«Eravamo gli sgraditi, gli indesiderati, gli ignorati, invisibili a chiunque fuorché a noi stessi»: così comincia quest'opera. Protagonista del nuovo romanzo è ancora il giovane Capitano dell'esercito sudvietnamita che, nel "Simpatizzante", dopo la caduta di Saigon nel 1975, ripara negli Stati Uniti e, all'insaputa dell'amico e fratello di sangue Bon e del generale capo della Polizia Nazionale sudvietnamita, invia i suoi rapporti a Man, suo addestratore tra le fila Vietcong. Trascorsi gli anni americani nella condizione di estraneità e invisibilità propria di un rifugiato e di una spia comunista, agli inizi degli anni Ottanta, con in tasca il passaporto di un certo Vo Danh, il simpatizzante sbarca a Parigi in compagnia dell'inseparabile Bon. La Francia, il paese della lunga dominazione coloniale in Indocina, ha concesso ai due fratelli di sangue l'agognato diritto d'asilo. È l'occasione per entrambi di lasciarsi alle spalle le dolorose ferite del passato. Un'occasione da coltivare attraverso la più pura delle attività capitalistiche, offerta dal Boss vietnamita trasferitosi dal campo di Palau Galang a Parigi: lo spaccio e il commercio di droga. Per Bon rappresenta la possibilità di smettere d'essere un ospite sgradito. Per il simpatizzante, che ha trascorso buona parte della sua vita a credere in qualcosa nel cui cuore non c'era che il nulla, semplicemente un'altra possibilità data al nulla. Un nulla, questa volta, che rende Parigi una città dal fascino torbido e che fa degli intellettuali engagés della sinistra francese frequentati a casa della "zia" vietnamita, cui Man l'ha indirizzato, nient'altro che una fedele clientela delle sostanze del Boss. Un nulla che rende, infine, arduo realizzare il compito che alberga da sempre nell'animo del simpatizzante: la riconciliazione tra i fratelli di sangue di un tempo, Bon e Man, che la Storia, con le sue crudeltà e le sue cieche passioni e speranze, ha collocato su fronti opposti.
Jaipur, 1955. La giovane Lakshmi Shastri si è lasciata alle spalle una vita di povertà e un marito violento per diventare una delle artiste dell'henné più richieste in città. Prima che arrivasse a Jaipur, per farsi decorare mani e piedi le sue clienti si rivolgevano a donne Shudra, che si limitavano a tracciare semplici puntolini, trattini e triangoli, quel poco che bastava per procurarsi i loro magri guadagni. Lakshmi offre invece una gamma di motivi assai più complessi, capaci di rispecchiare le storie delle donne alle quali sono destinati. I suoi vividi ghirigori color cannella non hanno mai deluso le sue clienti che, con il tempo, sono arrivate a convincersi che il suo henné abbia il potere di riportare nel loro letto un marito scapestrato, o di indurre il loro ventre a concepire un figlio. Ecco perché Lakshmi può pretendere una tariffa dieci volte più alta del prezzo richiesto dalle donne Shudra, e ottenerla. Con il tempo è arrivata perciò assai vicina a conquistare ciò che desidera: una casa tutta sua, con pavimenti di marmo, acqua corrente a volontà e una porta d'ingresso di cui essere la sola ad avere le chiavi. Un posto nel quale poter accogliere i genitori e chiederne il perdono per essere fuggita dal marito, rovinando così la loro reputazione. Un giorno, però, il passato bussa alla sua porta: suo marito è riuscito a rintracciarla, e ad accompagnarlo c'è una ragazzina sconosciuta, una tredicenne con gli occhi enormi, di un azzurro che vira al verde, iridescenti come le piume di un pavone. È Radha, sua sorella. Una sorella di cui la giovane donna ha sempre ignorato l'esistenza. Una sorella, soprattutto, destinata a portare uno scompiglio tale nella vita di Lakshmi da metterne a repentaglio carriera e reputazione. "L'arte dell'henné a Jaipur" è il vivace ritratto una donna che, nell'India degli anni Cinquanta, lotta contro antichi pregiudizi e convenzioni per conciliare la propria realizzazione personale con il rispetto e l'amore per la famiglia.
Winchester, 1932. A trentotto anni Violet Speedwell sembra ormai inesorabilmente destinata a un'esistenza da zitella. La Grande Guerra ha preteso il suo tributo: il suo fidanzato, Laurence, è caduto a Passchendaele insieme a migliaia di altri soldati, e ora le «donne in eccedenza» come lei, donne rimaste nubili e con scarse probabilità di convolare a nozze, sono ritenute una minaccia, se non una vera e propria tragedia per una società basata sul matrimonio. Dopo essersi lasciata alle spalle la casa di famiglia di Southampton, e le lamentele della sua soffocante madre, ferma all'idea che dovere di una figlia non sposata sia quello di servire e riverire i genitori, Violet è più che mai intenzionata a vivere contando sulle proprie forze. A Winchester riesce in breve tempo a trovare lavoro come dattilografa per una compagnia di assicurazione, e ad aver accesso a un'istituzione rinomata in città: l'associazione delle ricamatrici della cattedrale. Fondata dalla signorina Louisa Pesel e diretta con pugno di ferro dall'implacabile signora Biggins, l'associazione, ispirata a una gilda medievale, si richiama a un'antica tradizione: il ricamo di cuscini per i fedeli, vere e proprie opere d'arte destinate a durare nei secoli. Sebbene la Grande Guerra abbia mostrato a Violet come ogni cosa sia effimera, l'idea di creare con le proprie mani qualcosa che sopravviva allo scorrere del tempo rappresenta, per lei, una tentazione irresistibile. Mentre impara la difficile arte del ricamo, Violet stringe amicizia con l'esuberante Gilda, i capelli tagliati alla maschietta, la parlantina svelta e un segreto ben celato dietro i modi affabili, e fa la conoscenza di Arthur, il campanaro dagli occhi azzurri e luminosi come schegge di vetro. Due incontri capaci di risvegliare in lei la consapevolezza che ogni destino può essere sovvertito se si ha il coraggio di sfidare i pregiudizi del tempo. Due incontri che insegnano anche che basta a volte un solo filo per cambiare l'intera trama di una vita.
Questa ampia antologia degli scritti in prosa di Ezra Pound è la sola che l'autore abbia fatto in tempo ad autorizzare tre mesi prima della morte. Che tratti di poesia, di religione o di economia, la sua voce parla "dal naufragio di Europa", dalla "terra devastata" della cultura occidentale, che forse nessuno come lui ha attraversato con assoluta lucidità e altrettanto assoluta visionarietà. Solo Pound - ha detto una volta Eliot - è capace di vedere tutte le figure del passato come contemporanee: Omero e Cavalcanti, Dante e Mussolini, Mani e Browning, Persefone e Woodrow Wilson, Confucio e Arnaut Daniel sono per lui ugualmente vivi e ugualmente significanti. Per questo l'ABC dell'economia non è meno importante dei principi dell'arte della poesia e la critica, tuttora attuale, del sistema bancario, "che strozza i popoli attraverso la moneta", va di pari passo in queste pagine con una limpida introduzione agli assiomi della religione e della filosofia. Che il poeta che aveva percepito con più acutezza la crisi della cultura moderna abbia dedicato un numero impressionante di opuscoli alla critica della "denarolatria" e dell'usura è, in questo senso, perfettamente coerente. "Gli artisti sono le antenne della specie. Gli effetti del male sociale si manifestano innanzitutto nelle arti. La maggior parte dei mali sociali sono alla loro radice economici".
Nella prima metà del XIX secolo James e Sadie Goodenough giungono nella Palude Nera dell'Ohio dopo aver abbandonato la fattoria dei Goodenough nel Connecticut. La legge dell'Ohio prevede che un colono possa fare sua la terra se riesce a piantarvi un frutteto di almeno cinquanta alberi. Una sfida irresistibile per James Goodenough che ama gli alberi più di ogni altra cosa, poiché gli alberi durano e tutte le altre creature invece attraversano il mondo e se ne vanno in fretta. In quella terra, dove gli acquitrini si alternano alla selva più fitta, James pianta e cura con dedizione i suoi meli. Un frutteto che diventa la sua ossessione; la prova, ai suoi occhi, che la natura selvaggia della terra, con il suo groviglio di boschi e pantani, si può domare. La malaria si porta via cinque dei dieci figli dei Goodenough, ma James non piange, scava la fossa e li seppellisce. Si fa invece cupo e silenzioso quando deve buttare giù un albero. Finché, un giorno, la natura selvaggia non della terra, ma della moglie di James, Sadie, esplode e segna irrimediabilmente il destino dei Goodenough nella Palude Nera. Romanzo che si iscrive nella tradizione della grande narrativa americana di frontiera, "I frutti del vento" è un'opera in cui Tracy Chevalier penetra nel cuore arido, selvaggio e inaccessibile della natura e degli uomini, là dove crescono i frutti più ambiti e più dolci che sia dato cogliere.
Sul lettino di Freud è la storia di Seymour Trotter, Ernest Lask e Marshal Streider, tre psicoterapeuti che, in virtù della sorte connessa alla loro professione, si trovano a condividere trionfi e fallimenti, fatti e misfatti, onori e infamie della loro pratica terapeutica.
Seymour Trotter, settantun anni, un patriarca della comunità psichiatrica, venerato in tutto il Nord della California per la sua sagacia e il suo motto: «La mia tecnica consiste nell’abbandonare qualsiasi tecnica!», va incontro alla rovina dopo aver preso in analisi Belle Felini, una trentaduenne di gradevole aspetto, bella pelle, occhi seducenti, vestita con eleganza, ma con una lunga storia di autodistruzione alle spalle. Nell’istante in cui l’«alleanza terapeutica» con la sua paziente sembra dare frutti che nessun Prozac può procurare, Trotter viene accusato di comportamento sessuale inappropriato nei confronti della giovane donna e sottoposto ad azione disciplinare dal comitato etico per la medicina.
Incaricato del procedimento è Ernest Lask, assistente universitario presso la facoltà di psichiatria, studioso che ignora quasi tutto della psicoterapia. L’incontro con Trotter, tuttavia, lo affascina e seduce a tal punto che Lask diviene un affermato psicoterapeuta. Giorno dopo giorno, i suoi pazienti lo invitano nei luoghi più intimi delle loro vite. E giorno dopo giorno lui ringrazia i grandi progenitori dell’analisi: Nietzsche, Kierkegaard, Freud, Jung.
Finché non viene il momento in cui nessuno dei grandi guaritori del passato può soccorrerlo. Lask applica un approccio radicalmente nuovo, basato su una forma di «alleanza terapeutica» con il suo paziente Justin. Ma quando quest’ultimo decide di abbandonare bruscamente la moglie, Lask è costretto a correre ai ripari il più in fretta possibile, poiché si rende conto di aver commesso un grave errore di valutazione e di essersi curato più di sé che di Justin nell’analisi.
Errore che confessa al suo supervisore Marshal Streider, il quale, benché abbia fatto suo il motto creativo di Trotter, non riesce a scrollarsi di dosso alcuni suoi comportamenti compulsivi, in particolare l’attrazione per il denaro che turba i suoi rapporti col mondo.
Dopo aver indagato i fantasmi della mente in e attraverso Nietzsche, Schopenhauer e Spinoza, Irvin Yalom, scrive un romanzo che può essere letto come una lettera aperta ai terapeuti e ai pazienti, una sorta di istruzioni per l’uso prima di avventurarsi sull’impervio sentiero dell’analisi, così come un avvincente racconto che svela al lettore comune che cosa accade realmente sul lettino di Freud.
Gonna e maglioncino da ragazza perbene, stile Sylvia Plath allo Smith College, ogni mattina Joanna Rakoff si reca sulla Quarantanovesima ed entra nel palazzo stretto e anonimo in cui ha sede l'agenzia letteraria dove lavora. Un'agenzia antica, prestigiosissima, probabilmente la più antica tra quelle ancora in attività nella metà degli anni Novanta a New York. Lì sta seduta tutto il giorno, con le gambe accavallate su una poltroncina girevole a rispondere agli ordini del suo capo, la "direttrice" dalle dita lunghe, snelle, bianche che si accende una sigaretta dietro l'altra con un'enfasi degna di Lauren Bacali. Ogni frase, ogni gesto e commento della direttrice, e di Olivia, Max e Lucy gli agenti, un distillato del fascino démodé dell'Agenzia con le loro presentazioni al KGB Bar, e la loro vita fatta di una sequenza infinita di feste - le rammentano che l'agenzia non è solo un'azienda, ma uno stile di vita, una cultura, una comunità, una casa. Qualcosa di più simile a una società segreta o a una religione, con dei rituali ben definiti e delle divinità da adorare: Fitzgerald, una sorta di semidio; Dylan Thomas, Faulkner, Langston Hughes e Agatha Christie, divinità minori e, alla guida del pantheon, la più pura, assoluta divinità, lo Scrittore rappresentato da sempre dall'agenzia: Jerry, alias J.D. Salinger. Avvezza già all'era digitale dei Macintosh nella New York della metà degli anni Novanta, Joanna viene spedita davanti a un dittafono, un aggeggio degli anni Cinquanta...
Nell'angusta stanza senza finestre in cui è trattenuto, il mercante d'arte Julian Isherwood sa di essere nei guai fino al collo. Se non fosse certo di essere innocente, la versione dei fatti che ha fornito quando i carabinieri di Como lo hanno trovato accanto a un cadavere "letteralmente fatto a pezzi" sembrerebbe ridicola persino a lui. Lo vogliono incastrare, è chiaro. E chi può farlo, se non quell'"odioso, pingue" collega che risponde al nome di Oliver Dimbley? "Discreto come il fischio di un treno a mezzanotte", Dimbley lo aveva avvicinato in un pub di Londra, gli aveva offerto di comprare la sua galleria d'arte di Mason's Yard (come faceva a sapere dei suoi conti in rosso e della sua crescente "passione per l'alcol"?) e lo aveva spedito sul lago di Como, nella lussuosa villa di Jack Bradshaw, collezionista che, guarda caso, Julian ha trovato cadavere, riverso in un lago di sangue. Per fortuna il generale Cesare Ferrari del Nucleo Artistico di Roma, che ne ha viste troppe per fidarsi di un caso all'apparenza così semplice, ha pensato bene di rivolgersi a Gabriel Allon, ex agente del Mossad e restauratore di fama internazionale di quadri e affreschi. Amico di vecchia data di Isherwood, Allon accorre subito sulle sponde del lago e non impiega molto a scoprire che la vittima era a capo di un'organizzazione che comprava quadri rubati per poi rivenderli a un facoltoso e anonimo "appassionato d'arte". Un vasto traffico illegale di capolavori della pittura...
Non siamo piu noi stessi 09 BOZZA_esecutivo SnobNon siamo più noi stessi racconta la storia struggente di Eileen Tumulty, figlia di immigrati irlandesi del Queens, che da sempre sogna un futuro migliore, lontano dalla madre alcolista e dal padre operaio. Eileen sposa Ed Leary, uno scienziato serio e dai modi gentili che indaga gli effetti degli psicofarmaci sul cervello. Non le ci vuole molto per capire che Ed rinuncia volentieri a un lavoro meglio remunerato, a una casa più grande o a delle amicizie più stimolanti, per dedicarsi anima e corpo alla ricerca e all’insegnamento. Così, dopo la nascita del figlio Connell, Eileen decide che tocca a lei lottare per il benessere della famiglia. Risparmiando parte del suo salario da infermiera riesce ad aprire un mutuo per una casa a Bronxville, ma proprio quando finalmente il suo sogno sembra avverarsi, la famiglia viene messa a dura prova da un colpo del destino. Ed è qui che si aprono le pagine più straordinarie del romanzo di Matthew Thomas. Eileen Tumulty – come Oliver Kitteridge – è un personaggio che il lettore non dimenticherà mai.
Balzato subito ai primi posti della classifica dei bestseller del New York Times, il romanzo d’esordio di Matthew Thomas è un magnifico affresco che ripercorre la vita di una coppia alle prese, dapprima, con il Grande sogno americano e, poi, con una malattia crudele che sembra voler cancellare i loro anni felici.
Incensato dalla critica come uno dei libri più belli dell’anno, è una storia epica, coinvolgente e magnificamente scritta che, mettendo insieme una documentazione sterminata e una scrittura impeccabile, ci parla dei sogni, delle promesse mantenute e di quelle accantonate, e della lotta che ognuno deve compiere ogni giorno per dare un significato alla propria vita.
«Matthew Thomas, il nuovo Jonathan Franzen, ha impiegato dieci anni per scrivere Non siamo più noi stessi. Il risultato, però, vale l’attesa».
Guardian
«La mente è un mistero e così, il cuore. Con Non siamo più noi stessi Matthew Thomas ha scritto un capolavoro su entrambi. C’è tutto: come viviamo, come amiamo, come moriamo e come teniamo duro…».
Joshua Ferris
«Il devastante romanzo d’esordio di Matthew Thomas è una storia famigliare cruda, onesta e così intima che vi colpirà nel profondo».
The New York Times
«Un esordio magistrale».
Vanity Fair
«Un accattivante saga familiare. Forse la migliore dai tempi de Le correzioni».
Entertainment Weekly
«Evocando magistralmente la vita di una donna all’interno del contesto irlandese operaio, Thomas ci regala il ritratto definitivo delle dinamiche sociali del XX secolo americano. Un libro indimenticabile».
Publishers Weekly
Matthew Thomas è nato nel Bronx, a New York, e cresciuto nel Queens. Laureato alla University of Chicago, ha un Master of Arts in scrittura presso la Johns Hopkins University e un Master of Fine Arts presso la University of California, da cui è stato premiato con il Graduate Essay Award. Vive con la moglie e i figli in New Jersey.
Traduzione dall’inglese di Chiara Brovelli
Peter Lake è un ladro. Un ladro nella Manhattan dei primi del Novecento in cui la guerra tra bande regala ogni mattina un mucchio di cadaveri a Five Points sul fronte del porto e in luoghi insoliti come campanili, collegi femminili e magazzini di spezie. Peter lavora in proprio, e perciò non interessa più di tanto alle forze dell'ordine sguinzagliate contro il grande crimine. Sta particolarmente a cuore, invece, ai Coda Corta, una dozzina di sgherri guidati dal feroce Pearly Soames. Pearly ha occhi lucidi e argentei simili a lame di rasoio e una cicatrice che gli solca il viso dall'angolo della bocca all'orecchio. È un criminale e, come tutti i criminali, vuole oro e argento, ma non per amore della ricchezza alla maniera di volgari rubagalline. Li vuole perché brillano e sono puri. Affascinato dai colori, legge i giornali e i cataloghi delle aste, e capeggia i Coda Corta giusto per trafugare opere d'arte "degne di lui", importate dall'Europa a bordo di lussuosi panfili. Il campo di manovra è troppo ristretto e la posta in gioco troppo alta perché Pearly Soames possa tollerare la presenza di Peter Lake a Manhattan. Avvezzi come sono all'omicidio e alla corruzione, i suoi Coda Corta l'avrebbero eliminato da un pezzo, se il ladro non avesse un prezioso alleato: un cavallo che sembra una statua eroica, un enorme monumento bronzeo, capace di balzi strabilianti, voli di sei metri di lunghezza e due e mezzo di altezza. Dal romanzo è stato tratto, nel 2014, il film omonimo diretto da Akiva Goldsman.
Augusta e Owen sono sposati da così tanto tempo da essere ormai "un'unica creatura" solitaria e separata dal resto del mondo. Da poco vivono in campagna, in una fattoria dove la terra è un luccichio di foglie dal suolo fino al cielo, e i laghi sono così perfettamente rotondi che sembrano usciti da un libro di fiabe. Augusta è una pittrice, ha gli occhi azzurri sotto le sopracciglia nere e un'avvenenza che suggerisce forza e potenza. Owen è uno scrittore, ha quarantotto anni ma pare ancora un ragazzo, con i capelli lunghi che gli cadono sul viso e i maglioni che sembrano presi in prestito dal padre. Augusta e Owen vivono in una vera e propria "enclave creativa" da quando Alison, una pittrice, ha preso in affitto la casa di fronte alla loro. Minuta, il viso sorridente, le guance tonde, gli occhi grigio chiaro che sembrano d'argento come i capelli, Alison si è rifugiata in campagna attratta dall'idea di avere degli artisti come vicini. Abitare un'antica fattoria, dipingere ogni singolo scorcio di un luogo incantato, scrivere in un granaio su un'amena collina, essere "un'unica creatura": la felicità sembrerebbe la condizione naturale di Augusta e Owen se... se i due osassero soltanto portare alla luce i folletti maligni che li sbeffeggiano dall'ombra e li sfidano a farli uscire. La ragione vera del trasferimento della coppia in campagna non ha, infatti, nulla a che vedere con il coronamento del loro idillio, ma con la sua sfiorata fine, precisamente con il tradimento di Augusta...
Immaginare di avercela fatta: non vi è soluzione migliore di questa, se si è concluso poco o niente nella vita. Ed è quello che fa il narratore anonimo di questo romanzo, sin da quando, tra le aule di un college, durante le lezioni di Narrativa e Poesia impartite dall'altezzoso professor Morissey all'insegna del motto "Tutta la verità dilla, ma dilla obliqua...", incontra Julian McGann, talentuoso ma tormentato scrittore, e decide di imitarlo. A differenza di Julian, però, il nostro non soltanto non riesce a combinare niente di buono, ma perde persino ogni testo che scrive. A soli otto anni, nel terminal di un aeroporto, mentre aspetta che la madre hostess finisca di distribuire arachidi tostate al miele a diciottomila piedi di altitudine e torni a prenderlo, conclude il suo primo capolavoro, ma un poliziotto sbadatamente lo getta nella spazzatura. Scrive altre tre storie, ma anche quelle vanno perdute: la prima sul fondo di un lago nero, la seconda nelle mani di una donna che non ricambia il suo amore, la terza in una polverosa discarica africana, avvolta nei resti strappati e insanguinati di una giacca di tweed. Braccato dal successo di Julian, suo grande amico e rivale, e ispirato dall'amore che prova per la bellissima Evelyn Lynn Madison Demont, attrice esclusivamente di teatro con gli zigomi alti e lo sguardo annoiato, il nostro narratore decide di avventurarsi, sotto mentite spoglie, da un capo all'altro del pianeta: dai jazz club di Manhattan ai villaggi dello Sri Lanka...