“Ho voluto "attraversare" i miei cieli, in un viaggio dentro me stessa, senza tralasciare le giornate grigie e tempestose, quelle cariche di elettricità e quelle splendenti di tramonti mozzafiato". Inizia così il racconto intimo e sincero di Lorella Cuccarini, che in questo libro sfata il mito della "maestrina" e della donna "bionica" tutta rigore e professionalità, per mostrare il volto di un'amica, moglie e madre con le proprie fragilità, paure, sogni e passioni. Mezzopieno! È la filosofia di Lorella. Un'infanzia difficile. Il padre abbandona la famiglia in gravi difficoltà economiche quando lei ha solo nove anni. Cresce con la mamma e i fratelli, studia danza e fra mille peripezie si sforza di trasformare in opportunità ogni ostacolo, dolore, disavventura. "Ero una ragazza di periferia, la danza mi ha salvato", confessa. Trovare sempre il buono e il bello non è certo facile. La filosofia del "mezzopieno" comporta determinazione, metodicità, pazienza e uno sguardo dritto sui valori che contano. Se le "gocce" di un bicchiere pieno a metà sono solo acqua fresca, non si va da nessuna parte, ma se sono "gocce di cuore" allora si raggiungono obiettivi e si diffonde quella positività che crea e non distrugge, che colora e non annerisce, che incoraggia anziché denigrare. Nel racconto di una vita ci sono curiosità, aneddoti, incontri, amicizie e un cammino di ricerca umano e spirituale che l'ha condotta a impegnarsi in tante cause sociali: prima fra tutte Trenta Ore per la Vita. Per conoscere da vicino la tempra di una donna che non ama nascondersi, ma raccontare di sé.
Un vasetto di miele su due in commercio è di origine straniera, il più delle volte cinese, e spesso non ha visto neppure un'ape, Additivi e sostanze chimiche che non compaiono, legalmente, tra gli ingredienti. Alimenti conservati in confezioni di cartone o plastica riciclati altamente nocivi. Date di scadenza allungate ad arte. Cibi che contengono diserbanti, coloranti nocivi, sporcizie varie, a volte perfino escrementi. Sughi e prodotti con carne di manzo che però all'origine era cavallo. Nonostante il livello di attenzione a ciò che mettiamo nel piatto sia oggi piuttosto alto, i pericoli a cui siamo esposti quando facciamo la spesa sono sempre in agguato. L'industria alimentare è un Far West in cui l'imperativo è: smerciare qualsiasi tipo di prodotto o materia prima, in qualsiasi modo e con qualunque mezzo, ottenendo il maggior margine di guadagno possibile. Nessuno come Christophe Brusset, ingegnere che ha lavorato per anni ai massimi livelli delle principali multinazionali del cibo, può svelare i meccanismi allucinanti dell'industria alimentare, dopo esserne stato testimone e complice. Svela i lunghi viaggi delle materie prime da una frontiera all'altra, racconta quali procedure e trucchi si nascondono dietro i prodotti che troviamo sugli scaffali, e ci fa capire che per mantenere le superofferte che tutti rincorriamo, i grandi supermercati costringono i produttori ad abbassare la qualità.
Centinaia e centinaia di fuggitivi - a piedi - forzano il blocco e sfondano la linea di confine greco-macedone. Con filo spinato e granate assordanti la polizia cerca di frenarli. Arrivano dalla Siria, dall'Iraq, dall'Afghanistan e premono per entrare nei Paesi della zona Schengen. Il governo di Skopje usa il pugno duro. Un fotografo, Luigi Ottani, e una documentarista, Roberta Biagiarelli, volano sul posto per vedere con i propri occhi quel che sta accadendo e raccontano con coraggio questo esodo biblico. Secondo i dati ufficiali, sono quasi sessantamila i migranti arrivati in Macedonia dall'agosto 2015 a oggi. Cercano di raggiungere l'Europa, forzando il cordone di sicurezza attraverso il posto di frontiera macedone di Gevgelija. La polizia usa bastoni, raddoppia il filo spinato, ma i confini vengono sfondati e la maggior parte dei profughi - uomini, donne, bambini - si dirige camminando sui binari verso le più vicine stazioni ferroviarie per andare verso la Serbia e, da lì, raggiungere l'Ungheria e poi gli altri paesi europei. Sono notti trascorse all'addiaccio, nei campi, sotto la pioggia, con scarso accesso a cibo e acqua. È un camminare a piedi caparbio, che lascia sulla terra orme di dolore, di speranza e di tragica lotta per la sopravvivenza. Le immagini e le parole di questo reportage di grande intensità testimoniano la forza e la dignità umana di chi cammina. Gli "esiliati" sono consci di esercitare un diritto primordiale: attraversare i territori.
C'è contrapposizione fra "buona morte" e "dolce morte"? E allora: dove comincia e dove finisce la dignità del vivere e del morire? In Europa e nel mondo sono in crescita i Paesi che hanno approvato una legge sull'eutanasia e sul suicidio assistito. Il "diritto alla vita" presume anche un "obbligo alla vita"? E con quale prerogativa - affermano i fautori dell'eutanasia - la società vieta a uno di voler morire se liberamente lo sceglie? Monsignor Paglia - uno dei più autorevoli esponenti della Chiesa di Francesco, consigliere spirituale della Comunità di Sant'Egidio e Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia - affronta con estrema delicatezza e lucidità tutti gli aspetti legati al "fine vita" che continuano a suscitare aspri confronti in Italia e nei paesi europei. In un saggio che farà discutere, l'autore insiste sulla necessità di allargare gli orizzonti evitando gabbie ideologiche o ambigue urgenze legislative. Sono in campo profonde dinamiche affettive, culturali e spirituali e sarebbe riduttivo trattare i problemi al di fuori di una visione umanistica e sapienziale. Paglia non disdegna di mettere in guardia un Occidente che pare aver posto nel dimenticatoio alcune grandi verità: ogni persona, unica e irripetibile, è patrimonio dell'umanità; gli anziani e i morenti possono insegnarci qualcosa fino all'ultimo respiro; a nessuno piace morire dimenticato; solo accettando il traguardo della morte - che tutti ci affratella - potremo avere una vita intensa, feconda di relazioni personali autentiche e di valori umani condivisi, una vita degna di essere vissuta, fino alla fine.
"Io so. So tutti i nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove". È il cuore di un celeberrimo atto d'accusa di Pier Paolo Pasolini pubblicato sul "Corriere della Sera". Anche Pino Aprile sa. Sa tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero "meridionali". Lo ha appreso con stupore e sgomento, e lo ha raccontato in un libro spartiacque, "Terroni", che ha aperto una breccia irreparabile sulla facciata del trionfalismo nazionalistico. Se mancavano ancora prove, ora le ha trovate tutte, al termine di un'incalzante e drammatica ricerca durata cinque anni. E sono le prove di un genocidio. Perché è questo l'ordine di grandezza che emerge dall'incrocio dei risultati dei censimenti disposti dai Savoia (nel 1861 e nel 1871) e dei dati delle anagrafi borboniche: un genocidio. Centinaia di migliaia di persone scomparse è la cifra della strage di italiani del Sud compiuta per unificare l'Italia. Si scopre, così, di come venivano rasi al suolo paesi interi, saccheggiate le case, bruciati vivi i superstiti. Si apprende come avvenivano i rastrellamenti degli abitanti di interi villaggi, e li si sottoponeva a marce forzate di decine di chilometri, e a torture. Ci si imbatte in fucilazioni a tappeto di centinaia di persone. L'Italia "liberata" è stata nella realtà dei fatti un immenso Arcipelago Gulag, di cui ora si può ricostruire la mappa e l'organizzazione: deportazioni, campi di concentramento, epidemie.
Livia ha un marito amorevole e premuroso che, però, ha un debole per le prostitute. Elda si mette in storie sbagliate per sottrarsi a un padre iperpossessivo che le ha reso la vita un inferno. Francesca viene abbandonata dal fidanzato che le preferisce una donna molto più vecchia e benestante di lei. Alexis scopre di essere stata solo la donna dello schermo per suo marito, omosessuale nascosto. Penelope, invece, dopo aver accettato per anni i tradimenti del coniuge e averlo accolto a ogni suo ritorno, decide di andarsene e non tornare più indietro. Spesso le donne scoprono sulla loro pelle una verità difficile riguardo agli uomini della loro vita. I maschi non sono forti e sicuri di sé come vogliono far credere. Sono fragili, spaesati e a volte impauriti dal dover recitare il ruolo che le donne e la società si aspettano da loro. Però non sanno di esserlo, o non vogliono accettarlo, e camuffano con la fuga, l'inganno, il tradimento, l'arroganza, la prevaricazione, in certi casi con la violenza, quel senso di fragilità. Da qui si generano le incornprensioni, le distanze, gli equivoci tra i sessi, in un gioco di ripicche e accuse da cui nemmeno le donne sono immuni. Eppure trovare un modo di comunicare è possibile. Uomini e donne possono aiutarsi a comprendere i propri limiti e a superarli, a fare della fragilità una forza e un punto di partenza per relazioni ricche, equilibrate e libere da manipolazioni, rivendicazioni e sotterfugi.
Lavarono con il loro sangue le pietraie del Carso e i dirupi dell'Altopiano. Nel corso del conflitto più spaventoso della storia, diedero la vita per una patria che non avevano mai conosciuto se non con la maschera di un potere centrale lontano, arrogante e rapace. Ogni anno si celebrano con enfasi insensata le ricorrenze della Prima Guerra Mondiale, ma da nessuna parte si sente dire che l'assoluta maggioranza delle vittime era gente del Sud. Un'intera generazione spazzata via. Figli del Meridione, contadini poveri, braccianti, piccoli artigiani, quasi per metà analfabeti, giovani di vent'anni che furono strappati alle loro famiglie e alla loro terra e mandati a morire in lande remote, tra montagne da incubo e pianure riarse. Si sacrificarono per gli interessi di quelle élite economiche che sfruttavano la loro terra e per il tornaconto di una nuova classe politica che li trattava con ferocia o disprezzo. Finirono a decine di migliaia nelle trincee, stretti nella morsa del fango e del gelo, sotto una pioggia perenne di bombe. Diventarono carne da cannone, numeri da inserire nelle statistiche dello Stato Maggiore, bandierine che i generali spostavano sulle mappe con noncuranza. Vennero massacrati sull'Isonzo e a Caporetto, combatterono con disperazione e con valore sul Piave, lanciati contro un nemico che non conoscevano e che non avevano motivo di odiare. Conobbero la paura, la morte, l'eroismo. Erano i nostri nonni, i nonni del nostro Sud. L'esercito dei terroni. Prefazione di Pino Aprile.
È il 19 dicembre, giorno del suo compleanno, quando un commando di jihadisti fa irruzione nella casa di Francis, ingegnere francese di stanza in Nigeria. Pochi istanti e le porte d'acciaio saltano per aria e lui si trova tra i cadaveri delle sue guardie del corpo, con le mani legate e i kalashnikov puntati alla schiena. Un ostaggio francese, merce preziosa per questi terroristi che fanno affari con i ricatti. Quello è il primo giorno di una lunga prigionia. Rinchiuso in una cella misera, patisce fame, freddo, percosse, fatica. Quando le cose cominciano ad andare per le lunghe, capisce che se il suo valore di scambio diminuisce, la sua vita è in pericolo. Non gli resta che progettare la fuga. Nei lunghi mesi che seguono, Francis perde 40 chili e ha tre arresti cardiaci, ma non si dà per vinto. Studia ogni singola mossa dei suoi carcerieri, orari, abitudini, debolezze. Scopre i comportamenti proibiti delle sue guardie, da usare come arma di ricatto. Capisce quanta ignoranza e ipocrisia e quanto distacco dalla religione che professano nascondono quegli uomini. Cammina ogni giorno intorno al materasso per chilometri per tenersi in forma, calcola tutto, memorizza tutto, in attesa del momento buono per fuggire. Sa di avere un'unica possibilità, perché, se fallisce, nessuno avrà pietà di lui.
Se è vera la regola che quanto più un argomento è sensibile e compromettente, tanto più le autorità ne negheranno l’esistenza, la questione Ufo è sicuramente una delle più scottanti. Sin dagli anni Quaranta il governo americano ha trattato ogni informazione relativa agli oggetti volanti non identificati come segreto di stato. E mentre ufficialmente gli avvistamenti e le voci di presenze aliene sulla Terra vengono smentiti, agli alti livelli i presidenti e gli apparati appositi dei servizi segreti se ne sono occupati con interesse e preoccupazione, tanto da contendersi il controllo delle ricerche e delle informazioni. Come rivela un documento fondamentale raccolto in questo libro, il Burned Memo, che dimostra come le ingerenze di Kennedy sul caso Ufo suscitavano estremo fastidio negli agenti della Cia.
Ma la congiura del silenzio lega tutti i presidenti, da Roosevelt fino a Obama, infatti il governo non ha mai desecretato i documenti delle varie agenzie e commissioni che se sono occupate.
Su questa omertà indaga Holcombe, con dovizia di prove e documenti “solo per gli occhi del presidente”, che rivelano non solo che gli Ufo esistono e il governo americano lo sa, ma spiegano le ragioni di questa elusione. Dall’Area 51 ai rapimenti, agli avvistamenti da parte di testimoni affidabili come poliziotti e scienziati, una grande inchiesta su quello che non si deve sapere.
Una fatwa al giorno d'oggi non si nega a nessuno. I genitori che si credono tuttologhi della scuola solo perché sono stati in grado di procreare? A morte! L'infausto rito degli auguri alcolici di fine anno? A morte! Morte alle multisale che puzzano di popcorn fritto nel grasso di yak, ai giornalisti che chiedono "Cosa prova" ai parenti degli ostaggi, alla tripla A di Standard & Poor's, e alle borse griffate ultracostose e ultrabrutte. Sarà più ridicola una fatwa sulla dittatura della pallina di gelato alla vaniglia o quella su un disegnatore satirico che smaschera le ipocrisie armato di matita? Charb, lo storico direttore di Charlie Hebdo, in risposta alle numerose minacce che per molto tempo lo hanno raggiunto, si autoproclama ayatollah e imbraccia la gioiosa arma della satira per lanciare esilaranti condanne a morte a destra e a manca. Fatwa per tutti. Ridicolizzare è l'antidoto a chi si dà troppa importanza. Charb concede a ciascuno, dall'uomo di potere a quello della strada, dalle mode ai vizi, dalle abitudini ai cliché mentali, cinque corrosivi minuti di popolarità. Prefazione di Erri De Luca.
Tenero, elegante, buffo, sornione, il gatto non ha mai dimenticato che un tempo c'era chi lo considerava una divinità, e come tale continua a esercitare indisturbato il suo fascino su di noi. Tuttavia, c'è ancora molto da scoprire e molti pregiudizi da sfatare. Il più diffuso, e insieme il più fallace, è che si affezioni più alla casa che non a chi la abita. Il grande etologo (e gattologo) Giorgio Celli sfata questa e altre leggende, insegna a comprendere e a comunicare con il gatto di casa, svela gli aspetti più curiosi e inaspettati, consiglia come affrontare i piccoli problemi di convivenza, aiuta a valutare l'intelligenza gattesca. Ma si spinge anche oltre. Riconoscendo la saggezza dei felini, ci dona importanti dritte su ciò che da loro possiamo imparare. In amore, per esempio, perché come sanno tutti i devoti gattofili, in seduzione e corteggiamento i gatti non hanno eguali. Si sofferma infine su differenze e sintonie tra i gatti e quei supergatti che la maggior parte di noi ha potuto ammirare solo nei documentari. Perché ovunque vivano, in un giardino metropolitano o in un'assolata savana, i felini sono i re del loro ecosistema. Magnetici, affascinanti, curiosi, e a volte letali, sono un capolavoro della natura. E anche se non lo riteniamo più un essere divino, come facevano molti nostri antenati, il gatto non ha perso certo il suo ascendente e in milioni di case ha trovato sapientemente un nuovo trono: il sofà.
Bergoglio lo sa. Alcune volte ne ha parlato in privato. Altre volte lo ha lasciato intendere in pubblico. Dentro e fuori la Chiesa ci sono ostacoli, resistenze, lotte. I serpenti si annidano negli ambienti curiali come nei centri di potere internazionali. Sugli oppositori interni già si scrivono pagine di cronaca e interi tomi, ma è anche la trincea esterna al perimetro del Vaticano a essere foriera di pericoli imprevedibili. Francesco non lo ha mai negato. Alla vigilia del viaggio in America Latina ha parlato senza ipocrisia: "Quante forze, lungo la storia, hanno cercato e cercano di annientare la Chiesa!". In un'inchiesta giornalistica rischiosa Nello Scavo ha cercato i nemici del papa "venuto dalla fine del mondo". Alcuni li ha incontrati di persona, anche a loro insaputa. In qualche sacrestia, lungo le rotte dei profughi scacciati, in un paradiso fiscale o nell'inferno di una bidonville. Molti continuano a nascondersi. Indossano il copricapo da vescovo o il turbante da mujaheddin, le cravatte alla moda di certi banchieri d'assalto o le camicie di lino di petrolieri famelici. Altri, infine, portano gli scarponi sporchi di fango dei trafficanti di uomini e di armi. Mercenari della maldicenza e capi di stato che razzolano male. "Se subissi un attentato", ha confidato il papa mentre si recava nelle Filippine, "chiedo solo la grazia che non mi faccia male. Non sono coraggioso. Ho paura del dolore fisico, ma ho il difetto di avere una bella dose di incoscienza."