Da alcuni anni si sente parlare di "teologia pubblica" con una certa frequenza. L'espressione si riferisce al lavoro di alcuni teologi attenti anche alla vita sociale e politica. L'idea di una teologia pubblica esprime il desiderio di essere in grado di dirigere la riflessione teologica sulla vita socio-politica per la società plurale nel suo insieme, senza limitarsi ai membri della comunità cristiana. Dietro quella dicitura sta un'intuizione profonda, una linea di riflessione interessante e originale per la società e la cultura in cui viviamo oggi. Allo stesso tempo, la gamma degli approcci possibili giustifica la varietà degli usi dell'etichetta "teologia pubblica" e dice che l'espressione non è univoca. Il saggio si incarica di avvicinare questa innovativa corrente teologica per conoscerla a fondo, per scorgere le sue possibilità e i suoi limiti, per pensare a sue possibili applicazioni.
«L’opera di Michael Lee ci permette di entrare nell’anima di un uomo di chiesa che è stato un testimone straordinario della misericordia di Dio in un mondo spietato, che ha incontrato il Dio della vita nei cuori di coloro che sono crocifissi oggi» Daniel G. Groody
Descrizione
A svariati anni dalla morte di Óscar Romero, stiamo ancora assimilando il lascito dell’arcivescovo di San Salvador reso martire per il suo impegno a favore dei poveri e della giustizia sociale. Michael Lee attinge documentazione dalla vita di Romero, dalle sue omelie e dai suoi scritti – oltre che dalle memorie delle comunità cristiane – per esaminare la sua testimonianza. Il martire salvadoregno ci sfida a reimmaginare una spiritualità cristiana vigorosa, nella quale l’incontro mistico con Dio si sposi con l’impegno profetico per la giustizia.
Il libro si spinge allora oltre il classico ritratto agiografico, per riflettere a fondo sulle implicazioni derivanti dal riconoscimento ecclesiale di questa persona come santa.
Alla luce della canonizzazione, Michael Lee evidenzia così quale eredità teologica “rivoluzionaria” (esemplificata concretamente nell’immagine di conversione, nel modello di discepolato) mons. Romero offra alla chiesa universale oggi.
In queste pagine, scarne e densissime, Przywara si avventura in un ambizioso esercizio di comparazione: esamina l’idea antica (classica) di “umiltà”, di “pazienza”, di “amore”, e la mette a confronto con la comprensione tipicamente cristiana, evidenziando la singolarità e l’originalità irriducibili di quest’ultima.
L’umiltà viene così illustrata non come un sadico gusto divino nell’annientare l’essere umano, ma come il mistero di una unione rispettosa tra due amanti. La pazienza – ignota alle divinità greche – risulta quel sapersi fare carico dei silenzi e delle notti inquiete che punteggiano la relazione d’amore. E lo stesso amore cristiano viene inteso come alleanza, ovvero come reciprocità positiva e buona, per quanto asimmetrica.
Tre virtù che sono – in definitiva – altrettanti aspetti del medesimo, unico Mistero.
Non abbiamo qui, dunque, una semplice meditazione edificante, ma un pensiero rigoroso e profondo, che ad ogni riga convoca il vasto sapere filosofico-teologico di un gigante del XX secolo come Erich Przywara.
La fede - e la teologia che interpreta la fede - hanno ancora un futuro? A quali condizioni possono uscire dalla marginalità o dall'irrilevanza? Oggi la riflessione teologica, se vuole frequentare lo spazio pubblico come presenza significativa, all'altezza della situazione, è chiamata a ricalibrare la sua capacità di ascoltare i diversi saperi, di abitarli e di interagire con loro, accettandone le regole del gioco. Lo esige il suo compito, lo esige la condizione di postcristianesimo. Dotolo invita allora alla riscoperta di uno stile teologico in dialogo con le altre scienze (in particolare le neuroscienze), con il pluralismo religioso e con la ricerca di nuove spiritualità. Esercitare un'epistemologia interdisciplinare è la scelta più congrua a una riflessione sulla condizione umana, sulla nostra instancabile ricerca di senso, sulla fatica di individuare un orientamento negli scenari socioculturali contemporanei. Con una consapevolezza: che il magistero della realtà chiede continue sensibilità interpretative e un pensare che non sia ammaliato ideologicamente da letture univoche. Comunicare l'esperienza della fede è infatti un processo che instaura una tensione con la cultura e con la storia. Comunicare l'esperienza della fede vuol dire sviluppare una dimensione teoretica ed etica, ma anche elaborare linguaggi e pratiche capaci di provocare i vissuti degli uomini e di indurli a interpretarli entro una prospettiva differente: sollecitando in loro una risposta, un percorso di crescita.
Essere tolleranti significa che niente e nessuno può pretendere di possedere la verità? E, diametralmente all'opposto di questo relativismo, esistono soltanto il fanatismo e il fondamentalismo religioso? In questo senso, il discorso sulla libertà religiosa come si pone sul terreno della vita pubblica, della convivenza civile? La tolleranza, specialmente se si parla di religione, ha dovuto - e deve tuttora - essere conquistata superando aspre resistenze, dispute e conflitti. Ancora oggi, non è ovunque un fatto scontato. Il cardinale tedesco descrive questa lotta in prospettiva interdisciplinare: egli intende delineare una concezione profonda della tolleranza - come atteggiamento di virile resistenza, come esercizio di coraggio civile, mantenendo sempre una irriducibile tensione fra verità e libertà - in grado di confrontarsi con l'attuale autocomprensione della chiesa e con i cambiamenti radicali avvenuti di recente nella società.
Come esprimere in parole odierne, con un linguaggio accessibile, ciò che abbiamo da pensare nella fede quando ci riferiamo al "Natale"? Le meditazioni di Rahner scandagliano il mistero di questa festa, elaborando quella che viene chiamata una "cristologia dal basso". E lo fanno muovendo da quattro punti di vista diversi e complementari: il Natale come "nascita", e nascita di Gesù, fratello nostro; il Natale, come "mistero", avvicinabile soltanto a partire dalla morte e risurrezione di Gesù (poiché solo la fine rivela veramente l'inizio); il Natale come "discesa" di Dio nella storia, nella contingenza, nella finitudine; e, infine, il Natale come un "dar forma" a questa festa nella nostra vita. Quattro raffinate e intense meditazioni sulla solennità del Natale, che mostrano come sia ancora possibile oggi parlare dell'incarnazione di Dio in termini teologicamente giustificati e con impareggiabile profondità.
A partire dal XVII secolo, il pensiero sulla creazione è stato in massima parte dominato da un teismo illuministico che concepiva Dio come principio quasi impersonale, privo di soggettività. Oggi, però, di fronte alla crisi ecologica è più che mai urgente che la razionalità teologica prenda in carico, secondo un nuovo profilo, sia il Dio di Gesù Cristo sia il mondo creato. Ecco allora che Christophe Boureux ridà un ruolo centrale alla sola nozione in grado di illuminare la scena: la creazione in Cristo, «primogenito di ogni creatura». Nei testi biblici il Risorto appare a Maria Maddalena in veste di giardiniere. Prende cioè la figura di quel Dio che, al momento della creazione del mondo, realizza un giardino e lo affida alle cure dei progenitori. Il giardino è un luogo di convivialità universale. E il giardiniere è chiamato a orchestrarne gli elementi, lavorando a questa convivialità: egli diviene così, in qualche modo, l'annunciatore della ricapitolazione in Cristo di tutte le cose. Boureux offre una riflessione stimolante sulla posta in gioco ecologica, spingendosi oltre l'abituale concetto di "natura": declinando il tema della "creazione" come paesaggio, egli dice l'instaurazione paziente di un'interdipendenza fra tutte le entità, destinate a dare il meglio di se stesse. L'umano non è né despota né amministratore del mondo, bensì ospite attento, scientificamente e moralmente riconoscente della convivialità di cui è responsabile. Straordinaria avventura intellettuale, questo libro, colto e raffinato, è destinato a sorprendere positivamente e a divenire complemento ideale al percorso suggerito dall'enciclica papale Laudato si' sulla cura della casa comune.
Nel libro un confronto tra globalizzazione e teologia. La prima non impatta forse sulla seconda? L'analisi parte da lontano per approdare ai giorni nostri. E delinea, in definitiva, due tipologie molto diverse di globalizzazione: quella del potere politico e quella di una fede religiosa.
Ricco di nozioni storiche e di considerazioni filosofico-teologiche, il saggio offre un contributo alla nostra comprensione del valore umano dello sport e del suo posto nella vita cristiana, oltre le facili letture che se ne danno di solito in chiave moralistica. Le tesi dell'autore sono tanto incisive quanto provocatorie: nessuno, fra quanti leggeranno questo piacevole libro, guarderà più allo sport nello stesso modo di prima.
Hans Joas propone una visione alternativa della secolarizzazione e tratta delle sfide sociali e intellettuali che il cristianesimo si trova oggi ad affrontare. Per Joas la fede deve poter essere sperimentata come un’articolazione convincente delle esperienze personali più intense e le chiese devono accettare il fatto che la fede è ormai diventata un’opzione.
Descrizione
La modernizzazione conduce necessariamente alla secolarizzazione? La secolarizzazione porta inevitabilmente alla decadenza morale? Anche se la situazione religiosa attuale è caratterizzata dalla contestazione di vecchie idee e da una crescita generale delle possibilità di scelta, parlare in modo sommario della modernità non aiuta a comprendere la fase storica che stiamo vivendo.
In questo libro Hans Joas propone una visione alternativa della secolarizzazione e parla delle sfide sociali e intellettuali di fronte alle quali si trova oggi il cristianesimo. Per aprirsi al futuro, da un lato la fede deve poter essere sperimentata come un’articolazione convincente delle esperienze personali più intense e, dall’altro, le chiese istituzionali devono accettare il fatto che, a causa della diffusione della incredulità, la fede è ormai diventata un’opzione.
Dai vangeli ai padri della chiesa, dalle lettere di Paolo alle Confessioni di Agostino, dagli eremiti del Vicino Oriente all'eresia ariana, da Anselmo alla scuola francescana del XIII secolo, fino a Tommaso d'Aquino e ai suoi avversari - Duns Scoto e Occam -, dalla Riforma luterana e calvinista al Vaticano II e fino a Joseph Ratzinger: in questo libro vengono presentate e analizzate le scuole di pensiero, le dottrine, le correnti (talvolta contrapposte) della teologia cristiana. La sfida, per gli ideatori del volume, era quella di presentare una storia niente affatto breve in poche pagine e sintetizzare dibattiti complessi in poche parole chiave. Quest'opera si rivolge a coloro per i quali la teologia resta una sconosciuta, una questione da credenti, il recinto degli eruditi.