La vicenda del rapimento e della morte di Moro rimane fra le più misteriose e peggio spiegate della nostra Storia, e fra le meno compatibili con le versioni ufficiali che continuano ad essere propagandate da commissioni d'inchiesta, stampa e TV. "L'ultima notte" di Aldo Moro di Paolo Cucchiarelli rappresenta una tappa decisiva e irreversibile verso il chiarimento della reale dinamica e dei motivi profondi di quei tragici 55 giorni. Qui Cucchiarelli ricostruisce - grazie a documenti inediti, nuove testimonianze e perizie, fotografie mai viste prima - il rapimento, la prigionia e le ultime ventiquattr'ore del presidente DC, scardinando pezzo dopo pezzo il castello di menzogne costruito negli anni. Ne emerge una realtà sconcertante, fatta di operazioni d'intelligence internazionali - che per la prima volta vengono qui precisate, con tanto di nomi e cognomi -, trattative fra istituzioni e terroristi, patti con la malavita organizzata, personaggi rimasti totalmente ai margini delle vicende giudiziarie. Anche se il termine è ormai screditato, proprio di un complotto bisogna parlare: un piano articolato, volto alla distruzione politica e poi fisica di quello che sarebbe con ogni probabilità divenuto il presidente della Repubblica.
La guida più aggiornata allo «stato del mondo» secondo il maggiore intellettuale vivente. Un fortissimo monito a lottare ancora.
Come se la passa la nostra specie alla fine degli anni Dieci? Chomsky affida a questo libro, frutto più recente della sua riflessione, le proprie idee sui temi più scottanti dell’attualità globale: la crisi dei rifugiati, l’amministrazione Trump, il terrorismo islamico e la guerra all’ISIS, le crepe nell’Unione Europea, le prospettive di una pace giusta fra Israele e Palestina, la crisi climatica, la serissima minaccia nucleare. Il quadro tracciato dal «maggiore intellettuale vivente» non è certo roseo: il capitalismo neoliberale impera, trova sempre minore resistenza nei governi nazionali e negli organismi internazionali, e si fa sempre meno scrupoli. Che fare? Non si può certo star fermi. Occorre organizzare le lotte e portarle avanti con la massima decisione possibile; mantenere, nonostante tutto, lo slancio di un inscalfibile ottimismo della volontà. Per questo, il libro del novantenne Chomsky è un libro pieno di futuro: guai a non incoraggiare l’azione politica e a non approfondire le prospettive d iun cambiamento radicale! Oggi più che mai ne va della sopravvivenza stessa di Homo sapiens.
Le chiamavano Streghe della notte. Nel 1941, un gruppo di ragazze sovietiche riesce a conquistare un ruolo di primo piano nella battaglia contro il Terzo Reich. Rifiutando ogni presenza maschile, su fragili ma duttili biplani, mostrano l'audacia, il coraggio di una guerra che può avere anche il volto delle donne. La loro battaglia comincia ben prima di alzarsi in volo e continua dopo la vittoria. Prende avvio nei corridoi del Cremlino, prosegue nei duri mesi di addestramento, esplode nei cieli del Caucaso, si conclude con l'ostinata riproposizione di una memoria che la Storia al maschile vorrebbe cancellare. Il loro vero obiettivo è l'emancipazione, la parità a tutti i costi con gli uomini. Il loro nemico, prima ancora dei tedeschi, il pregiudizio, la diffidenza dei loro compagni, l'oblio in cui vorrebbero confinarle. Contro questo oblio scrive Ritanna Armeni, che sfida tutti i «net» della nomenclatura fino a trovare l'ultima strega ancora in vita e ricostruisce insieme a lei la loro incredibile storia. È Irina Rakobolskaja, 96 anni, la vice comandante del 588° reggimento, a raccontarci il discorso, ardito e folle, con cui l'eroina nazionale Marina Raskova convince Stalin in persona a costituire i reggimenti di sole aviatrici. È lei a descriverci il freddo e la paura, il coraggio e perfino l'amore dietro i 23.000 voli e le 1100 notti di combattimento. E a narrare la guerra come solo una donna potrebbe fare: «Ci sono i sentimenti, la sofferenza e il lutto, ma c'è anche la patria, il socialismo, la disciplina e la vittoria. C'è il patriottismo ma anche l'ironia; la rabbia insieme alla saggezza. C'è l'amicizia. E c'è - fortissima - la spinta alla conquista della parità con l'uomo, desiderata talmente tanto -e questa non è retorica - da scegliere di morire pur di ottenerla».
Ogni sette anni la quantità di conoscenze a disposizione dell'umanità raddoppia di numero. Con una velocità prima inimmaginabile, giorno dopo giorno circolano nel mondo milioni di nuove informazioni. Ma, sostiene Idriss Aberkane nel suo «trattato» audace e visionario, a questa impressionante quantità di informazioni corrisponde ben poca saggezza; e una società che produce informazioni senza saggezza finirà per autodistruggersi. Ebbene, lo strumento più potente per affrontare qualsiasi sfida e ritrovare la strada della saggezza noi lo possediamo già, ed è il nostro cervello: e l'osservazione e lo studio delle persone considerate «fenomeni», come i «calcolatori prodigio», indicano la strada da percorrere. Questa strada, però, è disseminata di ostacoli. Primo fra tutti il sistema dell'istruzione, che premia il conformismo, l'individualismo, l'«alimentazione forzata» del cervello, scoraggiando la condivisione, il senso critico e ciò che accomuna da sempre tutte le grandi menti, da Socrate a Leonardo da Vinci, a Einstein e Nikola Testa: l'amore, la passione, la libera scelta di percorrere nuove strade. Liberare il cervello significa conoscerlo veramente nelle sue vere potenzialità come nei suoi limiti. Di questo tratta la «neuroergonomia», e in queste pagine ne ritroviamo tutti i campi di applicazione, dal marketing alla politica, dalla scuola alla medicina, alla tecnologia. Perché nel nostro cervello c'è molto più di quanto siamo stati finora in grado di creare, ed è solo partendo dalla sua conoscenza che spalancheremo davanti a noi le porte di un nuovo Rinascimento.
Ci sono molti modi per sentirsi superiori, più forti, più bravi, più sapienti e potenti. La sopraffazione non passa solo per la violenza fisica, l'umiliazione, la dipendenza economica, ma anche da meccanismi più semplici, da comportamenti più sottili e socialmente accettati da tutti. La violenza sulle donne comincia anche da una conversazione dove le donne vengono messe a tacere. Cosa non funziona in queste conversazioni? Gli uomini pensano erroneamente di sapere cose che le donne non sanno e, senza farsi domande, iniziano a spiegarle. In questa selezione dei suoi scritti femministi più noti, Rebecca Solnit spiega perché ciò accade e ne sottolinea il lato grottesco. Con la sua prosa mette a nudo alcuni degli aspetti più imbarazzanti, crudi e folli della società maschilista, invitando a riflettere tutti coloro che ne hanno il coraggio.
Noam Chomsky dedica un libro alla natura e alle conseguenze tragiche della diseguaglianza, svelando i dogmi fondamentali del neoliberismo e gettando così uno sguardo sul funzionamento del potere a livello globale. Quali sono le leggi che governano la concentrazione della ricchezza e del potere negli Stati Uniti come in tutto il mondo infestato dal turbocapitalismo? Ridurre la democrazia, scaricare i costi sui poveri e sulla classe media, distruggere la solidarietà fra le persone, manipolare le elezioni, usare la paura e il potere dello Stato per tenere a bada la "plebaglia"... Dieci principi - trattati in altrettanti capitoli - che, se non sapremo reagire, porteranno alla catastrofe ambientale e alla guerra nucleare globale. Questo libro dà seguito, ampliandone i contenuti con la collaborazione dei tre registi, al documentario "Requiem for the American Dream" (2015). Il risultato è una mappa concettuale per comprendere il funzionamento del mondo di oggi e un monito all'azione collettiva e, se necessario, alla rivolta: solo una rete di movimenti dal basso può contrastare lo strapotere economico delle élite.
Dopo "Breve storia del futuro" e "Scegli la tua vita!", Jacques Attali rinnova del tutto il suo sguardo sui prossimi vent'anni, alla luce delle nuove conoscenze - accumulate nei domini della scienza, della demografia, dell'ideologia, della geopolitica, dell'arte - sulle minacce e le possibilità del momento presente. Indagando in mille campi sui «segnali deboli» che preparano il futuro, Attali arriva a conclusioni radicali e sorprendenti su quel che ci attende e soprattutto su quel che potremmo fare. Perché, se è vero che molte nubi si addensano all'orizzonte, non mancano i mezzi per costruire un mondo più sereno, per evitare che la collera e la rabbia si trasformino in violenza planetaria, per sfuggire alle minacce climatiche, al terrorismo, alla degenerazione tecnologica. A condizione di comprendere che il modo migliore di riuscirci, di realizzare le nostre potenzialità è aiutare gli altri a divenire sé stessi, a scegliere la propria vita, a sostituire l'egoismo irrazionale e suicida con un altruismo lucido. Così potremo dire: "Finalmente dopodomani!".
Questo il quadro generale: il capitalismo globale è giunto a un livello di sviluppo che fa disperare non solo per le condizioni in cui vive buona parte della popolazione mondiale, ma anche per il vero e proprio vicolo cieco in cui ha costretto l'umanità, Occidente incluso. Tuttavia, altrettanto senza speranza sembrano le strade di sinistra percorse da quei partiti, movimenti e regimi che tentano di contrapporsi al capitale. Ma davvero la disperazione è riducibile allo sconsolante abbandono di ogni speranza? E davvero serve la speranza per agire? Non è questa stessa disperazione un ottimo esercizio propulsivo per la lotta di classe? Nel suo libro di analisi politica forse più coraggioso e radicale, Slavoj Zizek tratta i grandi temi di questi ultimi anni con il consueto punto di vista diagonale e turbinoso, ma con un maggiore senso tragico. Dal terrorismo fondamentalista alle tensioni geopolitiche sullo scacchiere mondiale, dai movimenti radicali di emancipazione in Grecia e in Spagna alle sfide poste dai rifugiati, fino all'incognita rappresentata dalla presidenza Trump e alla possibilità di una nuova guerra mondiale, le tensioni del nostro presente e le inquietudini del nostro futuro sono affrontate senza sconti: perché è al fondo della disperazione che si può trovare il coraggio della lotta.
Un manager pubblico racconta da insider il mondo della pubblica amministrazione, senza tralasciare quello delle imprese private, e svela i trucchi più articolati per intascare i soldi della comunità: appalti truccati, mazzette, dati di bilancio manipolati, fino a scavare nell'universo dei rifiuti, dove le truffe ai danni dei contribuenti toccano vette inimmaginabili. Alberto Pierobon - consulente pubblico di lunga esperienza -racconta il suo percorso nella zona grigia del nostro mercato, in cui pubblico e privato si incrociano e manager blasonati ottengono prebende da capogiro costruite su risultati inesistenti, contribuendo ad alimentare lo stillicidio di una crisi che sembra non avere fine. "Ho visto cose" è un viaggio nell'Italia che non vuole cambiare, quella dei sotterfugi, delle collusioni, dove pochi alti papaveri si tengono aggrappati gelosamente al loro posto e gli imprenditori onesti fanno fatica a risalire la china, osteggiati in tutti i modi possibili. Personaggi alla ricerca frenetica di un altro limone da spremere, nella baldanzosa certezza dell'impunità garantita da una burocrazia giuridica farraginosa e distratta. Un libro coraggioso, diretto, tristemente vero, frutto di decenni di esperienza, di battaglie contro i mulini a vento e di bruschi voltafaccia, tutto in nome del dio denaro.
Flagello biblico, responsabili di avvelenamenti di massa o simbolo di rinascita postbellica: fin dagli albori l'umanità ha rinunciato a dare una definizione scientifica di "erbaccia", cambiando etichetta a seconda delle mode e della cultura dell'epoca. Prendendo avvio proprio da questo dato di fatto, l'autorevole botanico inglese Richard Mabey scrive la prima storia culturale di queste creature che vivono ai margini della società vegetale, così importanti per il sistema immunitario del pianeta, preziose per le loro proprietà curative, belle per le forme e i colori, eppure così strenuamente combattute dall'uomo che le ha sempre considerate pericolosi invasori dei suoi spazi. È proprio questa visione frutto di luoghi comuni che Mabey intende ribaltare: attraverso pagine colte e raffinate, ricche di informazioni erudite e reminiscenze personali e artistico-letterarie, l'autore compie una riflessione che trascende i confini della botanica e approda alla filosofia, mettendo in luce l'affinità esistenziale tra noi e le erbacce, quel comune spirito di adattamento e quell'istinto di sopravvivenza che dovrebbero indurci a riconoscere in loro delle compagne di vita da amare, dal destino saldamente intrecciato al nostro.
Coltivare la terra, prendersi cura di creature viventi, stare all'aria aperta, fare un lavoro manuale, ascoltare i ritmi delle stagioni, comprendere le esigenze profonde di un fiore: gesti che ci fanno sentire bene e ci aiutano a capire meglio il nostro percorso. Sagge e silenziose compagne di viaggio, le piante hanno molte cose da insegnarci. Un manuale di vita, ricco di suggestioni e consigli di Gian Lupo Osti su come vivere in armonia con la natura e rimettersi in contatto con la nostra parte più autentica.
La memoria non è immobile, non è statica. Si modifica in continuazione. La puoi modificare tu, ma anche gli altri, un po' come una pagina di Wikipedia. Tutti sanno cosa sia la memoria, ma pochi sanno come funziona veramente. È come possedere una macchina: anche se la sai guidare, non sempre sai che cosa succede esattamente nel vano motore. Abbiamo bisogno della memoria, contiamo su di essa: abbiamo bisogno di una rappresentazione accurata del nostro passato. Abbiamo bisogno di mantenere una traccia dei giorni importanti della nostra vita, delle conversazioni emozionanti e delle informazioni più importanti. È sulla memoria che si basa la nostra identità. Ma come funziona realmente? E possiamo fare davvero affidamento su di essa? Possiamo fidarci?