrando patologie, opportunità e complicazioni di un paese alle prese con una transizione fondamentale.