La penisola anatolica, terra di collegamento tra il continente europeo e quello asiatico, è stata teatro non solo delle controversie più accese del cristianesimo primitivo ma anche fucina di istituzioni ed elaborazioni teologiche che hanno permesso al fenomeno cristiano di sviluppare percorsi identitari forti e durevoli. Studiare il periodo immediatamente post apostolico e quello precedente l'era costantiniana, tra Marco Aurelio e Diocleziano appunto, consente di mettere a fuoco le principali e multiformi spinte interne che hanno forgiato l'esperienza di fede dei cristiani di quel tempo, i quali, se da una parte hanno rielaborato l'eredità apostolica, dall'altra hanno posto le basi della fede delle successive generazioni. Di questi temi legati alla regione anatolica, della loro portata teologica e dello spirito sorgivo che si respira leggendo ancora i testi di quell'epoca, si è occupato il Convegno i cui Atti sono contenuti in questo libro, arricchiti anche da altre relazioni che contribuiscono a gettare luce sui molteplici reciproci influssi e confronti tra tradizione asiatica e alessandrina. Nell'intento di ravvivare l'amore per la storia del primo cristianesimo che ancora riserva, a uno studio attento, aspetti da scoprire e su cui meditare, si è voluto onorare la memoria di mons. Luigi Padovese (1947-2010), organizzatore per decenni dei Convegni a Tarso e ad Efeso e vescovo di Anatolia.
Questa nuova edizione della "Storia della letteratura cristiana antica", riveduta e ampliata, intende mettere in rilievo precipuamente gli aspetti letterari che caratterizzano gli scritti dei primi secoli cristiani e che spesso vengono trascurati dalle analoghe opere esistenti. La produzione letteraria cristiana è stata considerata quasi sempre o come strumento per la storia della Chiesa antica o come aspetto particolare della storia del pensiero patristico. Quest'opera, invece, vuole considerare l'insostituibile apporto che il cristianesimo ha arrecato alla formazione della cultura occidentale. Il termine "cultura" deve essere inteso in senso lato, e non esclusivamente come se si identificasse con i raggiungimenti artistici; essa comprende il pensiero, le problematiche, le soluzioni che l'antico cristianesimo produsse e visse al proprio interno. In tal modo si recupera, pur osservandola in un suo ambito specifico, la peculiarità del messaggio evangelico, che costituisce il nucleo insostituibile di ogni forma letteraria cristiana. Antichi e nuovi contemporaneamente furono i contenuti e i generi di questa letteratura, che costituì il passaggio dalla civiltà antica a quella medievale.
La Scuola di Valentino descrive la complessa intersezione tra una dominante opzione teologica cristiana e raccoglimento, pur parziale e recessivo, delle altre fonti di rivelazione che la creazione è stata resa capace di produrre e manifestare. Tra queste, il presente volume intende sottolineare la rilevanza di quella tradizione testuale che gemma dal racconto del perverso innamoramento degli angeli per le figlie degli uomini, germinalmente narrato nel Libro dei Vigilanti. Attraverso un'indagine dalla vocazione diacronica - muovendo dalla lettura storico-critica degli ipsissima verba di Valentino per spingersi sino ai testi copti rinvenuti presso Nag Hammadi - il contributo analizza la pervasività della tradizione enochica negli scritti valentiniani. Emergerà come, a partire da un complesso processo di rilettura e riscrittura di tale nucleo mitico-concettuale, la scuola di Valentino realizzi la piena ibridazione della urgente storicità proto-cristiana con le coeve categorie ontologiche di derivazione platonica: la salvezza comincia a essere pensata in termini di natura, e comincia a delinearsi una teoria della libertà e del libero arbitrio. Nondimeno, tale operazione assume l'aspetto di una dislocazione - non di una rimozione - della riserva carismatica del pensiero cristiano delle origini, la quale viene promossa a governare la struttura ontologica medioplatonica, in un processo di dominanza della rivelazione sull'Essere, della gnosi sulla filosofia e sulla fede, della libertà divina sulla libertà umana; processo che, governato da un lettura cristologica e sfrenatamente allegorica del mito dei Vigilanti, segnerà il carattere eminentemente cristiano dello gnosticismo tutto. L'interrogazione sulla necessità della fine stessa della creazione trova, infine, nella gnosi valentiniana una risposta inedita, che conduce a rivedere la domanda medesima: la creazione è destinata a un termine - storicamente preannunciato dall'incarnazione di Cristo, ma eternamente realizzato nella logica sacrificale che governa la struttura del Pleroma gnostico - non a causa di una sua mancanza etica o ontologica, storicamente o pre-storicamente sopraggiunta, ma a motivo di una effettiva scissione della volontà di Dio stesso, il quale è chiamato al compito di disdirsi, di articolare due catastasi, di determinare con la propria conversione la storia salvifica del mondo. E se Dio si converte, ogni struttura di comprensione del percorso che conduce ai tempi ultimi, qualora non sia illuminata dalla nuova volontà divina, perde eo ipso la propria capacità di significazione.
Sono qui raccolti gli atti del convegno realizzato a Bologna il 2-3 dicembre 2014, nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Storia della Teologia della FTER (Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna) e del GIROTA (Gruppo Italiano di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandrina). Non si tratta di un bilancio della ricerca in corso, né di una sintesi a carattere manualistico, ma di una serie di approfondimenti su figure e momenti nodali di una possibile “storia dello Spirito santo”, che spaziano dalla letteratura biblica – sia in lingua ebraica che greca – alle testimonianze protocristiane canoniche ed extracanoniche, alla riflessione dei primi secoli in Oriente e Occidente, tenuto conto delle testimonianze iconografiche coeve. Due excursus indagano anche nell’ambito della tradizione islamica e della teologia cristiana contemporanea.
Contributi di M. Settembrini, F. Calabi, M. Marcheselli, M. Simonetti, F. Pieri, L. Perrone, G. Maspero, C. Gianotto, E. Norelli, F. Ruggiero, C. Burini De Lorenzi, G. Bendinelli, R. Zanotto, D. Righi, D. Gianotti.
Se la nascita e lo sviluppo del pensiero cristiano delle origini sono segnati dall’incontro con la filosofia greca, un protagonista di questo incontro, nel periodo fra il II e il III secolo, è Origene di Alessandria (185- 253 d.C.), il più autorevole teologo ed esegeta cristiano prima di Agostino. - Il libro mostra, con attenzione anche agli aspetti linguistici, come Origine si serva del pensiero antico, soprattutto del platonismo, per interpretare le Sacre Scritture e alimentare la riflessione sui contenuti della rivelazione. Una interpretazione che ha segnato la storia della teologia cristiana, occidentale e orientale. - Un libro, insieme di storia della filosofia e storia del cristianesimo, che apre nuove piste di ricerca.
Quali furono gli atteggiamenti che le varie correnti del cristianesimo elaborarono nell'antichità riguardo agli altri culti? Come nacquero le prime teorizzazioni sulla libertà religiosa? E quelle sulla coercizione religiosa? Quali furono le giustificazioni teologiche addotte a sostegno delle une e delle altre? Il presente volume tenta di rispondere a queste domande, rese ancora più urgenti dall'attuale contingenza storica. Partendo dall'inevitabile distanza che separa il moderno concetto di "tolleranza religiosa" e il pensiero teologi-co-politico degli antichi, l'autrice indaga le elaborazioni riguardanti, in senso lato, la libertà religiosa, nelle diverse sfumature e nei vari contesti in cui queste furono proposte, dalle origini del cristianesimo all'età teodericiana. L'approccio diacronico, in forza del recupero di correnti minoritarie e quasi carsiche, non si limita al lungo periodo indagato ma investe di domande e di possibili soluzioni il nostro difficile momento storico, esercitando l'insegnamento, che fu di Marc Bloch, di appassionarsi al presente per comprendere, nella giusta distanza, il passato.
Epifanio si collega alla tradizione eresiologica inaugurata da Giustino nel II secolo e proseguita da Ireneo e Ippolito, ma, vissuto nel IV secolo, scrive in un Impero ormai cristiano, nel periodo delle grandi controversie teologiche, nel corso delle quali l'intervento imperiale svolge un ruolo non trascurabile. Il Panarion è un vero e proprio trattato eresiologico, anche se nel corso del III e del IV secolo alcuni autori inseriscono nei loro scritti elenchi, più o meno lunghi, di eresie - basti pensare a Clemente d'Alessandria, Origene, Eusebio di Cesarea, Cirillo di Gerusalemme. L'opera, monumentale e ricca di documenti, si compone di tre libri, ripartiti in sette tomi, nei quali sono presentate e confutate ottanta tra eresie e scismi: il primo libro contiene tre tomi e quarantasei eresie (Barbarismo, Scitismo, Ellenismo, Giudaismo e Samaritanismo, con le rispettive suddivisioni, e le eresie sorte dopo l'incarnazione di Cristo, dai Simoniani ai Tazianei), il secondo due tomi e ventitré eresie (dagli Encratiti agli Ariani), il terzo due tomi e undici eresie (dagli Audiani ai Massaliani). Chiude il trattato «la difesa della retta fede e verità, che è rappresentata dalla santa, cattolica e apostolica Chiesa», in cui l'autore sintetizza i punti fondamentali della dottrina cattolica ortodossa - la Trinità, l'incarnazione di Cristo, la resurrezione dei morti, il giudizio eterno - e i principi istituzionali che reggono la Chiesa - la liturgia, le riunioni, i digiuni, le festività, la vita dei fedeli e dei monaci, le prescrizioni per la vita quotidiana. Il risultato di questo lavoro è un panarion, appunto, una cassetta di medicinali, dalla quale poter trarre rimedi contro morsi e punture mortali. Fuor di metafora, una sorta di manuale di pronto soccorso, al quale i cristiani della retta fede possono attingere le informazioni di cui necessitano per riconoscere a quale categoria appartengano gli eretici incontrati nel loro cammino, eventualmente per confutarli, per convincerli a rinsavire, e anche per guidare i fedeli a non cadere nell'errore.
Epifanio si collega alla tradizione eresiologica inaugurata da Giustino nel II secolo e proseguita da Ireneo e Ippolito, ma, vissuto nel IV secolo, scrive in un Impero ormai cristiano, nel periodo delle grandi controversie teologiche, nel corso delle quali l'intervento imperiale svolge un ruolo non trascurabile. Il Panarion è un vero e proprio trattato eresiologico, anche se nel corso del III e del IV secolo alcuni autori inseriscono nei loro scritti elenchi, più o meno lunghi, di eresie - basti pensare a Clemente d'Alessandria, Origene, Eusebio di Cesarea, Cirillo di Gerusalemme. L'opera, monumentale e ricca di documenti, si compone di tre libri, ripartiti in sette tomi, nei quali sono presentate e confutate ottanta tra eresie e scismi: il primo libro contiene tre tomi e quarantasei eresie (Barbarismo, Scitismo, Ellenismo, Giudaismo e Samaritanismo, con le rispettive suddivisioni, e le eresie sorte dopo l'incarnazione di Cristo, dai Simoniani ai Tazianei), il secondo due tomi e ventitré eresie (dagli Encratiti agli Ariani), il terzo due tomi e undici eresie (dagli Audiani ai Massaliani). Chiude il trattato "la difesa della retta fede e verità, che è rappresentata dalla santa, cattolica e apostolica Chiesa", in cui l'autore sintetizza i punti fondamentali della dottrina cattolica ortodossa - la Trinità, l'incarnazione di Cristo, la resurrezione dei morti, il giudizio eterno - e i principi istituzionali che reggono la Chiesa - la liturgia, le riunioni, i digiuni, le festività la vita dei fedeli.
Sezione Monografica I. La controversia origenista: un affare mediterraneo / The Origenist Controversy: a Mediterranean Affair, a cura di R. Alciati - F. FattI.- Introduzione (R. Alciati - F. Fatti); - From Methodius to Epiphanius in Anti-Origenist Polemic (J.F. Dechow); - Pontifex tantus. Giovanni, Epifanio e le origini della prima controversia origenista (F. Fatti); - L'uso ?politico' delle traduzioni nella crisi origenista (382-402) (A. Monaci Castagno); - Eusebio di Cremona e Gerolamo: dalla controversia origenista all'ultima comunione del santo (R. Lizzi Testa); - Satan and the Bishops: Origen, Apokatastasis, and Ecclesiastical Politics in Sulpicius Severus' Dialogi (R.J. Goodrich); - Origene, gli antropomorfi ti e Cassiano: le ragioni di una relazione istituita (R. Alciati); - La controversia origenista tra IV e V secolo: la testimonianza di Palladio.Riflessioni a margine di una lettura del Dialogo sulla vita di Giovanni Crisostomo (A.M. Grosso); - Theophilus against John Chrysostom: the fragments of a lost liber and the reasons for John's deposition (P. Van Nuffelen); - What the Bishop Wore to the Synod: John Chrysostom, Origenism, and the Politics of Fashion at Constantinople (S. Elm); - De diversis quaestionibus ad Augustinum: Simpliciano e l'origenismo milanese (M. Belcastro); - La visione di Isaia nella controversia origenista: note sull'In Habacuc di Gerolamo (S. Mantelli).
Centro urbano dall'assetto internazionale e microcosmo di una pluralità di gruppi etnico-religiosi al crocevia tra paganesimo, giudaismo e cristianesimo, Caesarea Maritima fu una metropoli di nome e di fatto, e tale si è rivelata archeologicamente. I contributi qui raccolti del Gruppo Italiano di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandrina offrono le più recenti prospettive di indagine, con approccio storico-critico e filologico, sulla complessità di questo contesto urbano alla luce dei modelli socio-antropologici di identità e di conflitto/competitività.
Accanto all'immagine cristiana di Caesarea Maritima derivante da ingegni eccellenti quali Origene, Panfilo ed Eusebio, emerge una polifonia di gruppi e culture in grado di sollecitarne l'attività di intellettuali e lo stesso ministero cristiano.
OSVALDA ANDREI è professore associato di Storia del cristianesimo e delle chiese all'Università degli studi di Siena. I suoi principali ambiti di ricerca sono: storiografia e cronografia giudaico ellenistica e cristiana (antica e tardo antica); modelli, fondamenti esegetici, strategie di costruzione ed espressione delle idee cristiane sul tempo (cronologie antiche e cronologia moderna); Eusebio di Cesarea e la tradizione alessandrina; cristianità e giudaismo. Tra le sue pubblicazioni: M'. Acilio Glabrione ed il leone. Domiziano tra ebraismo e cristianesimo (Torino, 2002).; Rileggere 'Roma' nell'Apocalisse. Una riflessione sul rapporto 'testo-contesto' (Arezzo-Avellino, 2007); Canons Chronologiques et Histoire ecclésiastique (in S. Morlet - L. Perrone [eds.], Eusèbe de Césarée. Histoire ecclésiastique. Commentaire, Tome I, Paris 2012, in corso di traduzione per Morcelliana).
Confessarsi è un dialogo, anche quando è parlare di se con se stessi. Questo saggio intende esaminare gli slittamenti di significato di uno stesso genere letterario - le Confessioni - confrontando le celebri pagine di Agostino e di Rosseau: in gioco è il dialogo interiore nel passaggio dalla confessio agostiniana alla moderna "storia dell'anima", e con esso la costituzione dell'identità e della trascendenza, alla dura prova dell'aterità interiore, del male e della colpa. Temi che, sorpresi qui nella loro dimensione dialogica, fanno affiorare la specificità della "confessione" in pensatori fra loro così distanti. Un approccio capace, al contempo, di far luce sul reciproco implicarsi, nell'opera di Rosseau, di scritti autobiografici e morali, politici e padagogici.
Ci si può accostare secondo diverse prospettive e con diversi metodi al cristianesimo antico, un periodo tanto affascinante quanto magmatico, creativo e differenziato. Un aspetto caratterizzante fin dagli albori le fonti letterarie cristiane è costituito dall'inesausta riflessione teologica. Il volume indaga le ragioni di questa particolarità, offrendo una sintesi attenta ai nodi problematici, ma allo stesso tempo chiara, del pensiero degli antichi cristiani. Si parla di teologia con accezione vasta, comprendendo non solo la cristologia e quella che, seppure anacronisticamente per i primi tre secoli, si può definire concezione trinitaria, ma anche ciò che i cristiani pensavano dell'uomo, della storia, della sua fine, dei modi di vivere e di organizzarsi come seguaci di Gesù. L'approccio alla materia è storico: si è evitato di valutare gli autori in base a posteriori criteri di ortodossia, da spiegare anch'essa in un'ottica storica, o di sovrapporre uno schema di progresso lineare al concreto farsi del pensiero, da analizzare nella diversità delle aree geografiche, degli influssi culturali, dell'organizzazione delle singole chiese: ne risulta un quadro ricco e sfaccettato, perché i cristiani pensarono cose diverse su Dio e su Gesù, e tuttavia unificato dalla comune convinzione che Gesù fosse il portavoce di Dio e che la sua funzione fosse salvifica.