Da Parigi a Stalingrado, i nazisti saccheggiarono sistematicamente ogni tipo di oggetto d'arte e antiquariato. Ma i primi e più preziosi tesori trafugati furono gioielli della Corona del Sacro Romano Impero. "Le reliquie di Hitler" racconta la storia inedita e affascinante di come un accademico americano recuperò questi amati simboli del Reich. Alla vigilia dell'invasione degli Alleati, Himmler fa costruire a Norimberga un bunker dove occultare i tesori che Hitler considera più preziosi: la Lancia di Longino (usata per trafiggere il costato di Cristo sulla croce) e i gioielli della Corona del Sacro Romano Impero, manufatti pregni di misticismo e bramati dai potenti di ogni epoca, da Carlo Magno a Napoleone. Ma, mentre le bombe alleate piovono su Norimberga, cinque delle reliquie più preziose svaniscono dal caveau. Chi le ha prese? E perché? Il mistero rimane irrisolto per mesi, finché il generale Eisenhower ordina al tenente Walter Horn, storico dell'arte tedesco in licenza dall'università di Berkeley, di dar la caccia ai tesori mancanti. Horn ritornerà quindi nei luoghi della sua gioventù per indagare sulle antiche leggende che circondano i tesori trafugati. E ciò che scoprirà sarà talmente esplosivo da rimanere segreto per decenni. Attingendo a interrogatori inediti e rapporti di intelligence, diari, lettere e interviste, Kirkpatrick ci racconta questa intrigante storia rivelando, per la prima volta, come Hitler tentò di creare un Sacro Reich legittimato da una reinvenzione della storia.
Poche rivelazioni hanno avuto conseguenze paragonabili a Ultra Secret, quel dispositivo escogitato dagli inglesi nel 1940 - e nascosto gelosamente fino al 1974 - con cui essi decrittavano i messaggi tedeschi, cifrati con la macchina Enigma. Operazioni grandiose e decisive, che gli storici avevano attribuito alla genialità di comandanti avversari, si sono improvvisamente rivelate sotto una luce del tutto diversa: tanto che molte pagine della nostra storia bellica hanno dovuto essere riscritte. A questo libro spetta il merito non solo di offrire un'opera completa sulle vicende belliche della Marina italiana, ma di essere il primo ad averle aggiornate in base a quelle rivelazioni. Marc'Antonio Bragadin - dopo aver comandato due squadriglie di Mas - viene promosso al Comando Centrale delle Operazioni navali (Supermarina), il cui compito consiste nell'analizzare le notizie operative che giungono dai comandi periferici e dal Sis, con incarichi che lo tengono al corrente dei principali segreti bellici. Questa circostanza conferisce al volume un valore insostituibile di testimonianza diretta che chiarisce i motivi di numerose decisioni politiche e militari.
Lungo l'arco di trent'anni Maffi percorre le strade di Londra, si immerge nelle pagine dei suoi scrittori, ascolta le voci dei suoi abitanti, così come le storie narrate dagli edifici, dai quartieri, dai musei, dalle stazioni, dal fiume e dai canali; per scoprire, sotto la mappa della Londra di oggi, le tante Londre che si sono succedute nei secoli. Dalla trama di sentieri dei primi villaggi dei Britanni alla città romana; dalla Londra medievale a quella devastata dall'incendio del 1666; dalla capitale vittoriana a quella bombardata durante la Seconda guerra mondiale; dalla Londra thatcheriana "aggressivamente vetrocementata" a quella odierna, opulenta e trionfalistica. E siccome conoscere una città significa conoscere gli uomini e le donne che la abitano, questo libro è una miniera inesauribile di storie: di Jack lo Squartatore e dell'Elephant Man, del dottor Jekyll e di Sherlock Holmes, ma anche quelle raccontate da un vecchio marinaio in un pub. Londra è l'immagine e il mito della metropoli moderna, città-mondo che contiene le stratificazioni del passato e del presente. E, come ben sa chi ha letto i romanzi di Dickens o di Stevenson, o chi si sia perso fra streets, squares, gardens e lanes, è anche una città-labirinto.
La scomparsa del cadavere di un condannato a morte, in particolare di "quel" condannato, per i credenti costituisce un segno della resurrezione, ma nello stesso tempo offre tutta una serie di importanti occasioni per provare a smontare e rimontare i fatti che precedettero la fine terrena di un uomo straordinario. Incipit del libro è appunto la tomba vuota: da qui si snoda un'indagine, condotta con estremo rigore scientifico e priva di qualunque condizionamento ideologico, per ripercorrere le fasi della Passione di Cristo ponendo in evidenza gli aspetti storici, archeologici e antropologici che possano contribuire a comporre un quadro globale delle ultime ore - dalla cattura alla presunta resurrezione - di un uomo da molti riconosciuto come il Figlio di Dio. L'autore guida il lettore, che diviene investigatore, offrendogli fonti note e meno note, dettagli anatomopatologici, analisi trasversali per contribuire a valutare la storicità dell'evento e le eventuali contraddizioni nei suoi oggettivi legami con la storia. Ordinando indizi che ambiscono a trasformarsi in prova, il libro propone un modo di rileggere in chiave archeo-antropologica, ma anche criminologica, la Passione e la morte di Cristo, cogliendone gli aspetti più reali e umani.
"Le terme, il vino, le donne: questa è la vita". L'iscrizione funeraria rende bene l'idea di come i Romani concepissero la propria esistenza: la soddisfazione dei piaceri era un elemento fondamentale della vita di ognuno. Ricchi e poveri erano dominati dalla stessa ansia di godimento e ogni classe aveva elaborato una propria "arte di vivere". Se il cittadino comune passava in media un paio di ore al giorno in luoghi pubblici come le terme o il foro, il Romano abbiente dava sfogo al proprio bisogno di appagamento sensoriale e sensuale all'interno di splendide dimore dai ricchi arredi e dai curatissimi giardini, offrendo sfarzosi banchetti in un clima di edonismo che sfociava spesso e volentieri nella dissolutezza. "I piaceri a Roma" racconta come, nell'epoca d'oro che va dal II secolo a.C. al II secolo d.C, preceduta dal prevalere di ideali di austerità e seguita dalle severe condanne morali del cristianesimo, gli antichi Romani riuscissero a manifestare senza ipocrisie la propria concezione godereccia dell'esistenza, conducendo una "dolce vita" che sembra riportarci alla credenza secondo cui progenitrice della civiltà romana fosse la stessa Venere, divinità del piacere per eccellenza.
In questo libro fondamentale, tradotto per la prima volta in italiano, Boyer spiega come gli esseri umani abbiano formato i loro concetti religiosi e i motivi della loro diffusione culturale. Con un approccio che unisce antropologia culturale, scienze cognitive, psicologia e biologia evoluzionista, l'autore giunge a una spiegazione naturalista della religione senza tralasciare nessun aspetto: il sovrannaturale, gli spiriti e gli dèi, il rapporto tra religione, morale e sentimenti negativi, il culto dei morti, l'importanza dei rituali, la formulazione di dottrine e l'esclusione dei non aderenti dal tessuto sociale. Attraverso esempi provenienti dalle civiltà di tutto il mondo, Boyer cerca di dimostrare la sua ipotesi secondo cui le credenze religiose esisterebbero a prescindere dall'utilità che esse conservano storicamente nei fenomeni di coesione sociale e in quelli della trasmissione culturale. Le forme di credenza, molto più semplicemente, appartengono a un insieme di sistemi concettuali alla base degli stessi processi cognitivi grazie ai quali il nostro cervello si è evoluto nel corso dei millenni. Da questo punto di vista, la religione smette gli abiti dell'oggetto di devozione per essere finalmente indagato nelle sue ragioni evolutive e nelle sue potenzialità pervasive di influenza sulle comunità umane.
Nell'Italia del dopoguerra la stampa era monopolizzata dai laici, liberali e non; la radiotelevisione sembrava quindi l'unica ribalta a cui i cattolici potevano accedere. Credettero di farne un pulpito formativo per una nuova generazione di italiani: c'era da fare l'Italia, dove da un capo all'altro non si parlava la stessa lingua, magari recuperando in senso cristiano il patrimonio culturale della grande letteratura. Ma il dna della televisione agì oltre le loro previsioni. Del resto nella storia della comunicazione ogni nuovo mezzo ha finito per rivelarsi un'inquietante lampada di Aladino dagli effetti indesiderati. Anno dopo anno, o meglio programma dopo programma come racconta questo libro, la televisione italiana benedetta dalla Chiesa ha imboccato una strada divergente dall'ispirazione iniziale. Le scelte politiche ed economiche, insieme all'influenza dei generi e dei linguaggi importati, hanno condizionato il modo di fare televisione. Il programma perfetto non è mai esistito e chi ha provato a realizzarlo ha finito per lastricare la via dell'inferno con una buona intenzione in più.