Ripercorrendo le principali tappe del pensiero buberiano, con la semplicità di un racconto, il volume traccia il profilo intellettuale di uno dei grandi maestri della filosofia del Novecento che ha saputo intrecciare la profondità del pensiero astratto con l'immediatezza della vita quotidiana, il rigore del metodo filosofico con l'esperienza viva dell'ebraismo. A cento anni dalla pubblicazione di Io e Tu (1923), questo contributo intende restituire la viva voce della filosofia buberiana mettendola in connessione con le istanze e i bisogni del tempo presente.
L'esilio è l'evento fondamentale che ha segnato la biografia della filosofa spagnola Maria Zambrano. Nella stretta connessione tra pensare e vivere, esso diviene anche il concetto fondamentale della sua riflessione filosofica, la traccia su cui prende forma un pensiero delirante, capace di svegliarsi e di incontrare la vita con tutto ciò che non entra nella coscienza desta. Pensare l'esilio pone in stato di crisi la razionalità dialettica occidentale: il "carcere del concetto" lascia il posto al linguaggio della nascita. Si apre alla generatività che "concepisce" e mette al mondo il mondo, accogliendo tutto ciò che nasce semplicemente perchè è nato.
Ogni civiltà è fondata sulla relazione «violenta», conflittuale, mortale, tra i suoi membri, che è alla fine riequilibrata dal momento riparatore del religioso e del sacro. Le comunità si scagliano contro la vittima sacrificale, ne costruiscono il mito e ne praticano il rito in modo ripetitivo, in ricordo dell’evento fondatore. Tutte le civiltà sono vissute in una sorta di semi-incoscienza, che via via si chiarisce con l’avvento della religione giudaico-cristiana, che agli occhi di Girard rappresenta una clamorosa smentita della menzogna mitologica. Questa nuova autocoscienza, che culmina non a caso con il racconto della Passione di Gesù, la sua morte e resurrezione in Croce, è la denuncia più eclatante della menzogna perpetrata ai danni della vittima innocente che sia mai stata proferita nella storia. L’evento evangelico è la «demistificazione» definitiva di quella mentalità che da sempre sposa la causa degli accusatori e inveisce contro le vittime.
Esistono limiti e limiti. Alcuni appaiono ai nostri occhi come totalmente convenzionali. Si pensi, ad esempio, ai confini delle nazioni, modificati più e più volte a seconda del momento storico. Oppure al limite di un campo da calcio: deve essere per forza di 110 metri? Altri confini sembrano invece essere naturali e oggettivi. I limiti di una montagna, ad esempio, non paiono poter essere spostati a nostro piacimento. Di fronte a questo dilemma fra limiti naturali e convenzionali la tradizione si è sempre divisa in due fronti: chi ha sostenuto l’una, chi l’altra ipotesi. Il presente lavoro tenta, invece, di percorrere una via mediana che tenga conto di entrambi gli aspetti, interpretando il limite come una dialettica, in cui devono trovare soddisfazione punti di vista apparentemente opposti.
Il libro, grazie alla pubblicazione in India della Collection Work of Mahatma Gandhi, compie un'analisi dei testi di Gandhi per ricavare i concetti-chiave di un nuovo tipo di economia e di società, disseminati in numerosi e regolari interventi su riviste e giornali. Successivamente, una lettura critica individua le linee-guida di una proposta che non resti legata a quel particolare periodo, ma si concretizzi nell'attuale contesto storico. Oggi è richiesta con urgenza la responsabilità di un impegno personale quotidiano, "dal basso", per una politica che intenda uscire dalla logica economicistica.
Il presente studio non intende tanto arricchire la sterminata letteratura erudita su Dostoevskij, quanto invitare il lettore a un dialogo con lui, nello spirito di un filosofo italiano, Luigi Pareyson, che gli ha dedicato pagine intense e profonde, sostenendo che non è possibile «parlare di lui senza parlare con lui». Attraverso i maggiori romanzi di Dostoevskij si segue il progressivo approfondimento dell'unico tema che gli interessava veramente, la lotta tra il bene e il male nel cuore umano. In particolare ci si concentra su uno dei testi più giustamente famosi, "La leggenda del grande inquisitore", incastonata in uno dei romanzi più filosofici, "I fratelli Karamazov".
L'umanizzazione del lavoro, che è il grande tema dell'età moderna, si è riproposto nel mondo globale di oggi, caratterizzato dalle nuove schiavitù. Se ne è occupata soprattutto Simone Weil, filosofa, mistica francese, militante sindacale e politica, che alla riflessione sul suo lavoro ha affiancato l'esperienza personale di una non trascorso in fabbrica. Entrando in contatto con il lavoro sventura, inteso come oppressione che rende muto il pensare, la ricerca di Simone Weil è volta al possibile riscatto dei lavoratori dallo sradicamento.
Finora siamo stati ridotti a risorse umane. Per il neoliberismo noi siamo risorse per l'economia, non è l'economia a essere risorsa per noi. E non è neppure la cosa peggiore che possa capitarci: quanti non sono risorse diventano esuberi e rischiano di essere ridotti a vite di scarto. Che succede però se le "risorse umane" si ribellano scegliendo la via della nonviolenza e del rilancio della democrazia per riaffermare la loro dignità? Queste pagine sono appunti di viaggio per chi vuole inoltrarsi sulla via della rivolta civile pacifica, riflettendo sui modi per rigenerare economia e politica.
La filosofia occidentale nasce come negazione dell'Altro. È solo con Emmanuel Lévinas (l906-1995) che l'Altro diventa oggetto di una riflessione "rivoluzionaria". A partire dal suo saggio Totalità e infinito, non è più l'io a comandare. Il confronto con l'alterità è descritto come "epifania del Volto": linguaggio spiazzante e dissonante che mette in crisi il soggetto trionfante. Qualcosa di traumatico irrompe nel suo mondo tranquillo e pacificato che, dall'ordine dell'essere, lo innalza all'ordine della bontà. Il Volto d'altri è presentato come "nudità d'essere" e "vulnerabilità", intese non come debolezza ma come forza e capacità di resistere all'annientamento. Se la Totalità dell'essere è autoreferenzialità e chiusura, l'Infinito, al contrario, è apertura al mistero dell'Altro, che è l'impossedibile e l'inesauribile.
La simbolica del Graal, con al centro la vicenda del puro Parzival/Parceval, dà immagine ai motivi fondamentali dell'ultima riflessione della Weil sulle condizioni dell'assimilazione a Dio attraverso la contemplazione del Logos Alogos. Nella leggenda del Graal, Oriente e Occidente comunicano nella salvezza nel segno della Croce del Cristo. È convinzione profonda della Weil che tale comunicazione debba realizzarsi in pienezza proprio nella nostra epoca, attraverso l'educazione alla forma più intensa di attenzione: quella di Dio che si comunica al creato nel sacrificio.
La crisi dell'etica pubblica, nelle democrazie liberali, è sotto gli occhi di tutti. Il compromesso tra le grandi famiglie culturali e religiose, che per lunghi decenni ha temperato i loro dissensi ed offerto a tutte le parti in causa un orizzonte comune, si è da qualche tempo incrinato. Per quale ragione? Il libro individua, come chiave di lettura del fenomeno, il crescente attrito fra autenticità e solidarietà. Lo "spirito del tempo" oscilla, senza equilibrio, tra le loro rispettive ambizioni. Da un lato, esalta la gestione creativa dell'identità personale e celebra, come una nuova tappa sulla via dell'emancipazione, la "liquidità" e la "leggerezza" delle relazioni umane. Dall'altro, tesse le lodi dell'altruismo e raccomanda la sensibilità per il destino altrui come una fondamentale virtù civile. Questa situazione apre nuovi spiragli nel tormentato rapporto fra l'etica secolare e l'ethos cristiano. L'una ha sempre pensato che il solo contenuto razionalmente accessibile dell'altro fosse il comandamento dell'amore, il "vangelo della carità".