La riflessione di Guardini sulla vita morale e le sue strutture si è svolta sempre in feconda osmosi con quella sulle forme dell'impegno intellettuale, sulle manifestazioni della fede, sulla partecipazione liturgica, sui fenomeni culturali come visioni del mondo, sulle grandi svolte dello spirito nella storia. Anche queste meditazioni non escludono agganci alla filosofia, alla teologia, alla scienza delle religioni. Il discorso non è quindi puramente esortativo e 'moralistico'. Vi si annoverano invece pagine tra le più nitide e profonde stese dall'Autore, con anticipazioni geniali sul divenire del costume del nostro tempo. L'accettazione o accoglienza, la pazienza, la giustizia, il rispetto, la fedeltà, la singolare virtù ch'è l'assenza di intenzioni o propositi, la quale potrebbe equivalere all'autentica 'gratuità', l'ascesi, al di là dei sospetti psicanalitici, il coraggio, la bontà, la comprensione, la cortesia, di cui è fatta una garbata apologia in uno spietato esame delle ragioni del suo attuale declino, la riconoscenza, il disinteresse, il raccoglimento, il silenzio: 'virtù' che - indagate a un livello apparentemente soltanto di convivenza umana dignitosa e riguardosa si svelano, nella Postilla, tessere d'un mosaico il cui disegno segreto è la giustizia davanti a Dio.
In questi scritti emergono tratti distintivi del vissuto cristiano, rispetto ad altri che possono essere sottoposti a una teorizzazione soltanto filosofica. Si tratta di temi - Fede, Religione, Esperienza - di rilevanza perenne, particolarmente sentiti nell'età moderna e postmoderna, e attuali nel dibattito sul rapporto tra la specificità esistenziale di una fede e la genericità della disposizione religiosa. Guardini li affrontava già nel 1934, distanziandosi in modo preciso dalla soluzione radicale della «teologia dialettica» di Karl Barth, che invece opponeva fede e religione. Lo scritto sulla fede nella grazia e la coscienza della colpa anticipa le odierne discussioni sulla caduta del senso del peccato, sui riduzionismi sociologici e psicologici, sulla possibilità di cogliere l'esigenza del perdono, nella comunità ecclesiale e nella società umana.
Scritti per la maggior parte dal 1982 al 2009, sono qui ospitati testi che non hanno connessione fra di loro, se non la fonte: la mente, la parabola esistenziale dell’autore e il variare degli interessi. Obbediscono spesso a una molla supplementare, il caso: ora la richiesta di un intervento pubblico, ora l’introduzione a uno scritto proprio o altrui, un notiziario o un riepilogo del proprio lavoro, la testimonianza su un’esperienza di vita. Qui raccolti, seguono l’ordine cronologico della redazione, assente un disegno preordinato che li comprenda tutti.
Alla base di questi testi c’è un’esperienza, avendo vissuto metà della vita in un contesto arabo.
Un lungo saggio della raccolta sembra metaforicamente illustrare il tradizionale nostos, quando si riprende la via di casa. L’autore lo fa cogliendo il pretesto del restauro per sé di un edificio antico. Una raccolta di scritti brevi offre infine come in un dagherròtipo l’immagine di alcuni personaggi che hanno arricchito una vita e un esempio di letture fondamentali, come Flaubert e Mann. Poiché l’autore di questi mémoires è un romanziere c’è anche qualche stralcio di narrativa.
La raccolta completa dei saggi sull'Oriente e l'Occidente di uno dei maggiori scrittori contemporanei, che esplora i temi dell'islam e della cultura tedesca dle '900. Dai grandi romanzieri dell'800, un percorso che mostra le fonti dello scrittore ma offre anche un modello di conoscenza aperta al dialogo fra religioni e cultura.
«Questo è un libro di buona fede, lettore. Esso ti avverte, fin dall’inizio, che mi sono proposto soltanto uno scopo domestico e privato. Non mi sono affatto proposto di essere utile a te né alla mia gloria. Le mie forze non sono capaci di un tal disegno. L’ho dedicato all’utile particolare dei miei parenti ed amici: affinché quando mi avranno perduto (cosa che accadrà molto presto) vi possano trovare alcuni tratti delle mie qualità e delle mie tendenze, e così conservare più completa e viva la conoscenza che hanno avuto di me. Se fosse stato per acquistare il favore della gente, mi sarei fatto più bello e mi presenterei con un andamento studiato. Voglio che mi si veda in maniera semplice, naturale e consueta, senza sforzo né artificio: giacché è me stesso che io dipingo. Vi si leggeranno al vivo i miei difetti e la mia immagine, per quel che il rispetto del pubblico me l’ha permesso».
(Monsieur Michel de Montaigne
Il cinquecentenario della nascita di Ludovico Castelvetro ha visto fiorire numerose iniziative di ricerca che hanno posto in evidenza, oltre alla crescente consapevolezza della centralità del poliedrico letterato modenese nel quadro della cultura del XVI secolo, anche i risultati e le potenzialità di una rinnovata stagione storiografica. Questo volume intende rendere facilmente accessibili agli studiosi alcune opere di Castelvetro inedite o di non agevole reperimento e, al contempo, fornire spunti e riflessioni che contribuiscano al vivace dibattito sulla figura e l'opera di un personaggio, i cui interessi culturali, le cui vicende umane, scelte religiose e morali hanno costantemente attraversato, insieme con i confini geografici e le frontiere politiche, gli ambiti e le partizioni delle discipline umanistiche così come i perimetri delle ortodossie religiose. Se la vita, e la stessa produzione letteraria e critica, di Ludovico Castelvetro restano ancora in molte parti enigmatiche, sotto il velo opaco delle lacune documentarie e dei silenzi delle fonti, si intuisce tuttavia con sempre maggiore evidenza un profilo di straordinario spessore culturale, religioso ed etico, in grado non solo di misurarsi con i maggiori esponenti delle grandi correnti del pensiero europeo ma di recarvi anch'esso originali contributi.