Dieci anni dopo è un testo breve e intenso che Dietrich Bonhoeffer mandò agli amici più intimi poco prima d'essere arrestato dalla Gestapo e portato nella prigione militare di Tegel, una tappa sulla via del martirio finale. Scritto attorno al Natale del 1942, questo testo si configura come un bilancio lucido e realistico del tragico decennio hitleriano e potrebbe essere intitolato "una teologia della Resistenza". Si tratta di una mirabile sintesi teologico-politica di alcuni dei suoi temi di fondo che ruotano attorno alla dottrina della responsabilità, elaborati poi compiutamente nella più celebre opera Etica. La manipolazione della mente, fino alla Dummheit (stupidità), è un problema di carattere sociologico permanente. Essa è il frutto amaro di «ogni grande dispiegamento di forze dall'esterno, sia politico sia religioso, che riduce a stupidità gran parte dell'umanità». Si può sfuggire a questa situazione di dipendenza solo resistendo con un'azione personale e responsabile. Il saggio di Bonhoeffer è preceduto da un'ampia Introduzione di Piergiorgio Grassi, già ordinario di Filosofia della religione all'Università di Urbino "Carlo Bo".
La condizione umana, la storia, il linguaggio, in generale l'essere al mondo è un atto di meticciamento: incontro e scambio che fa nascere qualcosa di differente che non era previsto prima. Per questo l'identità, anche quella reclamata come pura, non può fare a meno dell'incontro con l'altro. Per questo l'ospitalità è una categoria rifondativa. Quello che chiediamo si affermi è il "pensiero ospitale", che descrive l'umano, il reale, perfino il divino diversamente. L'ecumenismo che verrà è quello dell'ospitalità: essere è essere per l'altro e credere è vivere per l'altro. Dalla coesistenza come imperativo giuridico, alla pro-esistenza come appello etico e religioso. La proposta è di aiutare l'ecumenismo ed insieme ad esso il dialogo interreligioso a ripensarsi.
Le due tradizioni ebraica e cristiana a confronto sul tema dell'apertura all'"Altro" e sul concetto di identità.