23 maggio 1992: il giudice Falcone muore nella strage di Capaci, il più cruento attentato dinamitardo organizzato dalla mafia negli ultimi anni, in cui persero la vita anche la moglie Francesca e tre uomini della scorta. Cinquantasette giorni dopo, il 12 luglio, la mafia uccide di nuovo: l'amico e collega di Falcone, il giudice Paolo Borsellino, salta in aria insieme ai cinque uomini della scorta in via d'Amelio, a Palermo. John Follain giornalista inglese inviato in Italia proprio in quegli anni - ricostruisce attentamente la dinamica degli attentati e l'inchiesta che ne seguì: dalla disperata corsa contro il tempo di Borsellino per scoprire chi avesse ucciso Falcone, nella tragica consapevolezza di essere il prossimo della lista, fino alla straordinaria parabola investigativa che portò all'arresto dei padrini Riina e Provenzano. Ma il libro fornisce anche una visione d'insieme senza precedenti sul modo in cui opera la mafia siciliana, descrivendo nel dettaglio la progettazione e la realizzazione degli omicidi dei due eroici magistrati. Sulla base di nuove ed esclusive interviste e delle testimonianze di investigatori, pentiti, sopravvissuti, parenti e amici, questo saggio racconta minuto per minuto gli eventi che hanno segnato - in maniera irreversibile - il nostro Paese e la lotta dello Stato contro la mafia.
Di mafie al mondo ce ne sono molte, ma è quella siciliana la mafia storica e la madre di tutte le altre. Per secoli ha alimentato la "Sicilia politica"; dopo l'unificazione nazionale è diventata parte integrante delle vicende del potere in Italia; dall'età dei padrini a quella dei boss, ha via via assunto rilievo internazionale intrecciandosi con le sorti del peggiore affarismo; infine si è addirittura innervata nelle più segrete e inquietanti operazioni "strategiche" dell'Occidente durante la guerra fredda. Il quadro degli eventi è tale da produrre un forte impatto sia sul lettore comune che sullo specialista: un grande affresco di potenti e poveracci, gattopardi e gabeliotti, briganti e politici, notabili e preti, affaristi e narcotrafficanti, tangentisti e massoni. Non si tratta, dunque, di un impasto di cronache di criminalità, bensì di una densa materia politica e sociale. Analizzarla significa indagare su processi di cui è protagonista l'Italia intera nel sistema mondiale delle sue relazioni e alleanze. Da questa prospettiva, e pensando anche al filo che lega la mafia ai misteri della prima repubblica, si coglie il dramma dell'antimafia e la reale portata etico-politica della "rivolta legalitaria" dopo il crollo del muro di Berlino. Scrivere tutto questo da italiani, e ancor più da siciliani, è perlomeno imbarazzante, perché costringe a "processare" mentalità radicate e tradizioni di lungo periodo. Nel farlo l'autore controlla la passione civile con l'equanimità di giudizio, in una ricostruzione affascinante, che utilizza criticamente anche la cronaca, realizzando un'opera tra le più insolite e ardite della storiografia italiana contemporanea.
Enrico De Pedis ha solo 36 anni, quando, all'apice della sua "carriera", viene ucciso da un commando di sette persone. Nel giro era soprannominato "Renatino" o anche "il presidente", la stampa invece lo definisce "capo dei capi", appellativo che è stato usato solo per Totò Riina. Alti prelati scrivono che è un benefattore, i collaboratori di giustizia lo definiscono un boss e legano il suo nome all'inchiesta sulla sparizione di Emanuela Orlandi. Su quest'ultimo fatto, i familiari di De Pedis alzano una barricata difendendone ostinatamente la memoria. Raffaella Notariale ricostruisce il ritratto di un personaggio oscuro che, cresciuto nella batteria dei Testaccini, la più potente della Banda della Magliana, finisce incredibilmente per essere sepolto nella basilica vaticana di Sant'Apollinare, con il benestare del vicario del papa e presidente della CEI, il cardinale Ugo Poletti. La scoperta della tumulazione scatena indignazione e costringe le autorità a spostare la salma dopo ben ventidue anni. Ma la traslazione della tomba risolve forse il problema? Nient'affatto. Perché Enrico De Pedis è stato seppellito in una chiesa? Quali indicibili favori aveva fatto all'allora vicario del papa? Queste domande sono ancora in attesa di risposta.