Commemorando la figura di Papa Benedetto XVI, Papa Francesco ha rivelato un particolare molto significativo: al momento della sua elezione aveva scelto il nome di Benedetto pensando non solo al fondatore del monachesimo, ma anche alla figura del suo predecessore Benedetto XV, il genovese Giacomo della Chiesa, il cui mandato dal 1914 al 1922 aveva coperto l'intero periodo della Prima Guerra Mondiale. Si potrebbe dire che Ratzinger aveva fin d'allora prefigurato la possibilità di dover a sua volta affrontare il tema della pace e della guerra su cui proprio Benedetto XV aveva pronunciato parole di grandissima rilevanza.
Nel pensare al titolo di questo libro ci siamo chiesti se usare il singolare o il plurale: "la voce" o "le voci" di dodici papi. Raccogliendo i loro documenti non abbiamo avuto dubbi: si è trattato e si tratta di una sola voce, anzi di un unico "grido" che troppe volte è rimasto inascoltato.
Guardando l'azione dei Papi nel loro complesso si ricava che se i loro appelli fossero stati accolti — terrorismo, disarmo, guerre mondiali, guerre del Golfo, conflitti in Medio Oriente, in Africa, guerra in Ucraina, — le sorti del mondo sarebbero molto migliori.
Diversamente dalle altre aree del mondo nelle quali si trovarono a operare, i missionari della Compagnia di Gesù dovettero misurarsi in Giappone con l’ostilità di una buona parte dell’aristocrazia, che si riteneva depositaria di una civiltà superiore, e della casta dei Bonzi, che vedeva i propri privilegi minacciati dal pericolo di una nuova religione. Tali difficoltà di insediamento, unitamente al problema della lingua, misero a dura prova le capacità inventive e il processo di adattamento al territorio. Il risultato fu, nelle arti sceniche, una lenta ma progressiva evoluzione di tecniche di rappresentazione, il più delle volte inedite e originali, che non mancarono di utilizzare forme espressive topiche, approdando in qualche caso a veri e propri sincretismi che riguardarono anche il teatro Nō. Ambientato fondamentalmente nel clima della cerimonialità festiva del Natale e della Settimana Santa, il percorso evangelizzatore dei gesuiti consentì in questo modo per la prima volta, anche nei campi della musica, della danza e del teatro, l’incontro fra la cultura occidentale e quella giapponese, determinando contaminazioni che attendono di essere riconosciute nel panorama internazionale della storiografia dello spettacolo.
Nella Parigi dell'Ottocento, avvertiva Frédéric de Reiffenberg, gli uomini di merito firmavano molti più libri di quanti ne scrivessero. Il caso della prima traduzione integrale in lingua moderna della Biblioteca di Fozio ne è una conferma esemplare. Portata a termine da Jean-Baptiste Constantin sotto il patrocinio del marchese Fortia d'Urban, essa fu annunciata ufficialmente nel 1831, ma non fu mai pubblicata. I manoscritti di Constantin passarono di mano in mano e furono variamente messi a frutto, sempre tacendosi il nome del primo autore. Dopo quasi due secoli, la presente edizione rende giustizia all'opera e al traduttore, ricostruendo i capitoli di questo giallo editoriale e pubblicando per la prima volta l'ampia trattazione su Fozio e sulla Biblioteca che Constantin premise al suo lavoro.
Nella storia universale del teatro un ruolo tutt'altro che marginale va riconosciuto alle pratiche sceniche messe in atto nel Centro e Sud America dai padri missionari nel corso della loro azione evangelizzatrice svolta nell'età coloniale. Ciò soprattutto in relazione alle dinamiche attuative rispondenti a necessità di persuasione e comunicazione. Gli stessi sincretismi, al di là delle valenze etno-antropologiche, vanno visti come apporti originali alla pratica teatrale, legittimamente riconducibili a princìpi fondamentali del fare teatro. È quanto i padri francescani (nella prima stagione della colonizzazione) e i gesuiti (successivamente) seppero mettere in atto con modalità diverse, ricorrendo anche alla partecipazione attiva degli indios, dei quali seppero valorizzare cultura e tradizioni, oltre che le doti artistiche, in particolare nel campo della musica e della danza. All'opera di questi uomini, rimasti in buona parte nell'anonimato, il volume rivolge quell'attenzione utile a meglio comprendere molteplici significati dell'arte scenica, in un contesto estraneo alla visione eurocentrica del teatro borghese.