È stato scritto moltissimo sulla vicenda del sequestro di Aldo Moro e della strage degli uomini della scorta, molto sulla sua attività politica e qualcosa sulla sua spiritualità. Questo libro prova a definire cosa debba intendersi per spiritualità e a delinearne i tratti in Aldo Moro analizzando le lettere che egli scrisse nei giorni della sua prigionia. Ne emerge un uomo animato da una profonda spiritualità, dagli anni della formazione, attraverso la vita politica, fino agli ultimi, drammatici giorni e al tragico epilogo che cambiò la storia d'Italia.
La tensione utopica che attraversa la vicenda esistenziale e la scrittura di Ignazio Silone, nella molteplicità delle forme in cui si esprime, attinge sempre allo stesso pozzo dell'eredità cristiana, a quella sotterranea corrente costituita dalle "pazze" verità d'indiscussa origine evangelica, le quali, anche quando approdano su altri lidi ideologici, restano in ogni caso fedeli a se stesse. «Socialista senza partito e cristiano senza Chiesa», come emblematicamente si autodefinisce, Silone rifugge da ogni tipo di condizionamento e di etichetta, obbedendo ai moti più profondi della sua coscienza e giungendo ad accordare la sua fiducia solo a un cristianesimo libero dai dogmatismi ecclesiastici, a quel «cristianesimo demitizzato, ridotto alla sua sostanza morale», in grado di occuparsi della "redenzione" sociale del mondo. «Fu nel momento della rottura che sentii quanto fossi legato a Cristo in tutte le fibre dell'essere».
Con chiarezza e capacità di coinvolgimento il testo si propone di far conoscere don Lorenzo Milani nella sua complessa personalità. Il suo insegnamento profetico ha ancora tanto da dire su alcune questioni nevralgiche dei nostri giorni, come la potenza rivoluzionaria del messaggio cristiano, la centralità della scuola per la costruzione di una civiltà più a misura d’uomo e la sfida di una convivenza pacifica fra i popoli. La lettura del testo è utile a chi, giovane, ha sentito soltanto il nome di don Milani e a chi lo ha letto in passato, per riscoprirne la testimonianza in occasione del cinquantenario della morte (26 giugno 1967).
La filosofia occidentale nasce come negazione dell'Altro. È solo con Emmanuel Lévinas (l906-1995) che l'Altro diventa oggetto di una riflessione "rivoluzionaria". A partire dal suo saggio Totalità e infinito, non è più l'io a comandare. Il confronto con l'alterità è descritto come "epifania del Volto": linguaggio spiazzante e dissonante che mette in crisi il soggetto trionfante. Qualcosa di traumatico irrompe nel suo mondo tranquillo e pacificato che, dall'ordine dell'essere, lo innalza all'ordine della bontà. Il Volto d'altri è presentato come "nudità d'essere" e "vulnerabilità", intese non come debolezza ma come forza e capacità di resistere all'annientamento. Se la Totalità dell'essere è autoreferenzialità e chiusura, l'Infinito, al contrario, è apertura al mistero dell'Altro, che è l'impossedibile e l'inesauribile.
Etty illesum, questa giovane donna ebrea alle prese con la violenza nazista, ci dice con la sua vita che in ogni situazione è possibile salvare l'umanità che ci abita e il divino che ci visita, e che in ogni storia personale si può costruire un frammento di vita buona.