Nella storia d’Italia,Adua evoca la clamorosa sconfitta che l’esercito italiano subì nel 1896 per opera delle truppe abissine del negus Menelik II.
Proprio sotto quelle montagne che videro la disfatta di una politica colonialista, oggi ad Adua sorge la Missione Kidane Mehret, che suor Laura Girotto, salesiana, ha fondato negli anni Novanta con un esiguo gruppo di religiose. La Missione si prende cura di donne, bambini, ha un’officina per l’avviamento al lavoro, ha una scuola, ed esiste già un progetto per la costruzione di un ospedale.
Insomma, le armi della guerra sono state sostituite da quelle della solidarietà, dell’impegno umanitario, dei progetti a favore dei bisognosi. Mai imposti ma sempre concordati con le autorità locali, ascoltando le vere esigenze della gente del posto.
«Questa è la storia», scrive l’Autore, «forse istruttiva e di sicuro sconosciuta ai più, di come nasce una Missione. Del “bene” che riesce a produrre attorno a sé. Delle fatiche quotidiane, delle delusioni da superare, delle ostilità da aggirare. Ma è, soprattutto, la storia di un sogno diventato realtà. E che, come tale, ha ancora e sempre bisogno di essere sognato».
Tra i collaboratori di sr Laura c’è anche il fratello Silvano, la cui autobiografia – Mi chiamavano Frate Mitra – è stata pubblicata da Paoline nel 2002.
Punti forti
La forza della testimonianza di sr Laura Girotto, capace di superare difficoltà e pregiudizi.
ricorrenze particolari
Destinatari
Pubblico ampio, di giovani e adulti, interessati soprattutto all’impegno sociale.
Autore
Niccolò D’Aquino (Atene, 1948), giornalista, è corrispondente dall’Italia di America Oggi, il più importante quotidiano italiano all’estero. Nella sua lunga carriera è stato,tra l’altro,capo servizio al Giornale di Indro Montanelli, corrispondente da New York dell’agenzia Ansa, capo servizio dei notiziari italiani di Radio Montecarlo, inviato del settimanale economico Il Mondo e poi di Io donna, settimanale del Corriere della Sera. Si occupa di globalizzazione con Globus et Locus, il think tank milanese fondato da Piero Bassetti. Con un gruppo di altri professionisti ha inoltre fondato Italic Digital Editions, società che si occupa di e-book e di editoria elettronica.
Il volume presenta problematiche, prospettive ed esperienze del volontariato oggi.
Un breve excursus storico evidenzia che occuparsi di un «altro in stato di necessità» è un bisogno che accompagna l’evoluzione dell’umanità dagli albori.
Viene quindi delineato il profilo del volontario e delle strutture attuali attraverso l’analisi delle motivazioni, una mappatura delle aree di intervento e la distribuzione sul territorio nazionale.
Sono presi in considerazione i fattori socio-familiari che sostengono la scelta di fare volontariato; la predisposizione personale deve trovare nell’educazione e nel clima sociale l’humus adatto per attuarsi.
Uno spazio è dedicato anche al funzionamento «patologico» sia personale sia dell’organizzazione: burn-out, demotivazione, narcisismo, tutti elementi che fanno emergere l’importanza della selezione, della formazione permanente e della verifica degli interventi.
L’ultimo capitolo riporta esperienze e testimonianze che danno credibilità ai concetti espressi e permettono un approccio concreto all’attività del volontario.
Punti forti
Il testo presenta una panoramica aggiornata sul mondo del volontariato oggi in Italia attraverso il racconto di esperienze concrete e le testimonianze di volontari.
La prefazione è di Rosario Carello.
Destinatari
In particolare, le associazioni di volontariato e chi, a vario titolo, presta opera di assistenza (per es. operatori sociali e sanitari) o ha intenzione di entrare in questo settore.
Autori
Rossella Semplici, laureata in psicologia, svolge l’attività di psicologa clinica come libera professionista. Comandata presso l’università di Verona, ha condotto ricerche psico-pedagogiche relative all’età dello sviluppo; è docente ai corsi FSE (Fondo Sociale Europeo Formazione e sviluppo delle risorse umane) e autrice di numerosi articoli su tematiche psicologiche e mediche pubblicati in riviste, siti specialistici e divulgativi. Con Paoline ha pubblicato La cura della salute (2008). Quirino Quisi, laureato in medicina e chirurgia, specialista in psichiatria, è ricercatore presso il CREMS (Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale) dell’università LIUC di Castellanza (Varese) e insegna, in qualità di Accademico Esperto, presso la facoltà di psicologia dell’università e-Campus di Novedrate (Como). Ha pubblicato oltre un centinaio di lavori scientifici in campo psichiatrico e psicosociale. È medico-scrittore, coautore di alcune opere letterarie.
Trenta storie di adozioni internazionali fatte dai protagonisti, per celebrare i trent’anni di attività del CIFA Onlus, un’Organizzazione non governativa, laica e apartitica nata a Torino nel 1980, dalla volontà e l’impegno di alcune coppie che aveva adottato nei Paesi in via di sviluppo.
Il racconto di ragazzi e ragazze «nati due volte» si snoda fra ironia, emozione, dolore, nostalgia e coraggio. È l’amore infinito che porta sempre più famiglie a trovarsi e riconoscersi ben oltre le somiglianze fisiche e genetiche.
In trent’anni di attività, CIFA ha consentito a quasi 3000 bambini di avere una nuova famiglia, ma a molti di più ha cambiato la vita nel proprio paese. Asia, America Latina, Africa, Brasile, Cambogia, Etiopia, Filippine, Indonesia, Perù, Thailandia, Vietnam, India, Sri Lanka, sono i luoghi che beneficiano dei progetti di cooperazione, del sostegno a distanza, della partecipazione di CIFA.
Punti forti
La pubblicazione intende celebrare i 30 anni del CIFA. La prefazione è di Marina Salamon. Tutela dei diritti fondamentali dell’infanzia e diffusione dell’adozione internazionale
Destinatari
Per tutti.
L’autore
Ambra Enrico, nata e residente a Torino, è laureata in lingue e letterature straniere. Dal 1985 madre adottiva di un bambino, oggi ragazzo, brasiliano. Dal momento dell’adozione è rimasta legata al CIFA Onlus, ente con cui ha adottato. Per l’organizzazione oggi è responsabile dell’apertura delle procedure di adozione nei Paesi in via di sviluppo. barbara Ganz, nata a Valdobbiadene (Tv) il 9 novembre 1969, vive a Mestre (Ve). Laureata in Economia e commercio, giornalista professionista dal 2001, ha iniziato al Gazzettino di Venezia e attualmente è redattore del Sole-24Ore per l’area NordEst. Sposata con Alberto, è mamma di Samuel e Aster, nati in Etiopia. elena Volponi, torinese, giornalista pubblicista iscritta presso l’Ordine del Piemonte, ha lavorato per alcune testate giornalistiche regionali, tra cui l’emittente televisiva Telesupalpina. Da alcuni anni si occupa dell’ufficio stampa e delle relazioni esterne del CIFA Onlus.
A Villaregia,frazione di Porto Viro (RO),è sorta agli inizi degli anni Ottanta la Comunità Missionaria di Villaregia (CMV),di cui questo volume presenta la storia, la spiritualità e le attività. La Comunità si è poi estesa, con varie sedi,in tutta Italia,nonché in Africa e in America Latina. In queste pagine la Comunità di Villaregia si racconta con l’intento di diffondere la conoscenza della nuova forma di vita evangelica generata dal suo carisma, che ha i tratti caratteristici della spiritualità trinitaria, della quale sono impregnate tutte le espressioni del servizio che essa presta alla Chiesa. Corredato di esperienze e testimonianze – oltre che di un inserto fotografico a colori – il libro fa memoria del provvidenziale intreccio delle strade dei fondatori e dei loro primi compagni di viaggio,e mette in luce i pilastri del carisma:comunità,missione, provvidenza. Con DVD.
AUTORI La Comunità Missionaria di Villaregia (CMV) è stata fondata nel 1981 da padre Luigi Prandin e da Maria Luigia Corona.Il carisma che ha dato origine alla CMV,e che è fondato su comunità, missione, provvidenza, è stato riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa, con decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, il 26 maggio 2002. Oltre che in Italia, la CMV è diffusa in Africa (Costa d’Avorio) e in America Latina (Messico, Porto Rico, Perù, Brasile),dove opera a servizio dei più bisognosi di aiuto spirituale e materiale.
Due gesti antichi, due azioni quotidiane: sfamarsi e pregare, accomunano l’uomo di ogni latitudine.Dalla Bibbia ai Veda orientali,dal Corano ai precetti buddhisti,da sempre la preparazione del cibo,il suo significato,i suoi rituali sono l’espressione di un’unica e intima tensione dell’animo umano a tessere relazioni con gli altri.E con l’Altro. Questo saggio accompagna il lettore in un viaggio tra i saperi e i sapori del cibo dei poveri,cioè dei popoli del Sud del mondo e le loro religioni,tra i piatti tradizionali e le pratiche devozionali, addentrandosi nel complesso rapporto che intercorre tra il nutrirsi e il pregare. Due parti distinte compongono il testo: la prima, in cui vengono prese in esame le implicazioni antropologiche,religiose e socio-economiche dell’alimentazione;la seconda, che apre al lettore le dispense dei cibi semplici,«poveri»,delle tavole di Asia, Africa,Sud America. In una società che ha perso – con la moda dilagante del fast food – il significato antropologico e spirituale del sedersi a tavola,questo libro aiuta senz’altro a recuperare il senso profondo di un’azione così quotidiana come il mangiare,offrendoci nello stesso tempo preziose informazioni sugli alimenti importati nei nostri mercati occidentali, eco di popoli oggi non più così lontani. E tutto ciò al fine di rendersi conto che l’impegno per un mondo più equo e solidale passa anche da ciò che scegliamo di portare a tavola.
Come poter alzare la voce contro la povertà e le ingiustizie senza passare per sepolcri imbiancati? Dopo decenni di esperienza vissuta dentro gli arcipelaghi della cooperazione internazionale, Volontari nel mondo - Focsiv riafferma che l'impegno e la coerenza personali sono le uniche credenziali per poter orientare il nostro agire. Focsiv ha lottato perché una visione meramente professionistica della cooperazione internazionale non snaturasse definitivamente le motivazioni di fratellanza e di condivisione, che non possono mai venir meno nell'impegno per la solidarietà tra i popoli. È questo l'approccio che ha portato Focsiv a misurarsi con le rinnovate sfide dei tempi, cercando di interpretarne i "segni", per poter portare un messaggio di speranza e una testimonianza di solidarietà. Nel suo trentacinquesimo, la Federazione degli Organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana, principale raggruppamento di Organizzazioni non governative in Italia, vuole mettersi in ascolto delle voci che hanno costruito la sua storia, riallacciare i fili di vite e cammini lontani, ritrovare vecchi protagonisti e collocarli al loro posto, cioè accanto a chi oggi lavora con gli ideali di ieri e con metodi per forza diversi, adatti a tempi più complessi, traendo ispirazione ed esempio da chi il viaggio lo ha cominciato, per continuare a tessere quel filo che collega le origini con il presente.
Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sull'Africa e che nessuno vi ha mai rivelato, potrebbe titolare questo libro. Infatti, padre Giulio Albanese in Africa ha vissuto, studiato, lavorato; all'Africa ha dedicato tutto il suo tempo e ci regala uno sguardo su questo continente molto diverso da quello che siamo abituati a trovare nelle testate non specializzate. Dall'economia alla politica, dai problemi legati allo sviluppo alle malattie, dai bambini soldato alla questione femminile, dall'arte alla cultura a tutto campo, Albanese ha un'opinione molto personale e uno stile coinvolgente per presentarla. Perché, come dice lui "un conto è leggere articoli sul continente africano" (e i mass media italiani spesso sono poco attenti a questa parte del mondo), "e un conto è trovarsi di fronte alla gente, vivere con loro e condividere la complessità dei problemi del loro ambiente". Il libro è diviso in quattro macro-capitoli: economia, politica e sviluppo; carestie, pandemie e guerre; società e religione; cultura, arte e informazione. Ciascun capitolo contiene una riflessione su un particolare aspetto, su un personaggio o un Paese africano in cui l'autore offre una visione a 360 gradi sulla complessità delle questioni. Non mancano le testimonianze, le storie e i volti che inframmezzano le riflessioni, dando al libro un'importante dimensione umana di vita vissuta.
Il 9 luglio 1989 un somalo spara un colpo al cuore di monsignor Salvatore Colombo, vescovo di Mogadiscio che muore in poche ore. Dopo quasi 17 anni le domande circa l'omicidio rimangono aperte. Omicidio a sfondo religioso? Omicidio collegato a interessi di ordine economico? Difficile rispondere. Monsignor Colombo era l'emblema di una nuova presenza cristiana in Somalia, un Paese al 99% musulmano, e di una Chiesa che aveva scelto di farsi conoscere per le opere caritative. Il suo stile pastorale era noto: sincerità e rispetto sia nei confronti delle autorità somale, sia nei confronti della gente comune; grande distacco nel gestire gli aiuti provenienti dall'estero e destinati alla popolazione che beneficiava del suo aiuto.
Il libro, curato da F. Fabris e L. Scalettari, parte da un'analisi di quegli alimenti e oggetti di uso comune, prodotti dai Paesi in via di sviluppo, andando a vedere quali sono le condizioni di lavoro di uomini, donne e spesso bambini, che prestano la loro salute e la loro vita per produrre ciò che i Paesi industrializzati consumano, e quali margini di guadagno sono previsti per pagare il loro salario. I reportage condotti in loco, da giornalisti ed esperti che lavorano sul campo, seguono le varie fasi della filiera di produzione, raccogliendo le testimonianze dirette dei lavoratori. Muovendo da situazioni di forte ingiustizia del mercato tradizionale, si passa a vedere le condizioni di lavoro dei produttori coinvolti dai canali del commercio equo. Queste ultime sono storie di benessere, di solidarietà e di dignità a vantaggio non solo di chi lavora, ma anche dell'intera comunità. Perché i margini di guadagno decisi dal commercio equo, fanno sì che molto rimanga nelle tasche dei produttori i quali, con il meccanismo della cooperativa, reinvestono parte del loro reddito per delle case più sane, per una scuola per tutti, per coinvolgere altri, in un circolo di lavoro virtuoso, che crea sempre maggiore occupazione e benessere.
Da sempre le categorie più deboli e, in particolare le donne, pagano alle guerre il più alto tributo di dolore e di umiliazione e le pagine di questo libro lo stanno a dimostrare. Il volume si configura come un viaggio che tocca 18 paesi del mondo: dall'India al Pakistan, dalla Cambogia alle Filippine, dal Sudan al Ruanda e al Burundi, dalla Colombia al Salvador e al Guatemala, per incontrare donne che hanno dichiarato guerra alla guerra e a tutte le forme di violenza. L'autrice veste i panni del corrispondente di pace e registra l'impegno coraggioso di donne che hanno pagato alla guerra e alla violenza un prezzo altissimo e hanno deciso di lottare contro le cause della guerra e lenire il dolore che ogni conflitto si lascia dietro.
"Il saggio è frutto di una ricerca che il Centro Universitario Cattolico (CUC) ha affidato a cinque giovani studiosi sul tema della libertà. Si compone di cinque parti che esaminano alcuni grandi concetti intorno ai quali si dispongono, a reticolo, valori come libertà-autonomia-legge; emozioni-affetti-legami; relazione-riconoscimento-reciprocità; identità-alterità-conflitto; pluralismo-bene comune-cooperazione. Sono queste le parole-chiave che indicano un percorso e offrono alcune risposte mai categoriche e assolute ma indicative di un orientamento che mette al primo posto la libertà di tutti. Un saggio indirizzato a quanti si interrogano su questioni fondamentali del nostro tempo. L'idea di libertà che emerge da questo saggio, scritto a più mani, ma saldamente armonico, non è quella intesa come libertà dell'individuo, che pretende di fare tutto a partire da sé e in modo insindacabile; questa, che abbiamo ereditato dalla modernità, non è libertà, anzi, può sfociare nel suo contrario. La libertà di cui si parla in questo saggio è la libertà di ognuno come sollecitudine per la libertà di tutti, la libertà come amichevole convenire in ciò che tutti ci accomuna, la libertà come libero onorare la verità e il bene." (dalla Presentazione)
Le promesse dei Paesi ricchi per l'eliminazione della fame e della povertà nei Paesi poveri hanno una lunga storia. Il primo a impegnarsi fu John Kennedy nel 60, poi fu la volta di Henry Kissinger. Negli anni 80 è l'Unicef a pronunciarsi a favore dell'educazione per tutti i bambini del mondo entro il 2000, e nella decade successiva l'Alto Commissariato per i rifugiati e l'Organizzazione mondiale della sanità predicono casa e cure mediche per tutti entro la fine del millennio. Tutte promesse non mantenute. L'ultima grande promessa è quella di fine 2000 quando i capi di Stato delle Nazioni Unite hanno sottoscritto la Dichiarazione del Millennio, assumendosi impegni precisi per il raggiungimento di 8 obiettivi, molto puntuali e concreti, per l'eliminazione entro il 2015 della povertà e di tutte le cause che impediscono lo sviluppo nei Paesi poveri. L'Assemblea generale dell'Onu ha l'obbligo di controllare lo stato di avanzamento dei lavori con cadenza quinquennale. Il 2005 è quindi la prima tappa. Ma non occorre attendere il verdetto dell'Assemblea per sapere che siamo ancora molto in ritardo.