Le "Profezie dei filosofi pagani su Cristo" sono una raccolta anonima di scritti siriaci, risalente alla fine del sesto secolo o agli inizi del settimo. Si compone di ventidue profezie attribuite a filosofi della tradizione greca e di sette estratti provenienti dal profeta Baba di Harran, città siriaca di rilevanza non secondaria, oggi in Turchia. Le ventidue profezie sono dedicate alla Trinità; quelle tratte dall'opera di Baba vertono sul riconoscimento dell'apparizione del fuoco celeste (Cristo) sulla terra e sulla sorte di Harran. Agli abitanti della città si rivolge la raccolta, animata dall'intento esplicito di indurre i non cristiani alla conversione. Il legame intrinseco con Harran, centro urbano all'incrocio di vie carovaniere e sede di culti e tradizioni diverse, rende la raccolta di particolare interesse per i contenuti sia culturali sia documentari.
Con il XVI secolo l'ebraismo viene a far parte integrante della costruzione della cultura europea, concorrendo a far valere nel discorso pubblico tutto un filone di idee e di saperi fino ad allora lasciato ai margini. Ciò fu reso possibile non soltanto dalla rifioritura degli studi filologici nell'ambito della ricerca biblica e alla loro importanza nei movimenti di riforma del cristianesimo, ma anche dalle profonde trasformazioni culturali avvenute nell'Italia del XV secolo con la riscoperta dei Padri greci, di Platone, del Corpus Hermeticum. In questo scenario Marsilio Ficino ebbe a svolgere un ruolo di primo piano nella diffusione dell'interesse per la tradizione ebraica, legandola strettamente alla sua idea di rinnovamento religioso. Lo studio di Guido Bartolucci ricostruisce i diversi passaggi attraverso i quali il filosofo fiorentino scoprì l'ebraismo e mostra come grazie all'incontro con intellettuali ebrei che condividevano le stesse aspirazioni filosofiche e religiose egli poté avere accesso a conoscenze precluse ai contemporanei. L'opera e la riflessione di Marsilio Ficino esercitarono un'influenza determinante su più di un protagonista della riscoperta della tradizione ebraica nell'Europa cristiana - ad esempio Giovanni Pico della Mirandola, Johannes Reuchlin, Francesco Zorzi - e contribuiscono a comprendere meglio la funzione che questo patrimonio culturale ebbe in un periodo di profonda crisi delle istituzioni politiche e religiose.
Il Trattato teologico-politico è notoriamente una pietra miliare della teoria politica democratica come anche della storia dell'interpretazione della Bibbia. E questo perché nel Trattato, per la prima volta nella cultura occidentale, la Bibbia e con essa la religione e la teologia non fungono più da criterio d'indagine ma rientrano fra i dati da spiegare: il passo compiuto da Baruch Spinoza segna la nascita del metodo storico-critico. Illustrando tutta una serie di interessantissimi testi contemporanei al Trattato, al pari di questo animati dalla problematica di chi o che cosa sia l'"interprete" della Scrittura, Samuel Preus mostra in che cosa consista l'originalità e il significato dell'opera di Spinoza per lo studio dei testi biblici. Alla luce del suo contesto, il modo di argomentare di Spinoza si rivela un potente ed efficace antidoto speculativo alla teocrazia, e lo studio storico sia degli scritti sia dei contenuti della Bibbia consente di cogliere le implicazioni politiche della conoscenza del passato, anche biblico.
Numerosi sono i termini introdotti dalla filosofia araba medievale che hanno incontrato grande fortuna nella cultura di tutto il mondo europeo, fin dal numero considerevole di traduzioni latine di testi filosofici arabi che presto videro la luce. Dai primi secoli della sua espansione (tra il 600 e il 1000) il mondo arabo era, com'è noto, in contatto sia con le culture in prevalenza cristiane del Vicino Oriente, Siria, Caucaso, Mesopotamia, Egitto, Etiopia, sia con le culture di altre regioni più a oriente: Persia, Asia Centrale e, direttamente o indirettamente, India e Cina. Il lavoro di Mauro Zonta prende in esame una prima serie delle tracce lasciate da questi fitti contatti, fino ad oggi poco o nulla approfonditi, tra la cultura araba islamica altomedievale e le molte altre culture del tempo. Dal confronto emergono in tutta la loro concretezza i tratti salienti di uno scambio culturale anzitutto linguistico che interessò l'Asia in età medievale, una frequentazione della quale la filosofia araba si fece tramite in Europa con risultati che non cessano di sorprendere a mano a mano vengono portati alla luce.