Un ghostbuster si aggira per l'Europa: l'antiziganismo. Come ogni razzismo, l'antiziganismo combatte un fantasma, gli "zingari", che esso stesso ha evocato. Ma, come in ogni caccia ai fantasmi sociali, esso ha bisogno di corpi materiali e tangibili su cui far presa: così, in tempi e luoghi diversi, suoi capri espiatori sono state e sono quelle persone che si addensano in una nuvola identitaria e si dicono rom, sinti, manus, calons, travellers, romanicel... Questi soggetti a volte soccombono, a volte sfuggono, a volte si adattano, a volte vincono, ma la loro vita terrena è votata all'autodifesa e la loro intelligenza deve essere quotidianamente dedicata al contenimento dell'antiziganismo che li perseguita; vi devono investire energie individuali e collettive. Quando l'antiziganismo offre loro delle pause, la tranquillità li rende finalmente cittadini.
Agli inizi della modernità, la separazione della proprietà dal lavoro contrappone due modi di essere individuo: l’individuo proprietario che, come dice Locke, è anche «proprietario di sé» e la «classe non proprietaria», condannata al disprezzo attribuito a coloro che, poiché non hanno niente, non sono niente. L’abate Sieyès, principale ispiratore della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, vede ancora i lavoratori come «una folla immensa di strumenti bipedi, senza libertà, senza moralità, senza facoltà intellettuali, dotati solo di mani che guadagnano poco e di una mente gravata da mille preoccupazioni».
Questo volume si interroga sulla natura e sulle trasformazioni dei supporti necessari per esistere ed essere riconosciuti come individui, per accedere cioè alla proprietà di sé. In mancanza di proprietà privata, la proprietà sociale ha rappresentato un’innovazione decisiva che ha permesso la riabilitazione dei non-proprietari, assicurando sicurezza e riconoscimento a partire dal lavoro. Oggi il vacillare delle protezioni sociali fa emergere il profilo inedito di un individuo per difetto che, sganciato dalle regolazioni della società salariale che gli consentivano di essere se stesso attraverso la partecipazione a risorse comuni, sembra destinato a indossare la propria individualità come un peso.
L'opera "I preadamiti" uscì (anonima e senza indicazioni di luogo né di tipografo) nel 1655 suscitando "uno dei più clamorosi scandali culturali del XVII secolo". L'autore, Isaac La Peyrère (1596-1676), che vi teorizzava l'esistenza di uomini vissuti prima di Adamo, fu accusato di scardinare l'intera tradizione esegetica e i fondamenti stessi dell'ortodossia religiosa. Il libro, ancorato a un ampio commento dei versetti 12-14 del quinto capitolo dell'Epistola ai Romani, sollevava il problema dell'origine della specie umana, delle leggi, del rapporto tra legge naturale e diritto positivo, e avanzava esplicitamente ipotesi di carattere radicalmente poligenetico mettendo in crisi tutta la linearità della "storia sacra".